Inizia il 4 maggio 1949 il racconto autobiografico di Valerio Liboni, con l’arrivo in Paradiso della squadra del Grande Torino, il giorno stesso della tragedia di Superga. In quella data l’autore del romanzo non era ancora nato ma con la fantasia e la freschezza di un bambino ha ricostruito a suo modo il triste evento.
Valerio Liboni, cinque volte al Festival di Sanremo, posa per un attimo le bacchette della batteria sostituendole con la penna, raccontando la passione per la squadra di calcio dai colori granata. Il romanzo ripercorre tutta la vita passata nel capoluogo piemontese e in giro per il mondo, senza trascurare gli anni della “sua” Barriera di Milano, uno dei quartieri più popolari di Torino, situato alla fine dell’autostrada che collega la metropoli lombarda a quella torinese.
Attraverso la storia della sua famiglia e delle persone incontrate durante il cammino, Valerio Liboni descrive un mondo che non c’è più, senza nostalgia, consapevole di avere vissuto in un periodo formidabile. Artisti e calciatori incrociano la loro strada con quella di Valerio, a cominciare da quel Bacigalupo a cui deve il nome di battesimo.
Il libro di Liboni è inserito all’interno del cofanetto “Ancora Toro”, contenente anche un cd e un dvd con gli inni e i filmati riguardanti la storia del Torino Calcio.
Come nasce “Io questa maglia sognavo da bambino”, il suo nuovo romanzo che segue il precedente “Crash! – Storie e curiosità dell’Italia della canzone a ritmo di musica, viaggi e amore”?
L’idea mi è venuta documentandomi per mio piacere personale sulla storia della squadra di calcio del Torino. Nel libro c’è molto della mia vita a cominciare da quel provino, fatto nel mese di maggio del 1963, per diventare il portiere del Toro. Naturalmente la parte dove il Grande Torino viene accolto in Paradiso, dopo la tragedia di Superga, è frutto della mia fantasia.
La frase “Io questa maglia sognavo da bambino” è estrapolata da “Ancora Toro “quello che dai tifosi viene definito il più bel inno ufficiale della squadra. Scritto nel 1989 con Silvano Borgatta ed interpretato, come hai potuto leggere nel libro, da calciatori ed artisti. “Ancora Toro” è il titolo del cofanetto che conterrà il libro, il dvd e un cd da me prodotto che propone la storia del Torino attraverso i suoi inni ufficiali dal 1938 ai giorni nostri.
Il racconto inizia il 4 maggio 1949, con una partita di calcio degli Allievi del Paradiso, con un pubblico di santi e Don Bosco come allenatore. Ha scelto una favola per introdurre la tragedia del Grande Torino.
Sono rimasto molto colpito da quello che è successo a questa squadra, e mi è sembrato giusto iniziare il libro presentando in questo modo il loro arrivo in Paradiso, inventandomi una storia che mischia fantasia a realtà.
Per uno strano scherzo del destino io abito proprio sotto Superga, praticamente è sempre sotto il mio sguardo ad ogni ora del giorno. Per i tifosi del Torino, giovani e vecchi, quella collina è come un santuario dove si celebra il mito della squadra. Io ci vado spesso e vi accompagno anche amici e artisti. Il 4 maggio di ogni anno, in occasione della ricorrenza della tragedia, migliaia di persone ne rinnovano il ricordo e il mito.
Con il gruppo La strana società ha avuto il grande successo di “Popcorn”, il brano che divenne anche la sigla della Domenica Sportiva. Nel libro si rammarica di essere stato un portiere mancato ma le soddisfazioni non le sono certamente mancate…
Era veramente il mio sogno da ragazzo quello di diventare il portiere del Torino ma probabilmente non ne avevo le qualità. Quando ho fatto “Popcorn” non sapevo che sarebbe diventata la sigla della Domenica Sportiva. La strana società era un gruppo vocale e strumentale e io fui uno dei primi in Italia a usare i sintetizzatori monofonici, non pensavo minimamente che “Popcorn” avrebbe potuto vendere 12 milioni di copie di 45 giri in tutto il mondo.
Nella seconda metà degli anni ‘70 c’erano Paolo Pulici, Claudio Sale, Ciccio Graziani e i Nuovi Angeli.
Un altro rammarico della mia vita è stato quello di non essere presente il giorno dell’unico scudetto vinto dal Torino dopo Superga. L’anno dopo incontrai Paki Canzi che mi chiese di suonare con i Nuovi Angeli per un giro di serate. Sono partito il 28 aprile del 1977 e non sono più tornato a casa fino a gennaio dell’anno dopo. Nel 1977 ho visto giocare il Torino a Catanzaro con Graziani e Pulici, di quest’ultimo diventai amico fraterno.
Nel suo libro un capitolo è dedicato a “L’uomo dei sogni”, con Kevin Costner, un film capace di toccare corde emotive spesso inesplorate.
È un film che ha lasciato un ricordo indelebile in me. L’avrò visto almeno dieci volte. Io sono un inguaribile sognatore e credo che prima o poi i sogni si avverano. Tra i miei sogni c’è quello di vedere ricostruito il Grande Filadelfia. Tra l’altro, nel dvd che accompagna il libro e nel video di Ancora Toro, ci sono i Nuovi Angeli che giocano a pallone al Filadelfia, quando non era stato ancora demolito, con i giocatori di allora: Luca Marchegiani, Giorgio Bresciani, Roberto Cravero e Roberto Policano.
Quali città ha voluto raccontare?
Grazie al mio lavoro ho potuto apprezzare e vivere in belle città tra cui Roma e Venezia. Sono tornato a Torino per stare vicino a mia madre ma ora che non c’è più sono pronto a riandarmene. Nel libro parlo della “mia” Barriera di Milano, dove la mia famiglia vi si trasferì da Ferrara, dopo la guerra, per lavorare in fabbrica. Ho voluto ricordare come eravamo: poveri ma fiduciosi del nostro futuro.