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Palazzo Portinari-Salviati è un edificio storico di Firenze, situato nella centralissima via del Corso al numero 6. È stato un dei più importanti palazzi nobiliari cittadini, riccamente decorato da opere d’arte prima dalla famiglia Portinari e poi dai Salviati, per poi essere sede bancaria per quasi 140 anni. Oggi, dopo un capillare restauro, ospita una lussuosa struttura ricettiva, un cocktail bar, un ristorante e appartamenti privati.
Qui Folco Portinari, fondatore dell’ospedale di Santa Maria Nuova, possedeva alcune case.
Pare che fosse originario di Portico di Romagna, sull’Appennino Forlivese, dove ancora oggi si può vedere il palazzo di famiglia. Folco ebbe sei figlie, di cui la più famosa fu Beatrice, nella quale gran parte della critica identifica la giovane donna musa ispiratrice di Dante. Guelfo di famiglia mercantile, Folco ebbe importanti incarichi dirigenziali all’interno delle Arti corporative e nella vita politica della Firenze duecentesca, come priore del sestiere di Porta San Piero. Nel 1285, secondo la tradizione, convinto da Monna Tessa, la governante di famiglia, e incoraggiato dal vescovo Andrea dei Mozzi, per non cadere in peccato mortale, decise di donare una cospicua parte della sua fortuna per la fondazione dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, tuttora l’ospedale principale del centro di Firenze.
Folco abitava in alcune case dove sorse poi nel Quattrocento il palazzo Portinari Salviati, del quale è oggi visibile solo l’aspetto cinquecentesco. Morì il 31 dicembre 1289 e fu sepolto, assieme ad altri membri della famiglia, nella vicina chiesa di Santa Margherita dei Cerchi.
Tra il 1470 e il 1480 le sue case vennero trasformate in un vero e proprio palazzo dai suoi discendenti, forse ad opera di Michelozzo. Passarono di qui alcune importanti opere d’arte.

Il palazzo fu acquistato nel 1546 da Jacopo Salviati, marito di Lucrezia de’ Medici, figlia del Magnifico, che lo fece ingrandire a partire dal 1572: i lavori terminarono nel 1578, forse sotto la direzione di Bartolomeo Ammannati. Alessandro Allori è l’autore della decorazione di alcuni soffitti ancora visibili.
Tra il 1679 e il 1698 gli stessi Salviati prolungarono la facciata verso l’adiacente via dello Studio. Altri personaggi storici illustri abitarono qui, come Maria Salviati, moglie di Giovanni dalle Bande Nere e madre del futuro duca di Firenze e poi granduca Cosimo I. Una leggenda popolare narra che un giorno, poiché Giovanni voleva avere un pronostico sul futuro carattere di suo figlio, se lo fece buttar giù da una finestra del primo piano dalla moglie, mentre lui stava a riceverlo sulle braccia in mezzo alla strada. Suo figlio fece il volo senza piangere e Giovanni delle Bande Nere intuì che questo bambino sarebbe stato un uomo coraggioso.
Vi venne ospitato, nel 1708, il re Federico IV di Danimarca, sceso in Toscana per incontrare un suo amore giovanile, la lucchese Maria Maddalena Trenta, ormai monaca. I Salviati qui custodivano nelle loro collezioni opere di grandi artisti, come Donatello, Verrocchio, Baccio Bandinelli, Andrea del Sarto, Bronzino e Correggio.

Venduto nel Settecento ai Ricciardi-Serguidi, il palazzo passò per via ereditaria nel 1803 a Pietro Leopoldo di Giannozzo Da Cepparello, quindi venne acquistato dal Comune di Firenze. Al tempo di Firenze Capitale (1865-1871) il palazzo divenne sede del Ministero di Grazia e Giustizia e fu ampliato per ospitarne gli uffici.
Successivamente è divenuto sede di una banca toscana. La fase più recente ha visto la vendita nel 2016 ad una società taiwanese, un progetto di radicale revisione degli spazi interni ed un accurato restauro per trasformarlo in una lussuosa residenza d’epoca, appartamenti, cocktail bar e infine raffinato ristorante gestito da Vito Mollica, celebre chef.


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