La famiglia. Una delle icone dell’Italia è la famiglia. E meno male che è così, considerato che è la struttura sociale fondante. Ma è anche vero che spesso si ha a che fare con tipi di famiglia e di società molto diversi tra loro.
Dalle famiglie monogenitoriali a quelle numerose che contano molti più posti a tavola perchè mamma e papà non hanno rinunciato a fare molti figli. Ci sono quelle allargate e quelle tradizionali, quelle con i nonni a carico e quelle a carico dei nonni che con le loro pensioni sono l’unica entrata mensile certa in un periodo di crisi occupazionale e licenziamenti. Ci sono le famiglie miste per inglobare etnie differenti e quelle che integrano più confessioni religiose perché, come dovrebbe essere, l’amore supera ogni barriera.
Quaranta anni fa, in Italia, nasceva la nuova famiglia. La seconda, quella possibile dopo il divorzio. Nasceva dalle urne di un referendum che ha fatto la storia del costume e della società in un’Italia cattolica che era rimasta l’unica oltre a Spagna e Irlanda, le altre due nazioni di forte impronta religiosa, ad adeguarsi ai cosiddetti tempi moderni.
L’ordinamento giuridico nazionale contempla la possibilità di cambiare vita sciogliendo il legame coniugale. In realtà, già prima di quel voto, l’Italia non era più la stessa di 20 anni prima. Era profondamente cambiata la mentalità di una società che poi scelse con uno schiacciante 60% di dare avvio ad un processo che oggi non solo ha sdoganato mo-ralmente la rottura delle nozze, ma ha quasi trasformato in prassi la pratica giuridica.
Oggi il divorzio è routine, con un’impennata del + 75% negli ultimi anni. E un business, se è vero che sempre più spesso prima si passa dal wedding planning e poi si va dal divorce planner, nuova figura professionale specializzata nell’organizzare separazioni “di successo”. Senza contare che c’è persino una app per dirsi addio.
Quarant’anni fa nasceva un’Italia nuova perché introduceva formalmente l’idea di una nuova struttura sociale. Forse meno tradizionale, certamente più libera.