Trentacinque milioni di ricavi nella stagione dell’inaugurazione, tre anni fa. Crescita costante: otto milioni in più raccolti lo scorso anno. E per la stagione in corso? La stima suggerisce cinquanta milioni di euro tondi tondi. La cifra che, ad oggi, crea il solco con le altre avversarie. Italiane, soprattutto, relegate al rango di comprimarie. Juventus prima assoluta – e con distacco siderale – in serie A.
 
Nei quarti di finale – con ottime possibilità di arrivare fino alla finalissima, da giocarsi peraltro sul proprio campo – in Europa League. Che non possiederà l’appeal della Champions, ma è oggettivamente meglio di niente. Juve sempre più ricca, più avanti alle altre. Il club del futuro, per la gioia degli oltre undici milioni di italiani che la sostengono. E, stando agli ultimi dati, dei quasi centosettanta milioni nel mondo che simpatizzano per le maglie a strisce, bianche e nere.
 
Inutile girarci attorno: costruendo uno stadio di proprietà, facendolo vivere sette giorni su sette a tifosi, appassionati e semplici visitatori di Torino, la Juve ha preso l’abbrivio. Staccando – per indotti economici – il resto della compagnia, in Italia, posizionandosi al mozzo degli opulenti clubs europei. Tedeschi, inglesi e spagnoli, of course, avanti anni luce – per organizzazione, lungimiranza, capacità di dragare i mercati mondiali, marketing e merchandising – rispetto all’ingessato pallone italiano. Juve, i ricavi si dilatano e con essi il divario rispetto alle (presunte) rivali.
 
Il segreto è nello stadio, ovvio. Costruendolo in poco tempo sulle ceneri del defunto Delle Alpi, la Juve ha scavato un fossato con le avversarie che, per giocare le proprie partite casalinghe, pagano affitti a Comune o Coni per impianti mal collegati, dotati spesso di pista d’atletica, un po’ consunti, dove, per vedere ciò che accade all’interno dell’altra area di rigore, servirebbe (come accade all’Olimpico di Roma, ad esempio) un fiammante binocolo.
 
Per la Juve no, qui tutto funziona. Lo stadio è un gioiello architettonico. L’impianto è comodo e fantastico, sempre esaurito. C’è voglia di frequentarlo, anche con i bambini. Soldi cash, l’impennata dei ricavi generata dagli indotti. Vuoi visitare il Museo della Juve, dove puoi anche vedere foto storiche di tutti i tempi? Dieci euro il costo. Ci vuoi abbinare la visita agli spogliatoi? Il costo sale a diciotto euro. Sconti per le famiglie, perfezionate diverse convenzioni con varie categorie.
 
Lo Juventus Stadium è il Re Mida. Ha eguagliato così, ciò che accade da anni al Bernabeu del Real, al Camp Nou di Barcellona, all’Old Trafford di Manchester, all’Emirates di Londra, sponda Arsenal, all’Arena di Monaco di Baviera. L’asset-stadio crea occupazione, fa girare soldi. Tanti, se è vero che alla visita o alla partita – se sei davvero tifoso – ci abbini per forza un salto allo store.
 
Ecco spiegata l’egemonia-Juve, in Italia, campionato mai in discussione. Più guadagni e maggiori opportunità hai di presentarti davanti a grandi campioni e grandi manager offrendo contratti a più zeri. Così resti forte e vincente.
 
Lo stadio, l’alchimia è in quel catino. Mentre, sfidando le pastoie burocratiche di grandi città, le avversarie cercano ancora le loro nuove dimore. 

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