Anche quest’anno una delegazione dell’Associazione Internazionale “Joe Petrosino” di Padula (Salerno) sarà a New York, per partecipare ad eventi e manifestazioni organizzate per il Columbus Day.
Tra le tante, nel Palazzo di vetro sede dell’Anps sezione di New York-New Jersey (Associazione nazionale Polizia di Stato) intitolata proprio a Joe Petrosino, si terrà l’appendice americana della XIII Edizione del Premio Internazionale “Joe Petrosino”. La delegazione di cui fa parte Giovanni Melito Petrosino, presidente onorario nonché pronipote di Joe Petrosino, su invito della sezione New York-New Jersey, parteciperà alla cerimonia di deposizione, al World Trade Center, di una corona di fiori da Anps Usa, alla presenza di una folta rappresentanza della Polizia di Stato Italiana, dei vertici del Port Authority, del direttore del 9/11 Memorial & Museum e di personalità civili e militari newyorkesi.
Quest’anno la XIII edizione del premio svoltasi a Padula, paese natale del leggendario poliziotto italo-americano, ha assegnato il premio a Federico Cafiero De Raho (procuratore della Repubblica di Reggio Calabria), alla memoria di Don Pino Puglisi considerato il primo martire della Chiesa vittima di mafia (quest’anno ricorre il ventesimo anniversario del suo barbaro e vile assassinio) e alla memoria di Peppino Impastato, giornalista e attivista noto per le sue denunce contro le attività mafiose a seguito delle quali fu assassinato, vittima di un attentato il 9 maggio 1978.
Il premio prevede anche la premiazione a New York (dove Petrosino ha svolto la sua azione di contrasto alla criminalità) di Graziano Perri, Capo del Settore Indagini Giudiziarie del Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Firenze.
L’Associazione Internazionale “Joe Petrosino” intende in tal modo tenere sempre alta la guardia nella lotta contro il crimine, assegnando ogni anno il premio, intitolato al Lt. Joe Petrosino, a coloro che si sono particolarmente distinti nella lotta al crimine, lungo quella direttiva che costituisce il percorso di vita e lavoro del mitico poliziotto: Padula (dove nacque), New York (dove svolse la sua azione), Palermo (dove venne assassinato).
L’Associazione Internazionale “Joe Petrosino” si è costituita nel 1999 per contribuire a sensibilizzare le coscienze e diffondere la cultura della legalità.
A tale scopo la città di Padula ha voluto affidare alla stessa associazione la gestione del Museo allestito nella casa natale dell’illustre poliziotto, in via Giuseppe Petrosino, nel cuore del centro storico, dove tra le altre cose è conservata la divisa del poliziotto naturalizzato americano.
CHI FU PETROSINO – Giuseppe Petrosino (detto Joe) nacque a Padula il 30 agosto 1860. Emigrò, giovanissimo, nel 1873 alla volta di New York col padre Prospero, sarto, e l’intera famiglia composta dalla madre, da due sorelle e da tre fratelli. In un primo momento, si adattò a tutti i mestieri, studiò la lingua inglese frequentando corsi serali, e il 19 ottobre 1883 si arruolò nella polizia di New York, indossando l’uniforme da poliziotto con la placca d’argento con numero 285. Dopo un breve periodo di rodaggio come agente di pattuglia nella Tredicesima Avenue, cominciò a scalare i gradini della gerarchia, imponendosi per i suoi sistemi di lavoro che si ispirarono a passione per il mestiere, grande fiuto, intelligenza, senso di responsabilità, alta professionalità.
Il suo grande sogno e scopo della vita fu uno solo: sconfiggere la mafia, allora contraddistinta col nome di Mano Nera. Compì imprese leggendarie e meritorie, guadagnandosi persino la stima del Presidente degli Stati Uniti, di cui era grande amico e dal quale aveva grandissima considerazione.
A trent’anni, promosso detective, passò al servizio investigativo; nel 1895 è il Presidente Roosvelt in persona a nominarlo Sergente e nel 1905, con la promozione a Tenente, gli viene affidato il comando dell’Italian Legion, cioè gruppi di agenti italiani, a suo giudizio indispen-sabili, per combattere la Mano Nera. Dichiarò guerra ed assicurò alla giustizia boss di alto calibro, che nessun corpo di polizia era mai riuscito a prendere, con imprese funambolesche e travestimenti, che gli consentirono di vivere più da vicino il complesso mondo della mafia.
A lui solo viene attribuita la grande intuizione di aver capito che la mafia, in New York, aveva le sue radici in Sicilia, tant’è vero che intraprese un viaggio in Italia, diretto appunto in Sicilia, per infliggerle il colpo mortale.
Fu ricevuto dall’allora Presidente del Consiglio Giolitti dal quale ricevette in regalo un orologio d’oro e dopo essersi fermato per qualche giorno a Padula, nella sua casa natale ove c’era il fratello Michele rimpatriato (e dove continuarono a vivere fino ai nostri giorni i parenti di Giuseppe: fratello, nipoti, pronipote), partì alla volta della Sicilia. Avviò un grosso lavoro che l’avrebbe portato a sconfiggere definitivamente la mafia, ma la sera del 12 marzo 1909, nella piazza Marina di Palermo, fu raggiunto alle spalle da quattro colpi di rivoltella che lo uccisero.
Proprio per il suo impegno nella difficile missione di scoprire i legami tra mafia siciliana e quella di New York, per le virtù civiche e lo spirito di servizio, nel 2008 gli è stata attribuita, in memoria, la medaglia d’oro al merito civile della Repubblica italiana.