When we think of Italian history, thoughts fly to Rome and the Renaissance, certainly not to the very early centuries – or should we say, millennia – of Humankind’s own existence, prehistory.
To put it very simply, we tend to draw the line between prehistory and history with the discovery and use of writing, the first sign of Humanity’s necessity to put down ideas, rules, and thoughts.
This, of course, doesn’t mean that our most ancient ancestors didn’t have a rich world of emotions, feelings, knowledge, and skills to share. In particular, their spirituality was deep and they already possessed relatively complex systems of beliefs, which included what they probably considered – and, perhaps, we still do that today – the deepest and most cherished of all spiritual activities, the care for and cult of the dead.
Indeed, research tends to place the meaning of menhirsand dolmens, at least in part, in the realm of spirituality, even though things are much more complex than that. “Hang on,” I hear you say, “what do menhirs and dolmens have to do with Italy, aren’t those more of a northern European thing?” Well, actually, no! Truth is that prehistoric civilizations across the continents used these simple but majestic stone constructions, which we can still see today, also in Italy.
But what are they? Menhirs are monuments associated with the Neolithic and Bronze Age, formed by large stones standing upright, often presenting incisions of faces, animals, weapons, or ornamental patterns. Menhirs, which are considered megalithic works, remain in part mysterious because we don’t know whether they had spiritual or social meaning, if they functioned as burials or as a sort of commemorative site to honor and describe specific events.
On the other hand, the meaning of dolmens is clearer: we know they are single-chamber prehistorical tombs, formed by two vertical stones and an architrave. We know also that, in origin, they were covered by a mound, which had the duty to protect and support them. Archaeologists and historians believe dolmens were common for millennia, likely from the 5th to the 3rd millennium BC.
Things is, we usually think about dolmens and menhirs as something typical of northern European countries, perhaps influenced by the popularity of Stonehenge, in the UK – which is a cromlech, that is, a series of menhirs placed in a circle – but we can find them both in Italy, too.
Menhirs are found across the country, from North – Alto-Adige, Lombardia, Liguria, Piemonte, where 11 menhirs form a cromlech near Biella, and Tuscany – all the way to our South, in Puglia, Sicily, and Sardinia. In Puglia, there are 79 menhirs around Martano, in the province of Lecce, where we find one of the largest in Italy, the menhir of Santu Totaru (4.70 meters). The province of Lecce is, in fact, so rich in menhirs that almost every commune can count one on its territory. Famous is also the monaco, a menhir in which many see the form of a monk: if you want to check out yourself, it’s in Modugno (Bari).
Always in Puglia, we find one of the largest Italian dolmens, that of San Silvestro, which dates back to the Bronze Age, some 3,500 years ago. Located in the Murgia area of the Bari province, it lies among hundreds of olive and carob trees and it is considered one of the largest and best-preserved examples of passage graves in the country. Technically, passage graves are dolmens with a corridor or a cairn leading to the central chamber (the dolmen proper). The dolmen of San Silvestro is one of many other passage graves in the region: it was discovered in 1961 by chance and the remains of 13 people, along with their funerary garments, were found in the burial chamber. With its 40 meters in diameters and 10 in height, the dolmen of San Silvestro is an impressive sight which, thanks to an accurate work of preservation and securing, can today be visited fully.
Sardinia remains the most famous place in Italy when it comes to prehistory, as it is home to the majestic nuraghi. However, these tower-like constructions which had, probably, a religious and defensive role for the Sardinian people of their time, are not the only vestiges of the island’s most distant past. There are some 740 menhirs across it, among them, the menhir of Sant’Antonio, the tallest in the country, with its 5.75 meters.
It is also worth mentioning the menhirs found in Goni, within the Parco Archeologico di Pranu Muttedu – we’re here in the south of the island. There, 60 megaliths are gathered in groups or two or three or in lines to create, also thanks to their size – some of them reach 5 meters in height – an imposing and breathtaking sight. Unsurprisingly, Goni’s menhirs are known as Sardinia’s Stonehenge.
And just like Stonehenge, these dolmens and menhirs keep an aura of mystique around, even if we know, in more or less detail, what they were used for. Yet, we wonder about the people who built them and those who, in the case of dolmens, were buried there; perhaps we think about the way they spent their days or about their emotions and feelings, their joys and fears, surprised to discover how similar to us they, in their essence, were.
Quando si pensa alla storia italiana, il pensiero va a Roma e al Rinascimento, non certo ai primissimi secoli – o meglio, millenni – dell’esistenza dell’umanità: la preistoria.
In parole povere, si tende a tracciare il confine tra preistoria e storia con la scoperta e l’uso della scrittura, primo segno della necessità dell’Umanità di mettere nero su bianco idee, regole e pensieri.
Questo, naturalmente, non significa che i nostri più antichi antenati non avessero un ricco mondo di emozioni, sentimenti, conoscenze e abilità da condividere. In particolare, la loro spiritualità era profonda e possedevano già sistemi di credenze relativamente complessi, che includevano ciò che probabilmente consideravano – e forse lo consideriamo ancora oggi – la più profonda e cara di tutte le attività spirituali: la cura e il culto dei morti.
In effetti, la ricerca tende a collocare il significato di menhir e dolmen, almeno in parte, nell’ambito della spiritualità, anche se le cose sono molto più complesse. “Aspettate”, vi sento dire, “cosa c’entrano i menhir e i dolmen con l’Italia: non sono più una cosa da Nord Europa?”. In realtà no! La verità è che le civiltà preistoriche di tutti i continenti utilizzavano queste semplici ma maestose costruzioni in pietra, che possiamo vedere ancora oggi, anche in Italia.
Ma cosa sono? I menhir sono monumenti legati al Neolitico e all’Età del Bronzo, formati da grandi pietre erette, che spesso presentano incisioni di volti, animali, armi o motivi ornamentali. I menhir, considerati opere megalitiche, rimangono in parte misteriosi perché non sappiamo se avessero un significato spirituale o sociale, se funzionassero come sepolture o come una sorta di sito commemorativo per onorare e descrivere eventi specifici.
D’altra parte, il significato dei dolmen è più chiaro: sappiamo che sono tombe preistoriche a camera singola, formate da due pietre verticali e un architrave. Sappiamo anche che, in origine, erano coperte da un tumulo, che aveva il compito di proteggerle e sostenerle. Gli archeologi e gli storici ritengono che i dolmen si siano diffusi per millenni, probabilmente dal V al III millennio a.C.
In genere si pensa ai dolmen e ai menhir come a qualcosa di tipico dei Paesi del Nord Europa, forse influenzati dalla popolarità di Stonehenge, nel Regno Unito – che è un cromlech, cioè una serie di menhir disposti in cerchio – ma li troviamo entrambi anche in Italia.
I menhir si trovano in tutto il Paese, dal Nord (Alto-Adige, Lombardia, Liguria, Piemonte, dove 11 menhir formano un cromlech vicino a Biella, e Toscana) fino al Sud, in Puglia, Sicilia e Sardegna. In Puglia si contano 79 menhir intorno a Martano, in provincia di Lecce, dove si trova uno dei più grandi d’Italia, il menhir di Santu Totaru (4,70 metri). La provincia di Lecce è, infatti, così ricca di menhir che quasi ogni comune può contarne uno sul proprio territorio. Famoso è anche il monaco, un menhir in cui molti vedono la forma di un monaco: se volete verificare di persona, si trova a Modugno (Bari).
Sempre in Puglia, troviamo uno dei più grandi dolmen italiani, quello di San Silvestro, che risale all’età del bronzo, circa 3.500 anni fa. Situato nella provincia di Bari, si trova tra centinaia di ulivi e carrubi ed è considerato uno dei più grandi e meglio conservati esempi di tombe di passaggio del Paese. Tecnicamente, le tombe di passaggio sono dolmen con un corridoio o un cairn che conduce alla camera centrale (il dolmen vero e proprio). Il dolmen di San Silvestro è una delle tante tombe di passaggio presenti nella regione: fu scoperto casualmente nel 1961 e nella camera funeraria furono rinvenuti i resti di 13 persone, insieme ai loro indumenti funerari. Con i suoi 40 metri di diametro e 10 di altezza, il dolmen di San Silvestro è uno spettacolo impressionante che, grazie a un accurato lavoro di conservazione e messa in sicurezza, può oggi essere visitato integralmente.
La Sardegna rimane il luogo più famoso in Italia per quanto riguarda la preistoria, in quanto ospita i maestosi nuraghi. Tuttavia, queste costruzioni a forma di torre, che probabilmente avevano un ruolo religioso e difensivo per i sardi del tempo, non sono le uniche vestigia del passato più remoto dell’isola. In tutta l’isola si trovano circa 740 menhir, tra cui il menhir di Sant’Antonio, il più alto del Paese, con i suoi 5,75 metri.
Vale la pena menzionare anche i menhir che si trovano a Goni, all’interno del Parco Archeologico di Pranu Muttedu – siamo qui nel sud dell’isola. Lì, 60 megaliti sono riuniti in gruppi o a due o a tre o in fila per creare, anche grazie alle loro dimensioni – alcuni raggiungono i 5 metri di altezza – uno spettacolo imponente e mozzafiato. Non a caso, i menhir di Goni sono conosciuti come la Stonehenge della Sardegna.
E proprio come Stonehenge, questi dolmen e menhir mantengono un’aura di misticismo, anche se sappiamo, più o meno dettagliatamente, a cosa servivano. Eppure, ci interroghiamo sulle persone che li hanno costruiti e su quelle che, nel caso dei dolmen, vi sono state sepolte; magari pensiamo al modo in cui trascorrevano le loro giornate o alle loro emozioni e sentimenti, alle loro gioie e paure, sorprendendoci di scoprire quanto fossero simili a noi, nella loro essenza.
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