Nella vita di tutti i giorni non pensiamo alle nostre origini, non  badiamo all’albero genealogico e alle storie che hanno portato noi o i nostri genitori e nonni a lasciare “casa” per venire a vivere in America, dove abbiamo trovato un’altra casa, una famiglia, una vita.
 
Oltre 5.4 milioni di italiani sono immigrati negli Stati Uniti tra il 1820 e il 1992. In 172 anni hanno composto la quinta comunità etnica più numerosa. Per arrivare ai giorni nostri mancano altri 21 anni che sono stati accompagnati da nuove ondate, anche se meno abbondanti. Oggi si contano oltre 26 milioni di americani di origini italiane. Come dire che negli Stati Uniti vive la metà dell’attuale popolazione italiana.
 
Ogni anno la presidenza degli Stati Uniti designa Ottobre come Italian American Heritage Month, un riconoscimento ufficiale ai tanti contributi che gli americani di discendenza italiana e gli italiani in Usa hanno portato e portano quotidianamente allo sviluppo e alle crescita del popolo americano.
 
Perché essere fieri di questa eredità nella vita di tutti i giorni? Perché conservarla, tramadarne la lingua e la cultura, le tradizioni e il folklore, perché continuare a ternersi informati sul quel che succede nel Belpaese, conoscerne i monumenti, l’arte, il patrimonio che rende l’Italia un Paese unico?
Perché non recidere il cordone ombelicale? 
 
In realtà il motivo è lo stesso per cui L’Italo Americano da 105 anni porta avanti non il giornale ma la lingua e la cultura italiana in un Paese che parla almeno 20 idiomi e vive realtà ben diverse da quelle della madrepatria. 
 
Se dimentichiamo le radici o non le conosciamo perdiamo un pezzo del nostro patrimonio genetico che poi, come insegnano le cellule staminali, ci arricchisce, ci reintegra, ci salva dall’appiattimento globalizzante, anche a distanza di decenni. 
 
Ecco perché in questo mese L’Italo Americano dedicherà tanta attenzione alla sezione Heritage storica, culturale, sociale, senza dimenticare quanti contatti e scambi ci sono quotidianamente con l’attualità americana.
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