È calato sul traguardo di Trieste il sipario della 97esima edizione del Giro d’Italia. Tutto secondo i programmi, tutto se-ondo pronostico, tutto di stampo under 24. Dal giovane e commosso colombiano Quintana che ha indossato l’ultima preziosa maglia rosa prima di ricevere l’ambito trofeo del vincitore di una delle edizioni più belle e ricche di colpi di scena degli ultimi anni, agli altrettanto giovani Uran (classe ’87) e Aru (appena 24 anni). Il Giro 2014 ha di fatto spalancato le porte ad una nuova generazione di talenti pronti ad esplodere definitivamente.
In primis, i tre sopraccitati protagonisti che hanno infiammato un Giro che è tornato a far breccia nei cuori degli italiani facendo sognare anche chi, dopo l’epopea Pantani, si era allontanato da un mondo in cui gli scandali sembravano aver soppiantato sport e agonismo.
L’impresa del sardo Fabio Aru su Montecampione, i durissimi tornanti dello Zoncolan e la ferocia con cui Quintana ha saputo respingere gli attacchi di chi ne voleva usurpare il regno, hanno di fatto ricucito, almeno in parte, quello strappo tristemente apertosi dopo la triste dipartita del “Pirata Pantani”, a cui peraltro è stato dedicato praticamente tutto il Giro, e l’incredibile vicenda Lance Armstrong.
La speranza azzurra adesso risiede in un ragazzone sardo di 24 anni, alto 180 cm, ma leggero come una piuma (66 kg). Fisico particolare, alla Muhammad Alì, che però non gli ha impedito di spiccare il volo in salita dove Aru ha messo in mostra parte di un potenziale ancora tutto da scoprire. “Ho raggiunto un risultato incredibile – ha esultato Aru dopo il traguardo di Trieste – perché non mi aspettavo di poter andare così forte in una corsa a tappe così difficile. Adesso sono consapevole di quello che posso fare e dove devo migliorare per proseguire nel percorso di crescita appena intrapreso.
Devo però ringraziare la mia famiglia per il supporto sempre datomi e soprattutto i tanti tifosi che mi hanno sostenuto e fatto emozionare sin dalle prime tappe in Irlanda: ho visto tante bandiere sarde durante il Giro e questo mi ha emozionato tanto spingendomi a dare sempre il massimo”.
Proprio come il colombiano Quintana, coetaneo di Aru che oltre alla maglia rosa del vincitore finale, è stato insignito della maglia bianca quale miglior giovane della corsa. “Ho provato delle emozioni incredibili – ha ammesso il colombiano – vincere su queste strade e soprattutto festeggiare in una piazza tanto gre-mita e piena di bandiere colombiane ha reso indimenticabile questa esperienza. Poi, aver chiuso in bellezza con i propri cari, arrivati dal Sudamerica, al fianco non ha alcun prezzo”.
Nel mezzo, tra i due protagonisti assoluti, un altro colombiano, Rigoberto Uran, ancora una volta secondo, ancora una volta con l’amaro in bocca per un successo troppe volte sfiorato e mai agguantato. Nell’ultima tappa, completamente pianeggiante e condotta al ritmo di una cicloturistica, da Gimona del Friuli a Trieste, è stato lo sloveno Mezgec ad aggiudicarsi l’ultima volata nel “day after” la terrificante salita dello Zoncolan che con i suoi picchi al 22% di pendenza, pur non avendo sconquassato la classifica generale, ha saputo regalare una serie di incredibili eventi.
Mentre impazzava la battaglia tra Quintana, Uran e Aru con quest’ultimo inizialmente staccato e poi tornato a contatto con i migliori, Rogers e Bongiorno prendevano il largo con ancora 2 km da scalare. Un momento clou della tappa più attesa dell’anno rovinato però dal troppo calore di un tifoso che nel tentativo di incitare i due fuggitivi ha causato la caduta di Francesco Manuel Bongiorno facilitando la fuga definitiva dell’australiano Rogers che ha così potuto aggiudicarsi la tappa dello Zoncolan bissando il successo ottenuto qualche giorno prima a Savona. Alle sue spalle Pellizzotti (a 38”) e lo sfortunatissimo Bongiorno, mentre Quintana legittimava il proprio dominio controllando Uran e staccando di una decina di secondi Aru.
Una nuova generazione di grandi campioni ha finalmente ravvivato il mondo del ciclismo.
La primavera delle due ruote è forse ufficialmente esplosa proprio in Italia dalle cui strade, chissà, potrebbe nascere un domani migliore per quello che resta una degli sport più amati, seguiti e praticati al mondo.