Il debutto americano per il marchio rosa è stato accompagnato da Francesco Moser, che ha ricevuto l’abbraccio dei tanti appassionati di uno sport che lo ha visto primeggiare per oltre un decennio e che qui ha molti praticanti.

Se parliamo di aree bike-friendly, di certo la West Coast è ai primi posti: piste ciclabili anche in pieno centro a Los Angeles, e un paradiso appena fuori dalle grandi città con la San Gabriel Valley e la San Fernando Valley a fare da scenario perfetto con una natura incredibilmente incontaminata a due passi dalla contea più urbanizzata degli Stati Uniti. Moser, in prima fila sulla linea di partenza, ha inforcato la bicicletta per affrontare il tracciato più impegnativo.

La disegnatrice della gara, Sabra Nagel, ha sfruttato le ripide strade dell’area intorno a Pasadena per creare tre percorsi diversi, rispettivamente di 25, 67 e 93 miglia (40, 107 e 150 km). Le rampe si sono fatte sentire sia per gli amatori che hanno scelto la strada più corta ma con un dislivello complessivo di circa 700 metri sia per quanti hanno optato per  il percorso medio, con 2653 metri di dislivello, e soprattutto per chi ha sfidato quello lungo con 3818 metri all’interno della Angeles Forest.
 
Media partner della Gran Fondo L’Italo-Americano, che ha colto l’occasione per incontrare i numerosi italiani che vivono a Los Angeles e che con entusiasmo hanno cercato il loro giornale per parlare la propria lingua e ritrovare un po’ di aria di casa, e per intervistare Francesco Moser.
 
Un ritorno negli Usa che l’hanno più volte vista impegnato in pista.
Per me il continente americano è speciale. Ho corso qui il primo campionato del mondo a Montreal nel 1974, quando ha vinto Eddy Merckx. A Montreal abita ancora mio fratello, che fa il parroco. Poi ho vinto in Venezuela, a San Cristobal, il mondiale del 1977. E dopo il mondiale è arrivato il record dell’ora in altura a Città del Messico. Successivamente sono stato a correre in Colombia. Ai miei tempi si correva meno qui in Nord America. Si andava di più ai Caraibi con i francesi, all’isola della Guadalupa, dove ho anche vinto.
 
Oggi testa la California. Come giudica questa gara, il tracciato?
Non mi aspettavo una Gran Fondo così impegnativa e con questo caldo molti sono rimasti per strada ma va dato merito agli organizzatori di aver fatto un grande lavoro. C’è un dislivello molto duro. Non conoscevo le strade ma devo dire che la California ha dimostrato di essere molto impegnativa.
 
Qui il ciclismo è molto praticato. Appassionati di tutte le età. In passato era lo stesso?
No, prima la bici non era così diffusa tra la gente in America. Ma del resto anche in Italia, tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, era poco praticata. C’eravamo solo noi tesserati, non c’era gente che andava per passione in bici. I cicloamatori sono arrivati dopo. Un momento di spinta è venuto con l’Austerity del 1973, quando i negozi avevano venduto tutto quello che avevano di bici, perchè la gente non poteva più andare in auto.
 
Anche tra i professionisti la situazione è cambiata. Prima il ciclismo era molto più “europeo”.
Le frontiere si sono aperte. Oggi non solo le corse ma anche i corridori arrivano da molti Paesi: Australia, Usa, Sudamerica. Ormai il ciclismo copre tutti i continenti e sarà sempre di più così. Ora dobbiamo fare i conti con tanti corridori, prima per la vittoria lottavano Italia, Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Germania. Poi sono arrivati gli scandinavi, qualche inglese, quindi gli australiani soprattutto nelle sei giorni. Poi è stata la volta di qualche corridore singolo neozelandese, dei primi arrivi dall’Europa Orientale a metà anni ’80 e infine “l’invasione” dopo la caduta del muro di Berlino che ha aperto le porte per tanti corridori che prima del 1989 non potevano neanche uscire dai loro Paesi.
 
Con i ciclisti è cresciuta anche l’industria del ciclismo, settore in cui l’Italia oggi primeggia.
Prima l’industria era esclusivamente europea, la bicicletta italiana era riconosciuta come la migliore. Adesso le cose sono cambiate, viene fatto quasi tutto in Cina e questo ha modificato la fisionomia dell’industria ciclistica.
 
La Gran Fondo di Pasadena ha visto impegnati molti italiani che vivono qui. Tanti le sono venuti incontro per salutarla, fare una foto o chiederle un autografo.
Sì, qui ci sono molti italiani e sicuramente su di loro una Gran Fondo Giro d’Italia ha un impatto importante, ma ce l’ha anche sui tanti appassionati di qui che seguono il Giro in Italia in televisione. Gli Usa hanno avuto corridori come Greg Lemond e Andy Hampsten che hanno vinto il Giro e che a loro volta hanno fatto una bella promozione a questo sport.
È arrivato a Pasadena insieme a suo figlio Carlo per saggiare le strade della California e per far assaggiare ai californiani il vino delle sue cantine.
Abbiamo cominciato da un anno e mezzo a portarlo qui negli Usa. Anche a Pasadena abbiamo portato i nostri vini del Trentino: Chardonnay, Muller Thurgau, Teroldego. In questo momento stiamo incrementando la produzione di uno spumante metodo classico che abbiamo marchiato 51,151, come il record dell’ora che ho segnato nel 1984.
 
 
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