Chi ha avuto la possibilità di guardare in televisione la parata militare del 2 Giugno ai Fori Imperiali di Roma ha vissuto un’esperienza impressionante. Non solo ha onorato l’occasione della Festa della Repubblica ma ha potuto apprezzare le divise storiche che hanno dato al pubblico il senso della Storia del nostro Paese, di capire chi siamo e il senso delle nostre istituzioni.
Guardando lo spettacolo, però, pensavo ai parenti e agli amici all’estero e mi domandavo quanti di loro avrebbero davvero capito il senso profondo di quel che vedevano. Purtroppo, e per molti motivi, non tutti gli italiani all’estero hanno l’opportunità di capire tutto quel che si vede nei programmi televisivi.
Naturalmente, per molti emigrati italiani, soprattutto quelli che hanno lasciato la Penisola immediatamente dopo i due conflitti mondiali, le uniche esperienze di Storia era d’averne fatto parte sul fronte, oppure di essere stati vittime dei combattimenti sul territorio italiano, senza scordare il fatto che quelle ondate d’emigrazione furono dovute proprio alle condizioni pietose del Paese dopo le guerre.
Quegli emigrati hanno interpretato quanto avvenuto con il filtro delle loro dirette esperienze e quelle storie, che hanno passato ai loro figli, erano esclusivamente comprensive di quel che sapevano e non necessariamente riflettevano le realtà del resto del Paese o di altre persone. Inoltre, la grande maggioranza di quegli emigrati aveva fatto poca scuola e dunque, almeno in termini pratici, era analfabeta. La loro priorità non era quella di studiare ma di lavorare per metter su casa e famiglia e poi dare un’educazione ai figli capace, questa, di offrire loro qualifiche professionali importanti da un punto di vista lavorativo.
Per quel che ha riguardato i figli e i discendenti di quegli emigrati, le condizioni dei Paesi di residenza sono state spesso tali che è stato difficile, se non addirittura impossibile, poter imparare la Storia d’Italia e dunque poter capire perché i loro nonni e genitori furono costretti a lasciare la terra natia. Esistono ancora oggi pochi programmi scolastici capaci di tener conto delle origini italiane degli studenti.
Quando tornano in Italia poi, quei discendenti scoprono che nei vari paesi e città di origine, sparsi per la penisola, non c’è più quanto descritto dai nonni e dai genitori ma grandi centri di industria, oppure di turismo e villeggiatura. Questo conflitto tra le aspettative e la realtà non fa altro che confondere i discendenti riguardo al loro passato.
Naturalmente i temi storici (il Risorgimento, le due guerre mondiali, il ventennio fascista e la dittatura, i Costituenti e cosìvia) sono conosciuti in linea di massima, però, quelli nati e cresciuti all’estero non hanno molte possibilità di saperne di più, a meno che di letture o studi specifici, soprattutto se con il passare delle generazioni, le storie orali dei nonni si disperdono o cambiano versione.
Sarebbe facile dire che la soluzione sta nell’educazione, ma non possiamo nemmeno pretendere che tutti i programmi internazionali della Rai, come gli articoli dei giornali o le riviste italiane all’estero facciano solo articoli storici. Però, abbiamo l’obbligo di trovare una soluzione che permetta a chi ne sia interessato di poter scoprire le radici della propria identità.
Il punto di partenza deve essere quell’aspetto della vita che ci dà la nostra identità specifica, la lingua italiana.
Qualsiasi ricerca, qualsiasi documentazione riguardo il passato deve essere trattata, almeno all’inizio, nelle versioni originali. La lingua italiana è cioè la chiave per trovare la nostra identità, come anche la chiave per migliorare la consapevolezza della nostra esistenza.
Rendere più facile imparare l’italiano all’estero avrebbe molti benefici, non solo per i nati all’estero, ma anche per il Belpaese.
Prima di tutto, insegnare la lingua, la storia e la cultura italiana negli altri Paesi farebbe molto per stringere i rapporti con le comunità italiane che lì vivono, con tutti i vantaggi che ne seguirebbero. Il semplice fatto che queste comunità votino deputati e senatori al Parlamento italiano dovrebbe incoraggiare tutti a sapere di più delle tante facce italiane nel mondo.
Ma anche insegnare la Storia degli emigrati agli italiani rimasti in Patria sarebbe utile per il Paese: conoscere le realtà italiane nei cinque continenti farebbe capire a molti i sacrifici e le imprese dei nostri connazionali all’estero. Allo stesso modo, capire queste esperienze darebbe un aiuto enorme al Paese nell’aiutare i nuovi immigrati a integrarsi perché quel che ora succede qui non è poi così diverso delle esperienze vissute dai nostri connazionali all’estero.
Pochi in Italia sanno ad esempio dell’esistenza di filiali dei Patronati italiani nei Paesi di immigrazione, come anche di gruppi di assistenza ai connazionali. Questi gruppi sono risorse disponibili per l’Italia per trovare la metodologia e le tattiche più efficaci per lavorare con i nostri nuovi residenti.
Dare ai nostri connazionali in tutti i Paesi l’opportunità di capire ed apprezzare quel che vedono nelle immagini televisive è il modo più facile e immediato di promuovere il Paese perchè, in fondo, i nostri parenti e amici all’estero sono anche i nostri ambasciatori e più sanno di quel che rappresentano, più possono farlo sapere ai loro amici che spesso non hanno la minima idea della grandezza del nostro patrimonio che è molto di più del solito ritornello spaghetti, pizza, buon clima.
Un patrimonio che è di tutti noi italiani, ovunque siamo.