Scorcio di Sulmona (Ph Christa Eder da Dreamstime.com)

Giovani liceali di Sulmona recuperano dai cassetti, dai comò dei nonni e dalle impolverate scatole in cantina, centinaia di lettere e foto che raccontano la grande emigrazione, gli anni tristi della fuga alla ricerca di una terra promessa. Testimonianze di ieri che oggi diventano preziosi libri di storia. Da leggere e rileggere. E questo grazie alle ragazze e ai ragazzi delle quinte classi del Liceo delle Scienze Umane “Giambattista Vico” di Sulmona. Un esempio emblematico di buona scuola, alla fine di un percorso formativo coinvolgente sull’emigrazione e sulla famiglia tra l’800 e il ‘900, avviato alcuni anni fa. Le idee e i progetti diventano realtà. Freschi di stampa “Un oceano di carta” e “La famiglia in 100 scatti” nonché il calendario 2019 “Un viaggio nel tempo”, che fanno seguito alla pubblicazione del libro “LA MERICA” del 2013. Ricordi preziosi. Quando bastava un niente per essere felici. Come testimoniano le commoventi lettere natalizie inviate negli Anni Quaranta-Cinquanta ai famigliari. “Per il Santo Natale ricevete questo penziero per comprare un fiasco di vino e brindare alla mia salute con tutti in famiglia”. Pochi dollari e tanti doni di cuore. “Carissima Annina e famiglia, la ruota del tempo gira siamo di nuovo alla vigilia di Natale…Unisco venti dollari per un brindisi alla nostra salute”.

Lettere e foto del passato che non può essere dimenticato ma va raccontato, studiato ed onorato. “Sono lettere che consentono di ristabilire un punto di continuità con il passato e con la comunità di origine”, evidenzia la prof.ssa Carolina Lettieri nell’Introduzione al libro che ringrazia “le alunne della classe V F che nei due anni di lavoro al testo sono state le prime, con domande, dubbi e perplessità, a contribuire a mettere chiarezza al nostro lavoro. Senza di loro questo libro non sarebbe stato possibile”. E poi spiega: “Ogni storia d’emigrazione inizia con una partenza, con un distacco, è la lontananza che produce il bisogno di comunicazione e la comunicazione a distanza, in quell’epoca poteva solo essere scritta”. E sì, erano difficili le comunicazioni telefoniche.

Sfogliamo il libro e leggiamo. “Ieri chiamai per telefono – scrive amareggiato un emigrato alla moglie -, però la comunicazione non me la diedero. Chiamai ieri per fare gli auguri a nostra figlia, però non mi fu possibile”. Documenti e storie di vita. “Il 27 aprile 1955 partii da Napoli per l’America sulla Cristoforo Colombo, una nave piena di italiani che cercavano la fortuna in un nuovo paese. Ci confrontammo con l’enormità delle nostre aspirazioni solo nove giorni più tardi, il 5 maggio 1955, quando ci assiepammo, come fossimo un’unica persona, su un lato della nave per goderci la vista della Statua della Libertà, con la sua torcia tenuta alta, quasi a salutarci. Era giunta l’ora. L’ora di godersi la libertà”.

Così scriveva Vittorio Palumbo dietro una foto che lo ritraeva con altri emigranti il 4 maggio 1955 sulla Cristoforo Colombo. Scavare, portare alla luce il maggior numero di testimonianze scritte e fotografiche, raccontare bene il passato, significa far capire compiutamente il presente e contribuire a costruire un futuro con prospettive certamente migliori, senza più barriere, né pregiudizi e né odiose discriminazioni. “Il laboratorio di ricerca – spiega la prof.ssa Caterina Fantauzzi, dirigente scolastica del Polo Liceale “Ovidio” di Sulmona -, è stato progettato affinché gli allievi approfondissero le conoscenze sul tema dell’emigrazione, legate nell’ambito più generale dell’intercultura, e analizzassero gli stereotipi che fra l’800 e il ‘900 gli emigranti italiani si trovarono ad affrontare nei paesi d’arrivo”.

Un intelligente “avvicinamento” dei ragazzi al fenomeno migratorio. Esaminati dati e documenti, per “facilitare la comprensione del fenomeno stesso ed evitare una lettura distorta della realtà e una definizione di immigrato che risponda solo a diffusi stereotipi”, sottolinea   ancora la prof.ssa Fantauzzi nella Premessa al libro “Un oceano di carta, viaggio nei sentimenti dell’emigrazione”. E si sofferma su alcuni incontri che giudica “significativi”. Come quello con il prof. Franco Ricci, originario di Sulmona, docente nella Facoltà delle Arti dell’Università di Ottawa, che nella Presentazione evidenzia l’ottimo risultato dello studio realizzato da quelli che definisce “i miei allievi (se posso adottarli intellettualmente) della quinta del Liceo delle Scienze umane”. Elogio ai docenti e “ai valorosi ricercatori” che “hanno conservato e riverito la memoria collettiva dei loro lontani avi”. Aggiunge con orgoglio: “Anche io conservo nel cassetto dei ricordi più belli questa esperienza, per me unica ed indimenticabile”.

Impegno collettivo e autorevoli contributi come quello del Console onorario negli Usa, Quintino Cianfaglione, originario di Pratola Peligna. “Ha concluso questa fase di formazione, fondamentale per la ricostruzione della memoria storica e della memoria collettiva”, scrive la prof.ssa Fantauzzi. Sogni, sacrifici, successi. Cianfaglione si sofferma sulle positività, con l’orgoglio delle radici: “Un popolo di lavoratori, un popolo intelligente che con niente ha cresciuto una famiglia, ha creato tante imprese; un popolo molto apprezzato nel mondo della scuola, della scienza e della medicina”. Un tempo emigravano le braccia più forti, ora i migliori cervelli: “Oggi negli Stati Uniti arrivano ricercatori, medici, architetti che danno solo orgoglio a noi che viviamo in America. Sono molto preparati”.

“Un oceano di carta” e il rispetto della memoria. Un aspetto che viene opportunamente evidenziato. “Non avrei immaginato che dei ragazzi, i nostri ragazzi di Sulmona e del territorio, potessero riconsegnarci uno scrigno così prezioso quale è questo libro”, scrive nella Presentazione l’avvocatessa Luisa Taglieri, presidente dell’Associazione “Voci di donne”. La ricchezza della ricerca. “Con questo lavoro gli studenti vengono a conoscenza di una realtà che è quanto più moderna. La storia dei migranti nel 2018 è la stessa dei migranti italiani che pensando di trovare lavoro, ricchezza, libertà e dignità partivano su navi per l’America, l’Australia; viaggiavano, la maggior parte, ammassati nelle stive, esposti alle intemperie sui ponti: donne e uomini con i propri bambini a volte spauriti, con il dolore nel cuore per dover abbandonare i propri luoghi, i propri familiari, ma con tanta speranza di conquistare una vita migliore”. Viaggi indimenticabili per tanti nostri connazionali: “Sono stati 9 giorni di nave. Io ero con una donna di Canzano che si chiamava Angelina. Sbarcai a una città che si chiama Halifax. Dal mare Atlantico siamo attraversato il mare Pacifico. Il 18 agosto 1948 qui per gli Stati Uniti e un viaggio che non dimenticherò mai”.  In tanti c’era la speranza di fare fortuna e poi ritornare in Italia.

Un emigrante della Valle Peligna: “Cari Genitori o ricevuto il salame che mi avete mandato e lo trovato molto buonissimo e mi e proprio piaciuto sono a ringraziarvi del bene che avete verso il vostro figlio…Cara mamma sento pure nella tua letterina che mi dici che ti dica se non cio più intensione di venire in Italia vedrai che io in america non ci starò tanto tempo perché amè l’america a me non piace mica troppo”. Ed un altro abruzzese da New York: “Cara madre se il buon Signore cidà una buona attraversata così ci potremo riabbracciare”. La mamma in cima ai pensieri di tutti: “Carissima mamma oramai comincio a contare i giorni che mi rimangono da rimanere qua in America dato che ho già prenotato il viaggio per la fine di aprile. Ho una grande voglia di tornare a casa per poter abbracciare tutti…”

Le lettere d’amore per le mogli lontane: “Carissima moglie tu devi avere pazienza, di essere segreta, di starti contenta e di avere fede al tuo marito che sta facendo tanto per te e ora abbiamo una buona speranza non passerà tanto lungo che tu verrai a riabbracciare il tuo caro marito che palpita per te”. Un altro: “Cara moglie per laffare di stare separate non è colpa mia è colpa della miseria perché se uno cia aveva la robba assai non ci faceva bisogne di venire qua ci stavamo in sieme e gotavamo e così io soffre qua e tu soffre la”. E i dubbi d’amore, provocati dalla lontananza: “Cara Sposa non farti voltare le cervelle da nessune ca ve la passate bene e per me non vi mettete nessuno pensiere che io vi ame proprio con vero cuore e voglio sapere se voi mi amate con vero cuore”.

Le lettere ritrovate e con l’aiuto dei parenti pazientemente trascritte dagli studenti   “permettono di osservare le situazioni vissute dagli scriventi, nella loro spontaneità ed espressività costituendo così un valore documentario di grande importanza”, osserva la prof.ssa Annalucia Cardinali. “L’emigrato pensa e parla in dialetto molto più spesso che in lingua – prosegue – e quando si accinge a scrivere una lettera ad un parente, lo fa con il sincero desiderio di redigere una bella lettera senza errori e con la colloquialità tipica del parlato popolare. La scoperta di questa “umanità” ha consentito agli alunni di comprendere il forte legame che traspare con il paese natio, gli affetti, le tradizioni, gli usi da trasferire ed inserire in un altro contesto nel quale ricreare una nuova identità sempre sulle orme di un legame con la nostra storia”.

Sfogliando poi il libro “La famiglia in 100 scatti” realizzato dagli studenti della V G con il coordinamento dalla prof.ssa Carolina Lettieri, emerge in maniera molto chiara “l’interesse che studentesse e studenti hanno mostrato nella conoscenza che accomuna ognuno di noi: il passato e la famiglia”. Scrivono gli autori del validissimo lavoro storico, culturale, sociologico ed antropologico: “Oggi, cresciuti nell’epoca della realtà virtuale attraverso la ricerca vogliamo riscoprire la magia dell’album fotografico, sfogliando pagine e pagine, sentendone l’odore e percependo la ruvidità della carta sotto le nostre dita. Ci siamo immersi in frammenti di vita, della vita vera, ben diversa dalla realtà degli schermi”. Riflettono e sostengono convintamente: “Ci siamo resi conto che le centinaia di foto registrate sui cellulari non hanno nulla a che vedere con la particolarità e le folgoranti emozioni che ci suscitano le realtà cartacee. Attraverso l’album “La famiglia in 100 scatti” parliamo di memoria, senza la quale non siamo nulla”. E senza memoria non si può progettare un buon futuro.

Sono foto che fanno sognare e commuovono. Foto da leggere, una ad una, pagina dopo pagina. Scorre il tempo. Epoche diverse. Personaggi, eventi, luoghi che suscitano emozione e ammirazione. “Ogni foto è un racconto a sé – scrive la prof.ssa Caterina Fantauzzi – in cui emerge in primo luogo la verità delle persone ritratte, delle famiglie, delle abitazioni e delle strade in cui hanno vissuto”. Davvero bravi gli studenti che “ci consegnano un’opera storica che rende eterni i volti ma anche i sentimenti e i valori delle nostre famiglie”, sostiene nella Premessa l’avvocatessa Luisa Taglieri. Elogia pure docenti e dirigente scolastica che “operano instancabilmente insieme agli studenti per la loro crescita, che di riflesso è anche la crescita della società”.

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