Il celebre Pontevecchio di Firenze sorge tra le due sponde del fiume Arno (Ph©minnystock-Dreamstime.com)

Un nuovo locale di Firenze fa riscoprire le origini della città e di una illustre famiglia. Un fondo ormai abbandonato in Oltrarno si è trasformato in un locale prestigioso e multifunzionale e i lavori di restauro hanno permesso di scoprire come è stata edificata e come si è trasformata la città nel corso dei secoli.
Ci troviamo nella stretta e lunga via di Oltrarno intestata alla famiglia dei Bardi che non ha certo bisogno di presentazioni. I Bardi furono mercanti e banchieri di fama internazionale, spesso inviati come ambasciatori di Firenze e furono tra i primi a ricoprire l’incarico di Priori cioè di Ufficiali del governo in città.

La famiglia Bardi giunse a Firenze attorno al X secolo ma il momento dell’ascesa risale al 1332 quando Piero di Gualterotto Bardi acquistò per 10 000 fiorini d’oro i possedimenti a nord di Prato dai conti Alberti, in particolare il castello di Vernio, dando origine al ramo nobile dei Bardi di Vernio. I Bardi si trasferirono a Firenze, dalla zona di Ruballa, Antella, dall’XI secolo, e fin dalle origini la famiglia ha abitato di là d’Arno, nel quartiere di Santo Spirito. Nel 1427, risiedevano a Firenze 60 focolari familiari appartenenti ai Bardi, 45 dei quali abitavano nel quartiere Oltrarno. Questo dato dà l’idea della coesione familiare, che risultava utile anche negli affari. Anche quando nel corso del tempo, nuclei familiari della casata dei Bardi si sono stabiliti in altre zone della città, in particolare nel quartiere di Santa Croce, è soprattutto all’Oltrarno che la famiglia è rimasta associata nell’opinione pubblica.
Ai Bardi furono legate per via matrimoniale tutte le più importanti famiglie della città, persino i Medici: infatti nel XV secolo Contessina de’ Bardi fu la moglie di Cosimo il Vecchio de’ Medici e quindi nonna di Lorenzo il Magnifico.

Alla fine del XIII secolo un altro personaggio celebre, Beatrice Portinari, la musa ispiratrice di Dante Alighieri nella creazione della sua Divina Commedia, aveva sposato Simone de’ Bardi, detto Mone. Purtroppo la fortuna dei Bardi terminò con un fallimento a causa della mancata restituzione di un ingente prestito da parte del re di Inghilterra Edoardo III.
La memoria di questa importante casata si riaccende oggi in un palazzo che fu di questa famiglia e collocato nella via a loro intitolata, dove oggi è stato aperto un nuovo locale. Uno spazio ampio, che comprende l’intero piano terra di un palazzo rinascimentale e che permette di ammirare da vicino la roccia della collina retrostante, la celebre Costa San Giorgio. Il termine costa indica la strada ripida in pietra che sale sulla collina.
Sono numerosi i documenti storici, da quello del Lapini, del Villani a quello del Vasari, che testimoniano dei numerosi crolli dovuti agli smottamenti della collina, a partire da quello del 1284, del 1373, del 1490 e del 1547. Particolarmente significativo quest’ultimo poiché andarono distrutte numerose abitazioni tra la Costa e il Lungarno, coinvolgendo anche il Palazzo Capponi delle Rovinate, la Chiesa di Santa Lucia dei Magnoli, detta appunto delle Rovinate, e non ultima l’abitazione del giovane Bernardo Buontalenti, episodio raffigurato nell’affresco di Niccolò Lapi posto proprio nel Palazzo Buontalenti di Via dei Servi.
Tra le case crollate c’era anche quella di Lorenzo Nasi, amico di Raffaello Sanzio, in cui era conservata la celebre opera del pittore urbinate, “Madonna del cardellino”, spezzata in più parti in seguito al crollo della casa.

Le rovine del 1547 furono così devastanti da costringere Cosimo I de’ Medici a emanare un editto di inedificabilità dell’area del Poggio alle Rovinate. Un’iscrizione posta di fronte alla chiesta di Santa Lucia dei Magnoli lo ricorda: “Cosimo de’ Medici signore di Firenze e di Siena, proibì di ricostruire le case di questo monte tre volte crollate per inadeguatezza del suolo”. E infatti gran parte di quell’area è rimasta inedificata in ossequio all’editto di Cosimo I e per evidenti motivi di sicurezza, prudenza e prevenzione di possibili future tragedie.
Le cause dei cedimenti del terreno furono attribuite proprio alle caratteristiche idrogeologiche del poggio, “pregno per ogni parte d’acquitrini, e privo di solidità”, alla presenza di numerosi corsi d’acqua oggi interrati e invisibili ma che in epoca medievale alimentavano mulini e altri opifici. Il toponimo di Via del Canneto ricorda la presenza in età storica di folti canneti acquitrinosi lungo i torrentelli che terminavano in Arno. Oggi, con i notevoli lavori di ristrutturazione voluti da Paolo Genovese, è stato possibile creare uno spazio ampio, che comprende l’intero piano terra di un palazzo rinascimentale e che permette di vedere da vicino la roccia della collina retrostante, appunto la celebre Costa San Giorgio.

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