Il sorriso allunga la vita. Parola di nonna Irene Di Filippo, 97 anni compiuti il 5 gennaio scorso. Per arrivare, come lei, lucidamente vicini al traguardo dei cento anni “bisogna sorridere, vivere in pace, pensare e agire bene, rispettare le buone regole, senza sparlare delle persone”. E ci consegna questo consiglio, elisir di lunga vita – perla di saggezza: “Ricordatevi sempre che se non c’è serenità, si vive male. E si accorcia la vita!”. E’ prodiga di consigli la nonnina della Strada Parco Montesilvano-Pescara. Seduta su una delle panchine nei pressi di via Adige, a Montesilvano. Tanto amata. Tanto gentile. Disponibile al dialogo.

Le chiediamo l’età. “97 anni. Sì, 97 anni”, ripete, dopo avere notato sul nostro volto una espressione di incredulità, di meraviglia. E ripete ancora una volta: “97 anni”, con un sorriso grande così e con gli occhietti che brillano di gioia quando le diciamo: “No, nonnina lei non dimostra proprio 97 anni!”. Le facciano i complimenti per i quasi 100 anni portati bene. “Portati bene – spiega – perché ho sempre agito bene!”. Sottolinea: “Il bene innanzitutto dobbiamo tenere presente in ogni momento della giornata. Volersi bene e non fare male a nessuno”. La vita frenetica crea stress. E fa male. A volte anche con conseguenze molto gravi. E la nonnina di Montesilvano ci consiglia di battere lo stress con la medicina naturale più efficace: il sorriso.

Felice ci ricorda che nella sua famiglia c’è già stata una centenaria. “Eravamo 7 sorelle ed un fratello. La più grande, Michela, è morta a 100 anni e 6 mesi. Viveva in una frazione di Campli, in provincia di Teramo. “Vita serena, in campagna. Bella aria, nessuna ansia”. E così ha superato il secolo di vita, dopo avere rischiato di morire quando era bambina per una grave forma di osteomielite. Malattia che le aveva lasciato segni invalidanti. “Mani d’oro la chiamavamo. Ha imparato tutto da sola. Sapeva fare tante ma proprio cose. Con maestria. Grande abilità. Aveva pazienza. Usava l’uncinetto, ricamava, lavorava ai ferri, cuciva i vestiti di tutta la famiglia. Faceva proprio tutto e tutti ci meravigliavamo. Cosa non sapeva fare mia cara sorella!”.

Nonna Irene abita a Montesilvano da 67 anni, dopo essersi trasferita da Campli con il marito, che lavorava in una azienda del gas. “Ho fatto tanto, ora mi godo le giornate tra passeggiate e panchina”. Con voce sognante racconta, mentre sfoglia le pagine del grande libro della memoria. E ci fa tornare alla mente la canzone di Claudio Baglioni quando “i vecchi sulle panchine dei giardini succhiano fili d’aria a un vento di ricordi”. Un vento di ricordi che ci fanno conoscere una giovane donna molto intraprendente. Idee modernissime nei difficili primi anni Cinquanta. Con molto anticipo rispetto a tanti altri abruzzesi, aveva capito che sarebbe stato opportuno puntare con intelligenza sul turismo per promuovere l’Abruzzo in Italia ed all’estero e per avere positivi ritorni economici. Erano tempi di crisi e di massiccia emigrazione. Irene Di Filippo aveva 30 anni e tanta voglia di far bene nella sua terra e per la sua terra. Ci ha provato. Ed ha fatto bene. “Nel 1950 ho aperto qui il primo stabilimento balneare. In questa parte di Montesilvano non c’era niente. Proprio niente. Soltanto la nostra casa”. Oggi tante ville, palazzi, negozi, supermercati, stabilimenti balneari.

Tutto è cambiato. Un’area in pieno sviluppo. Dove si è costruito tanto. Il cemento incombe sulle ultime oasi verdi. Riprende nonnina: “Lo stabilimento si chiamava Irene. Mio marito ha voluto che mettessi il mio nome”. Faceva tutto lei. Era amministratrice attenta. Molto cordiale con i clienti. Il rispetto. Il sorriso dell’ottimismo. Clientela soddisfatta e in costante aumento. “Lo stabilimento era sempre pieno. La stagione iniziava a maggio e finiva a settembre. Bene attrezzati con ombrelloni e sdraio. Al bar vendevamo anche le pizze. Venivano famiglie della zona, ma anche di altri paesi dell’Abruzzo e di altre regioni italiane, come il Trentino Alto Adige”.

Poco a poco Montesilvano e le altre belle località turistiche dell’Abruzzo sono cresciute divenendo meta preferita degli stranieri. Soprattutto i tedeschi, negli anni Settanta-Ottanta. La Rai abruzzese aveva per questo deciso di trasmettere nel pomeriggio dei mesi estivi un notiziario in lingua tedesca. “Avevamo tanta voglia di fare e di fare bene”, ci tiene a ribadire nonna Irene. Tanta umanità e tanta solidarietà grazie ai buoni rapporti. “Più rispetto. I tempi allora erano bellissimi. Addirittura si dormiva con le chiavi nei portoni. Ora invece siamo costretti a chiudere bene le nostre case ed a stare attenti quando camminiamo per strada. Qualcuno potrebbe darci una botta in testa e addio. Tante le brutte notizie che vediamo quotidianamente in televisione. Non è una bella epoca quella in cui stiamo vivendo”. L’isola felice non c’è più. Tutte le regioni, chi più e chi meno, oggi soffrono per l’asfissiante presenza della delinquenza e per la pericolosa crescita della microcriminalità.

Nonna Irene vive con le figlie ed i nipoti. Fino allo scorso anno aveva un cane. “Era la mia guardia del corpo. Sempre accanto a me. Mi seguiva e mi proteggeva. Sì, mi sentivo protetta! Gli mancava solo la parola. La mattina, se si faceva tardi ed io non aprivo la porta per farlo entrare, veniva ad abbaiare sotto la finestra. Per svegliarmi ed accertarsi che stessi bene. Poi è scomparso. E non è tornato mai più. E’ andato via quando sono stata ricoverata in ospedale. Sono certa che lo ha fatto perché non voleva vedermi soffrire. Non voleva vedermi morire. Gli dispiaceva. L’ho aspettato speranzosa per mesi. E ogni mattina aprivo la porta, sperando di vederlo entrare, come una volta”. Sa che purtroppo oramai è inutile continuare a sperare. Ma non dimentica l’ “amico cane” al quale era molto affezionata. “Vede questo angolo della panchina? Si metteva qui e mi guardava ed io gli parlavo. Lui mi rispondeva con gli occhi. Che bella compagnia mi faceva! Era come uno di famiglia”. E ripete ancora: “Mi dava sicurezza, mi proteggeva”.

Salutiamo nonna Irene e riprendiamo la nostra solita passeggiata da Montesilvano a Pescara. Otto chilometri di serenità. Al ritorno la incontriamo nuovamente, seduta sulla panchina. La salutiamo. E lei: “Sono sempre qui. Ci vediamo domani”. E alle parole accompagna un caloroso saluto con le mani e un grande sorriso. Ci incontriamo quasi quotidianamente. E ogni volta è così. Al mio saluto la solita calorosa e sorridente risposta e il nuovo appuntamento: “Sono sempre qui. Ci rivediamo domani”. Lunga vita all’ottimismo e al sorriso di nonna Irene!

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