It isn’t common to notice how much our language changes through time because, often, change is subtle and takes place through many years. When you think of it, Italians introduced English terms in their everyday language almost without noticing and the same can be said about words or expressions inherited from social media and, more in general, internet lingo (hello, “LOL” or “shippare”, which our youth use when they like two people together).
However, there are some words in our beautiful and poetic idiom, the use of which can be pinpointed to a specific moment in time, or a specific event, as the Covid-19 pandemic demonstrated to all of us. We’re, more often than not, speaking about words that already existed, but either found renewed popularity or are today used with a different meaning.
Coronavirus, for instance, has always been the name of the type of viruses causing the common cold but after the pandemic, it entered our everyday language with a vengeance and almost exclusively as a synonym of Covid-19. Similarly, as noted by Michele Paolo of Italics Magazine, the verb tamponarehas today a different meaning: while, in pre-Covid time, it only meant to crash into someone’s car, today it also means – in very familiar language, mind! – to get tested for Covid. This is because we use the expression fare il tampone to say “to get tested.” We all noticed the change in the meaning of these words because it was quick and it did take place under our eyes. An interesting neologism, which exists also in English, always attached to the Covid-19 pandemic is covidiota, or “covidiot,” which I personally saw used for the first time on British tabloids circa Spring 2020: it stands, of course, for all those people who didn’t believe in the existence of the disease or supported improbable medical solutions to it.
Looking back in time, the examples of how history-defining events changed the Italian language multiply: thing is, we never think about it because those words are, now, an integrant part of the way we speak and write. Let’s think about the First World War, for instance: trenches are called trinceein Italian, but the noun didn’t exist before then. It derived from the French verb trancher, which means to cut, an action that well-represents the image of trenches: long, painful cuts into the surface of the earth.
But sometimes it’s not only events that change our language but also people, even if we don’t realize it. Most Italians, for instance, don’t know that many terms they use commonly every day were, in fact, invented by our Vate, Gabriele D’Annunzio. Representant of the Italian literary movement of Decadentismo, D’Annunzio is perhaps known better abroad for his connections with Fascism and his role as “official poet” of the régime. While his style is often considered too contrived to be pleasant, his knowledge of the Italian language and his undeniable creativity gave us some memorable – and still very common – words.
For instance, the word tramezzino, which we use for sandwiches made with American-style bread, was his creation, inspired by the soft bread, butter, and anchovies sandwiches from Caffé Mulassano, in Turin. Another word invented by D’Annunzio that we still use today commonly is velivolo, which means “aircraft:” it was 1910 when he declared that a velivolus – D’Annunzio loved his Latin … – va e par volare con le vele, “it moves and flies as if it were sailing,” a definition that wanted to express the elegance and weightlessness of flight.
Perhaps, the most used espressione dannunziana remains the one we use for our firefighters, vigili del fuoco.When the firefighters’ national corps was created in 1935, we called them with the – still common today – French-derived noun pompieri (in French, “pompiers”). But it was D’Annunzio who, following the Fascist trend to eliminate all terms inherited from foreign languages, by turning them into Italian ones, coined the expression, taking inspiration from ancient Rome’s vigiles, who had the duty to monitor the capital’s safety, as well as extinguish and prevent fires.
We don’t need to travel far in time from D’Annunzio, to discover how Fascism and the Second World War affected our language. You know the way we love a cornettowith our morning cappuccino? Well, if it wasn’t for the practice of eliminating foreign words endorsed by the régime, we would only use “croissant.” The same can be said for our beloved bomboloni, which came all the way from Austria and Germany and had, therefore, a German name: “krapfen.” Of course, today we use both the foreign and the “Mussolini-approved” versions of these – and many other – words, with most of us ignoring completely how the Italian ones are, in fact, vestiges of one of the darkest times in our history.
Non è facile notare quanto la nostra lingua cambi nel tempo perché, spesso, il cambiamento è sottile e avviene nel corso di molti anni. A pensarci bene, gli italiani hanno introdotto termini inglesi nel loro linguaggio quotidiano quasi senza accorgersene e lo stesso si può dire di parole o espressioni ereditate dai social media e, più in generale, dal gergo di internet (hello, “LOL” o “shippare”, che i nostri giovani usano quando si piacciono due persone).
Tuttavia, ci sono alcune parole del nostro bellissimo e poetico idioma, il cui uso può essere ricondotto a un momento o a un evento specifico, come la pandemia di Covid-19 ha dimostrato a tutti noi. Il più delle volte si tratta di parole che esistevano già, ma che hanno trovato una nuova popolarità o che oggi vengono utilizzate con un significato diverso.
Coronavirus, per esempio, è sempre stato il nome del tipo di virus che causa il raffreddore comune, ma dopo la pandemia è entrato di prepotenza nel nostro linguaggio quotidiano e quasi esclusivamente come sinonimo di Covid-19. Allo stesso modo, come ha notato Michele Paolo di Italics Magazine, il verbo tamponare ha oggi un significato diverso: se prima del Covid significava solo andare a sbattere contro l’auto di qualcuno, oggi significa anche – in un linguaggio molto familiare, si badi bene! – fare il test per il Covid. Questo perché noi usiamo l’espressione fare il tampone per dire “fare il test”. Tutti abbiamo notato il cambiamento di significato di queste parole perché è stato rapido e si è svolto sotto i nostri occhi. Un neologismo interessante, che esiste anche in inglese, sempre legato alla pandemia Covid-19 è covidiota, o “covidiot”, che personalmente ho visto usare per la prima volta sui tabloid britannici verso la primavera del 2020: sta, ovviamente, per tutte quelle persone che non credevano all’esistenza della malattia o sostenevano improbabili soluzioni mediche.
Andando indietro nel tempo, gli esempi di come eventi storici abbiano cambiato la lingua italiana si moltiplicano: il fatto è che non ci pensiamo mai, perché quelle parole sono ormai parte integrante del nostro modo di parlare e scrivere. Pensiamo alla Prima guerra mondiale, per esempio: la parola trincea non esisteva in italiano prima di allora. Deriva dal verbo francese trancher, che significa tagliare, azione che ben rappresenta l’immagine delle trincee: lunghi e dolorosi tagli nella superficie della terra.
Ma a volte non sono solo gli eventi a cambiare la nostra lingua, ma anche le persone, anche se non ce ne rendiamo conto. La maggior parte degli italiani, ad esempio, non sa che molti termini di uso comune sono stati inventati dal nostro Vate, Gabriele D’Annunzio. Rappresentante del movimento letterario italiano del Decadentismo, D’Annunzio è forse più conosciuto all’estero per i suoi legami con il fascismo e il suo ruolo di “poeta ufficiale” del regime. Sebbene il suo stile sia spesso considerato troppo artificioso per essere piacevole, la sua conoscenza della lingua italiana e la sua innegabile creatività ci hanno regalato alcune parole memorabili e ancora molto comuni.
Per esempio, la parola tramezzino, che noi usiamo per i panini fatti con il pane all’americana, è stata una sua creazione, ispirata ai panini morbidi di pane, burro e acciughe del Caffè Mulassano, a Torino. Un’altra parola inventata da D’Annunzio che ancora oggi usiamo comunemente è velivolo: era il 1910 quando dichiarò che un velivolus – D’Annunzio amava il suo latino… – va e par volare con le vele, “si muove e vola come se navigasse”, una definizione che voleva esprimere l’eleganza e la leggerezza del volo.
Forse, l’espressione dannunziana più utilizzata rimane quella che usiamo per i nostri vigili del fuoco. Quando nel 1935 fu creato il corpo nazionale dei vigili del fuoco, li chiamammo con il sostantivo – ancora oggi comune – di derivazione francese pompieri. Ma fu D’Annunzio che, seguendo la tendenza fascista a eliminare tutti i termini ereditati dalle lingue straniere, trasformandoli in termini italiani, coniò la nuova espressione, ispirandosi ai vigiles dell’antica Roma, che avevano il compito di vigilare sulla sicurezza della capitale, oltre che di spegnere e prevenire gli incendi.
Dopo D’Annunzio non c’è bisogno di andare lontano nel tempo per scoprire come il fascismo e la Seconda guerra mondiale abbiano influenzato la nostra lingua.
Avete presente l’amato cornetto con il cappuccino del mattino? Beh, se non fosse per la pratica di eliminare le parole straniere avallate dal regime, useremmo solo “croissant”. Lo stesso si può dire per i nostri amati bomboloni, che provenivano dall’Austria e dalla Germania e avevano, quindi, un nome tedesco:”krapfen”. Naturalmente, oggi usiamo sia la versione straniera che quella “approvata da Mussolini” di queste – e di molte altre – parole, ignorando completamente che quelle italiane sono, in realtà, vestigia di uno dei periodi più bui della nostra storia.
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