È tutta italiana la prima rivista digitale al mondo per bambini. Sono Francesca Cavallo ed Elena Favilli le fondatrici del progetto Timbuktu, il primo iPad magazine per ragazzi che sta riscuotendo già da qualche anno successo tra bambini, genitori e insegnanti sia in Usa che in Italia. Francesca nata e cresciuta a Taranto, studia a Milano dove si laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione frequentando anche la Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” presso la quale si diploma in regia teatrale. Assistente di Paolo Rossi prima e fondatrice della compagnia teatrale Kilodrammi, la Cavallo incontra la socia Elena Favilli e decide di lasciare il teatro per dedicarsi a tempo pieno a questo progetto innovativo con il quale nel 2012 vincono sia il concorso Mind the Bridge, posizionandosi come miglior startup, che l’Italian Innovation Day a San Francisco superando ben 11 competitors. Dopo il successo di Timbuktu Magazine le due ragazze lanciano altri prodotti digitali per bambini unendo la loro creatività a contenuti propri del patrimonio pedagogico educativo italiano.
Ma questo è solo l’inizio per Francesca ed Elena, due giovani pioniere che decidono di lasciare il certo per l’incerto fino a iniziare proprio in California il loro business per il quale hanno ottenuto ampi consensi.
 
Francesca da dove nasce il concept della vostra app e il nome Timbuktu?
Timbuktu nasce con la missione di promuovere l’immaginazione come strumento di conoscenza del mondo. Volevamo valorizzare attraverso la tecnologia la tradizione italiana di metodi pedagogici innovativi come quello montessoriano o il più recente metodo Reggio Emilia. Volevamo offrire anche ai più piccoli l’opportunità di potenziare la loro immaginazione spesso costretta in spazi più angusti. È nato così il nostro primo prodotto, una rivista di news illustrate con l’obiettivo ambizioso di spiegare il mondo ai bambini. Il nostro intento è sempre quello di interessare i più piccoli a ciò che accade intorno a loro, incoraggiandoli ad esprimere il proprio punto di vista e a intervenire in modo creativo sulla realtà. Il nome Timbuktu ci sembrò perfetto perché evoca un posto tanto lontano da essere considerato quasi immaginario pur essendo una città che esiste davvero ed è il posto in cui Edgar cerca di spedire gli Aristogatti!
 
Francesca come siete arrivate in California e quale pensi sia stata la carta vincente del vostro progetto?
Prima fermata: San Francisco. Timbuktu Magazine attirò immediatamente l’attenzione per due ragioni: la prima perché fu la prima rivista su iPad per bambini al mondo e poi per la qualità del design e degli artisti coinvolti. Abbiamo partecipato a moltissimi concorsi per startup in Italia tra i quali “Mind the Bridge” grazie al quale vincemmo una “business gym” di un mese a San Francisco. Lasciammo subito Milano senza nemmeno pensarci e partimmo per la California con la nostra rivista nell’iPad e qui trovammo subito investitori che ci hanno permesso di fondare un’azienda vera e propria in pochissimo tempo. Oggi siamo orgogliose, abbiamo 12 applicazioni sull’ app store, pubblicato 6 libri illustrati in collaborazione con DeAgostini (distribuiti in inglese, francese e italiano) e sviluppato progetti con aziende e organizzazioni prestigiose.
 
Dal Golden Gate a Hollywood, che accoglienza avete trovato?
Los Angeles mi piace moltissimo. Devo ammettere che mi piace più di San Francisco. La tecnologia rimane una parte importante del mio lavoro e della mia vita, ma non è l’unica e a Los Angeles ho trovato l’occasione di essere esposta a molte sperimentazioni nel mondo dello storytelling che trovo incredibilmente innovative. La comunità italiana a LA è stata accogliente. Tutti gli italiani che ho incontrato a San Francisco erano startupper o comunque coinvolti in quel mondo. Qui invece ho potuto incontrare direttori d’orchestra, imprenditori, designer, artisti, cuochi, insegnanti, videomaker. Trovo che l’eterogeneità di una comunità sia importante e sono contenta che gli italiani a LA si esprimano in modi così diversi.
 
Che differenze avete riscontrato tra fare business in Italia e in USA? Siete una start up tutta al femminile punti di forza e di debolezza?
La differenza principale sta nel fatto che abbiamo cercato di trovare finanziamenti per lo sviluppo del progetto in Italia per circa un anno, senza risultati tangibili. In California è bastato un solo mese per trovare il nostro primo investitore. Essere una startup con due fondatrici donne ci ha aperto gli occhi sul radicamento del maschilismo sia in Italia che negli Stati Uniti, sull’importanza degli investimenti sulla parità di genere in ogni ambito della società. Finché gli uomini occuperanno il 90% delle posizioni di potere sarà infinitamente più difficile per le donne portare avanti i propri progetti. Per questa ragione abbiamo di recente lanciato una newsletter incentrata proprio su questi temi e sulla produzione di storie che ispirino le bambine di oggi a diventare le donne forti e libere di cui il mondo ha bisogno.
 
Un consiglio per i giovani che vorrebbero iniziare un progetto di vita e di business qui negli States?
Bisogna avere in mente un obiettivo chiaro e costruire un network di valore. Senza un obiettivo è difficile costruire un network di valore e senza un network di valore è impossibile raggiungere un obiettivo!
 
Progetti per il futuro?
Stiamo lavorando a un progetto meraviglioso per la costruzione di tre parchi giochi in alcune “under served” communities nella Bay Area in occasione delle celebrazioni per il Super Bowl e abbiamo appena lanciato il nostro ultimo libro, Lo Schiaccianoci.

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