Tradizionalmente, l’arrivo di un giocatore giapponese in Serie A viene sempre salutato con un certo scetticismo e non poca ironia. Non importa se, negli ultimi anni, la qualità dei calciatori provenienti dal Sol Levante sia stata decisamente buona e se il livello complessivo del calcio nel lontano oriente sia ormai più che dignitoso.
 
MILAN CHE NON AIUTA. 
Nel caso specifico, Keisuke Honda è arrivato a Milano nel mercato invernale della scorsa stagione e ha tremendamente faticato ad inserirsi nel nostro calcio. Sicuramente l’annata terribile dei rossoneri ha inciso non poco sui primi mesi negativi della mezzapunta asiatica: Honda ha infatti iniziato a giocare a Milano durante il turbolento ‘regno’ di Clarence Seedorf. 
 
Sotto la guida dell’allenatore olandese le partite del Milan sono sempre state sofferte e nervose, frutto di uno spogliatoio spaccato e di una società distante. In questo contesto, l’inserimento di Honda, proveniente da un campionato e da un cultura molto differenti, è stato praticamente fallimentare. 
 
LE RESPONSABILITÀ DEL GIAPPONESE. La situazione del Milan, quindi, non ha certo favorito Honda, ma lo stesso giocatore ci ha messo del suo, per rendere i primi mesi in rossonero difficili. Tanto per cominciare, reduce da una preparazione approssimativa e anticipata, il giapponese si è presentato in Italia estremamente imballato e decisamente lento. 
Giocando in una squadra tutt’altro che brillante, come il Milan dello scorso anno, questo limite si è ulteriormente evidenziato. Anche a livello di personalità, Honda non si è presentato bene: introverso, timido e remissivo, l’attaccante ha faticato a entrare in sintonia con il gruppo, restando sempre un corpo estraneo alla squadra. 
 
GIUDIZI AFFRETTATI. 
Honda, comunque, ha giocato quasi sempre. Stampa e tifosi hanno così tranciato un giudizio negativo su di lui, reputandolo solo una poco ispirata mossa di marketing della dirigenza del Milan. Dare il numero 10 a un giapponese, infatti, poteva essere interpretato come un malcelato tentativo di penetrare nel mercato del Sol Levante. 
 
ESTATE IN BILICO. Come ovvio, l’ex giocatore del Cska, non poteva essere ceduto dopo solo pochi mesi. Però la sua posizione, nelle gerarchie di un Milan profondamente rinnovato, sembrava drammaticamente peggiorata. Con il rientro di El Shaarawy, l’acquisto di Menez e il sogno Cerci (poi concretizzatosi in Bonaventura), si pensava che Honda avrebbe visto il campo solo con il contagocce. 
 
ETICA DEL LAVORO. In realtà, in seno al Milan di Inzaghi, la considerazione nei confronti di Honda, non ha fatto che crescere. Per prima cosa, il giapponese è risultato essere l’unica mezza punta mancina a disposizione dell’allenatore. In secondo luogo, la sua dedizione in ogni allenamento e la sua applicazione anche alla fase di recupero, hanno convinto tutto l’ambiente. 
 
LA RISCOSSA DEL SAMURAI. E così, partita dopo partita, non solo Honda ha guadagnato minuti di gioco, ma ha anche dimostrato di poter essere protagonista in Serie A. 
Per caratteristiche tecniche e fisiche, il giapponese risulta essere un’ala atipica che, partendo larga a sinistra, sa convergere diventando letale in fase di conclusione con il suo preciso sinistro. Il suo impegno in fase difensiva lo ha reso sempre più indispensabile, in un Milan in cerca di abnegazione ed equilibrio: avere un esterno d’attacco in grado di sacrificarsi in copertura è presto diventato indispensabile per Inzaghi. 
 
Ma la riscossa definitiva è avvenuta per la concretezza di Honda in zona gol: il nipponico, con il suo incedere solo all’apparenza lento, è rapidamente diventato una minaccia per ogni difesa. Soprattutto in virtù di una freddezza sotto porta che nella sua carriera raramente aveva mostrato con così tanta regolarità.
 
IMPRESCINDIBILE. Oggi Honda è l’uomo in più del Milan. 
L’unico a non essere mai messo in discussione per il turnover di Inzaghi. E oggi sono in molti, a Milanello, a temere il mese di assenza del trequartista che, in gennaio, volerà in Australia per disputare la Coppa d’Asia con il suo Giappone. 
 
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