La Grande Bellezza, come dice il suo regista, racconta un’Italia di bellezza trascurata. Il Paese che più di ogni altro raccoglie un patrimonio artistico, architettonico, paesaggistico, storico e monumentale unico al mondo, continua tristemente a non valorizzare i suoi tesori.
A Pompei c’è stato l’ennesimo crollo causato più da un’incuria recidiva e irresponsabile, dall’incapacità di prendersi cura di una eredità incommensurabile, da una burocrazia lentissima e macchinosa, che dalla pioggia. La lezione “morale” che l’Unesco vorrebbe dare all’Italia cancellando il sito archeologico dalla lista dei patrimoni dell’umanità, finora non ha avuto successo. Ma in fondo, se volessimo veramente bene a questo nostro Belpaese, ammetteremmo di meritarcelo.
Nel film di Sorrentino si coglie questo contrasto tra una vita frivola di una società distratta e il prepotente scenario di incantevole bellezza che Roma e l’Italia posseggono. Se i nostri occhi non lo vedono, dovremmo rendercene conto attraverso quelli di milioni di turisti che ogni anno si muovono da mezzo mondo per visitare Venezia, Firenze, Napoli e le altre centinaia di città d’arte.
Nel 2013 ci sono stati ben 73 miliardi di euro di spesa turistica. Una somma immensa se si considera che è frutto di iniziative private, estemporanee, non coordinate, non centralizzate, non sostenute da politiche mirate.
Se ci fosse una regia culturale e turistica, in questo Paese, quante volte potrebbe essere risanato il debito pubblico? Quante volte l’Italia sarebbe uscita dalla crisi che ha portato la disoccupazione a livelli insostenibili per il sistema della spesa sociale? Quanti posti di lavoro sarebbero già stati creati? Quante imprese riaprirebbero dopo la lenta moria?
Quante opere d’arte e monumenti verrebbero ristrutturati e trasformati in nuovi poli d’attrazione invece di subire crolli strutturali, invece di restare capolavori chiusi negli scantinati, invece di essere trafugati senza che nessuno si accorga perchè abbandonati in archivi polverosi e dimenticati?