Fino agli anni sessanta, per dire “a lui”, “a lei”, usavamo le forme atone “gli” e “le” (per intenderci, quelle che attacchiamo all’imperativo, all’infinito, al gerundio nelle espressioni tipo: “ricordagli / ricordale”; “per ricordargli / per ricordarle”; “ricordandogli / ricordandole”). Mentre al plurale si è generalizzata la forma “gli” sia per il maschile che per il femminile (per dire ad essi oppure ad esse).
L’italiano standard, oggi, nel singolare ha eliminato la opposizione gli/le delle enclitiche del pronome personale di terza persona (corrispondenti a: a lui / a lei), introducendo l’uso indistinto di gli per il singolare e il plurale. Quando l’opposizione era netta e percepita come tale, ogni variazione che non rispettasse, al singolare, la distinzione tra maschile e femminile era indiscutibilmente un “errore” (cioè un allontanamento dalla giusta strada). Oggi, invece, pare che il femminile “le” sia scomparso.
Fateci caso! Si dice “gli”, sia per dire “a lui” che per dire “a lei”. Come già si diceva “gli” (“ad essi” e “ad esse”) per il plurale, indistintamente.
Una volta Francesco Sabatini, il linguista, ha cercato di convincerci sulla giustezza della eliminazione della differenza, e sulla opportunità di usare la stessa forma “gli” (così fan tutti!) sia per il maschile che per il femminile. Cercando di spiegare che in latino la forma “ei” (dativo del pronome: is, ea, id) da cui dipende il pronome italiano “gli” era forma unica per il maschile e il femminile. In teoria tutto giusto. Ma come si fa a spiegare a Sabatini che questa nozione ce l’ha solo lui e quanti, come lui, ancora si ricordano del latino?
Se il parlante per il quale la lingua – generalmente – è opaca arriva alla eliminazione di una opposizione, non ci sono giustificazioni che tengano, o linguisti che pontifichino; ed è inutile tentarne una spiegazione. È così, e basta. Anche il linguista deve prenderne atto. Perciò il prof. Sabatini non aveva alcuna necessità di trovare una giustificazione alla nuova situazione linguistica che si è determinata. Perché, la stessa cosa vale anche per quando una nuova opposizione si crea (come nel caso di gli che si oppone a le), quale ne sia il motivo; generando così un nuovo segno distintivo, come evidentemente era capitato nella situazione precedente.
E pensare che quando lo standard della lingua italiana indicava ancora come significativa la differenziazione tra “gli” e “le” (opposizione semantica), già mia suocera l’aveva eliminata scegliendo però, in questo caso, non “gli” ma “le”, sia il per il maschile che per il femminile.
Lei diceva “le ho detto”, sia che parlasse di un uomo sia che parlasse di una donna. In effetti era segno del suo codice linguistico. Ma mia suocera era di origine catanese: siciliana quindi. Lingua che, per appartenere ad un’isola linguistica, si è conservata più fedele al latino.