Se le quote rosa fossero tutte così, difficilmente troveremmo qualcuno contrario alla loro approvazione. Non parliamo di politica, ma di ruote che per fortuna girano più velocemente: quelle delle biciclette dei professionisti che in queste settimane percorrono la penisola da Sud a Nord per la 96° edizione del Giro d’Italia. Ventuno tappe dal 4 al 26 maggio, 207 corridori divisi in 23 squadre che si contendono il primato nella corsa più dura del mondo, seconda per prestigio soltanto al Tour de France.
Una gara, certo, ma anche una straordinaria occasione di promozione del Bel Paese grazie alla diretta televisiva che ogni giorno porta le immagini delle città attraversate dalla corsa in 180 paesi nei cinque continenti.
Basti pensare a Napoli, sede della frazione di apertura, e alla cronometro a squadre del giorno successivo a Ischia, che hanno contribuito a dimostrare come oltre alla cattiva fama ci sia molto di più.
Soprattutto perché, se il Giro tradizionalmente si decide nelle durissime tappe di montagna che vedono i favoriti sfidarsi sulle rampe alpine delle regioni del Nord, negli ultimi anni gli organizzatori sono riusciti a scovare anche al Sud percorsi che gli addetti ai lavori definiscono “nervosi”.
Salite più brevi ma sicuramente dure, che mettono alla prova nei primi giorni di gara i corridori ancora in fase di rodaggio. Le montagne della Calabria e della Basilicata, le colline della Campania e della Puglia, il massiccio del Gran Sasso in Abruzzo sono esempi perfetti di difficoltà che nelle recenti edizioni del Giro hanno messo più volte i bastoni tra le ruote di grandi campioni abituati a stravincere altrove. Un esempio per tutti: Lance Armstrong, nell’unico Giro da lui corso nel 2009, giunse solo al nono posto anche a causa dei minuti persi nelle frazioni iniziali.
Un Sud che comincia a dire la sua anche dal punto di vista degli atleti. La maglia rosa, anche se temporanea, ottenuta dal siciliano Vincenzo Nibali, favorito principale insieme al britannico Bradley Wiggins e all’australiano Cadel Evans, dimostra come il ciclismo sia ormai a livelli altissimi in tutta la penisola. “Tutto il Sud Italia sta crescendo moltissimo, ci sono molti campioni come Nibali, i due Caruso, Giovanni Visconti”, dice il campione del mondo 1988 Maurizio Fondriest, intervenuto a Giovinazzo, in provincia di Bari, a un evento di promozione del Giro nel giorno in cui la corsa ha attraversato la Puglia da Mola di Bari a Margherita di Savoia. “Questo fa sì che molti giovani ragazzi vedono che c’è la possibilità di diventare, magari, dei campioni e hanno la voglia di iniziare ad andare in bici. Quindi per il movimento ciclistico credo sia una bella cosa”.
È una scena che si ripete da decenni: il momento più bello è quando il Giro passa nei paesi, negli oltre ottomila paesi che fanno l’Italia, e centinaia di migliaia di occhi attendono per ore il passaggio dei loro campioni, che dura solo qualche secondo. Ma che può imprimere nelle menti dei bambini una passione infinita. “Io credo che sia lo spot più importante che dobbiamo sfruttare perché si parla di sport, si parla di ciclismo: passa il Giro d’Italia con tutti i grandi campioni”, dice Paolo Bettini, campione olimpico ad Atene nel 2004 e campione mondiale 2006 e 2007 anche lui presente a Giovinazzo. “Io l’ho vissuto da bambino. Sono dei flash che rimangono nella memoria dentro di noi, e in questi flash qualcuno può iniziare a coltivare un sogno. Pertanto mi auguro che giornate come queste servano a tanti ragazzi per ispirarsi, per capire quello che può essere il loro futuro, per il loro sport del domani”. E non solo in Italia. Bettini è di California, non quella americana, ma un piccolo paese di 300 anime in provincia di Livorno.
Ma un messaggio per gli italiani di Oltreoceano ce l’ha.
“Io credo che promuovere l’Italia attraverso il ciclismo sia lo spot più bello. Giro d’Italia, Tour de France hanno portato una realtà vera anche in una California così lontana, non la mia, non quella Toscana, ma quella americana. Io ho fatto due volte il Giro di California e ho trovato anche là un entusiasmo incredibile, e credo che quell’entusiasmo sia dovuto anche a tutti i messaggi che arrivano dal Vecchio Continente e che mandiamo verso queste nuove realtà”.