Introduced with Royal Decree number 532 on the 31st of May 1914, film censorship has been abolished in Italy at the beginning of this month by Minister for Cultural Heritage and Activities Dario Franceschini. From now on, a specialized Commission will be in charge of classifying movies before they are released. Censorship, Franceschini himself stressed, was a “system of controls and interventions that still allowed the State to intervene on artists’ freedom of expression,” and was therefore in profound need of change.
While its initial focus was that of controlling the political, religious and moral standards of each and every film shown in Italian cinemas, film censorship eventually shifted focus to safeguarding minors from potentially harmful content. This specific function is, indeed, still important, but will be exercised differently. A new commission, the Commissione per la Classificazione delle Opere Cinematografiche, operating within the General Cinema Direction of Italy’s Ministry of Culture, will assess each and every film to ensure they are rightly classified. There is, however, an enormous difference between the work of the old censorship and that of the Commission, as Nicola Borrelli, director of the General Cinema Direction, explains: “Producers or distributors can propose a classification for their movies. The Commission has the duty to assess it and make it official.” The Commission, composed by 49 specialists, including sociologists, pedagogues, psychologists, cinema experts, lawyers, teachers and parent groups’ representatives, will classify movies in relation to the minimum age of their viewers (movies for everyone, not suitable for children under 6, under 14 and under 18).
Each classification will be clarified, similarly to what happens already in other countries, by naming the content within the movie not considered appropriate for the targeted age group: sex, violence, use of weapons, profanities. The Commission will exclusively work on movies distributed in theatres and not on those reaching the public via streaming services: in that case, it is a matter of parental control, that is, families are responsible of what they want their kids to see.
While censorship hadn’t been what it was in the early years of its existence for quite a long time, it still managed to make a number of “victims” throughout its over 100 years of life: of the almost 35,000 movies assessed since 1944, 725 were refused – 274 from Italy, 130 from the US and 321 from the rest of the world — while more than 10,000 were accepted only after cuts and changes were made. A database of these films is available online thanks to the Cinecensura project (www.cinecensura.com), a permanent online exhibition commissioned by the Ministero della Cultura (MiC, MiBACT at the time of the project’s inception), dedicated to film censorship in Italy and its artistic and cultural meaning.
Often, censorship was exercised at the writing and production stages already, or while movies were filmed: no wonder artists felt the heavy hand of constraint holding their creative freedom at the neck. Of course, we’re talking about different times, but don’t be fooled: Italian censorship made notable victims, including Luchino Visconti’s Rocco e i suoi Fratelli (Rocco and his Brothers), Federico Fellini’s La Dolce Vita and Pier Paolo Pasolini’s La Ricotta (an episode of the omnibus Ro.Go.Pa.G.). And then, Alberto Lattuada’s La Spiaggia (The Beach) and even Mario Monicelli’s Totò e Carolina, because it made fun of a policeman.
The last film fully banned by the Italian censorship was the controversial Totò che Visse due Volte (Totò who Lived Twice), by Daniele Ciprì and Franco Maresco: the movie had been financed with public funds, as it was considered of national cultural interest but, on the eve of its release, censorship imposed a full ban because, it was declared, the film degraded “the dignity of the Sicilian people, of Italy and of humanity;” it was considered an offence to morality, and showed deep “contempt for religion,” as demonstrated in the many “blasphemous and sacrilegious scenes, filled with moral degradation” that characterized it. In spite of it, the movie was eventually allowed to be released.
However, the most famous case in the history of Italian film censorship remains that of Bernardo Bertolucci’s Last Tango in Paris, starring Marlon Brando and Maria Schneider. The movie, known for its controversial, violent sex scenes, wasn’t only banned by the Italian censorship, but brought to trial in an Italian court in 1976. In spite of Bertolucci’s appeal to the at the time President of the Republic Giovanni Leone, all copies of the movie in the country were destroyed, with only three of them being saved and kept at the Cineteca Nazionale, as “evidence” of the “crime” against morality the movie represented.
The work of Italy’s film censorship is finally finished. The State will no longer have the right to judge and decide what is morally or politically acceptable for its people. While it hadn’t done that, as we said, for quite some time, it is a great achievement for film-makers. Finally, creative freedom is officially accepted, in all its forms, also in the Belpaese. It remains to be seen how the new Commission will assess producers’ choices and how potential contrasts will be dealt with.
Introdotta con il Regio Decreto numero 532 il 31 maggio 1914, la censura cinematografica è stata abolita in Italia all’inizio di questo mese dal ministro dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini. D’ora in poi, una Commissione specializzata avrà il compito di classificare i film prima della loro uscita. La censura, ha sottolineato lo stesso Franceschini, era un “sistema di controlli e interventi che permetteva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà di espressione degli artisti”, ed era quindi qualcosa da cambiare profondamente.
Se inizialmente l’obiettivo era quello di controllare gli standard politici, religiosi e morali di ogni singolo film proiettato nelle sale italiane, la censura cinematografica ha poi spostato l’attenzione sulla salvaguardia dei minori da contenuti potenzialmente dannosi. Questa funzione specifica è, infatti, ancora importante, ma sarà esercitata in modo diverso. Una nuova commissione, la Commissione per la Classificazione delle Opere Cinematografiche, che opera all’interno della Direzione Generale del Cinema del Ministero dei Beni Culturali, valuterà ogni singolo film per assicurarne la corretta classificazione. C’è però un’enorme differenza tra il lavoro della vecchia censura e quello della Commissione, come spiega Nicola Borrelli, direttore della Direzione Generale del Cinema: “I produttori o i distributori possono proporre una classificazione per i loro film. La Commissione ha il compito di valutarla e renderla ufficiale”. La Commissione, composta da 49 specialisti, tra cui sociologi, pedagogisti, psicologi, esperti di cinema, avvocati, insegnanti e rappresentanti di gruppi di genitori, classificherà i film in relazione all’età minima dei loro spettatori (film per tutti, non adatti a bambini sotto i 6 anni, sotto i 14 e sotto i 18). Ogni classificazione sarà chiarita, analogamente a quanto avviene già in altri Paesi, citando il contenuto all’interno del film non considerato appropriato per la fascia d’età di riferimento: sesso, violenza, uso di armi, bestemmie. La Commissione lavorerà esclusivamente sui film distribuiti nelle sale e non su quelli che raggiungono il pubblico attraverso i servizi di streaming: in quel caso, si tratta di una questione di controllo parentale, cioè le famiglie sono responsabili di ciò che vogliono che i loro figli vedano.
Anche se da parecchio tempo la censura non è più quella dei primi anni della sua esistenza, è comunque riuscita a fare un certo numero di “vittime” nel corso dei suoi oltre 100 anni di vita: dei quasi 35.000 film valutati dal 1944, 725 sono stati rifiutati – 274 dall’Italia, 130 dagli Stati Uniti e 321 dal resto del mondo – mentre più di 10.000 sono stati accettati solo dopo aver effettuato tagli e modifiche. Un database di queste pellicole è disponibile online grazie al progetto Cinecensura (www.cinecensura.com), una mostra virtuale permanente, voluta dal Ministero della Cultura (MiC, MiBACT al momento dell’inizio del progetto), dedicata alla censura e al suo significato artistico e culturale.
Spesso la censura veniva esercitata già in fase di scrittura e di produzione, o mentre i film venivano girati: non c’è da stupirsi se gli artisti sentivano la pesante mano della costrizione che teneva al collo la loro libertà creativa. Certo, stiamo parlando di tempi diversi, ma non fatevi ingannare: la censura italiana ha fatto vittime notevoli, tra cui Rocco e i suoi Fratelli di Luchino Visconti, La Dolce Vita di Federico Fellini e La Ricotta di Pier Paolo Pasolini (un episodio dell’omnibus Ro.Go.Pa.G.). E poi, La Spiaggia di Alberto Lattuada e persino Totò e Carolina di Mario Monicelli, perché prendeva in giro un poliziotto.
L’ultimo film completamente vietato dalla censura italiana è stato il controverso Totò che visse due volte, di Daniele Ciprì e Franco Maresco: il film era stato finanziato con fondi pubblici, in quanto considerato di interesse culturale nazionale ma, alla vigilia della sua uscita, la censura impose il divieto assoluto perché, fu dichiarato, il film degradava “la dignità del popolo siciliano, dell’Italia e dell’umanità”; era considerato un’offesa al buon costume, e mostrava un profondo “disprezzo per la religione”, come dimostrato dalle numerose “scene blasfeme e sacrileghe, piene di degrado morale” che lo caratterizzavano. Nonostante ciò, alla fine il film fu autorizzato ad uscire.
Tuttavia, il caso più famoso nella storia della censura cinematografica italiana rimane quello di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, con Marlon Brando e Maria Schneider. Il film, noto per le sue controverse e violente scene di sesso, non solo è stato vietato dalla censura italiana, ma è stato portato in giudizio in un tribunale italiano nel 1976. Nonostante l’appello di Bertolucci all’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, tutte le copie del film nel Paese furono distrutte, solo tre si salvarono e furono conservate alla Cineteca Nazionale, come “prova” del “crimine” contro la moralità che il film rappresentava.
Il lavoro della censura cinematografica italiana è finalmente finito. Lo Stato non avrà più il diritto di giudicare e decidere ciò che è moralmente o politicamente accettabile per il suo popolo. Anche se non lo faceva, come abbiamo detto, da molto tempo, è una grande conquista per i cineasti. Finalmente, la libertà creativa è ufficialmente accettata, in tutte le sue forme, anche nel Belpaese. Resta da vedere come la nuova Commissione valuterà le scelte dei produttori e come verranno affrontati i potenziali contrasti.
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