Nata nel 1898, dieci anni prima che venisse fondato a Los Angeles L’Italo-Americano, Ada Natali non sapeva che sarebbe entrata nella storia della Repubblica Italiana. Diplomatasi 18enne alle Magistrali si dedicò subito all’insegnamento e per tutta la vita sarebbe stata la “maestra Ada”. Ma nel 1946 fu eletta prima donna sindaco d’Italia.
Il suffragio universale era stato introdotto solo l’anno prima di quelle storiche Amministrative che segnarono un gigantesco passo in avanti verso un futuro più roseo. Ma per l’elettorato passivo bisognò arrivare sotto elezioni per registrare il completamento della svolta e dal 10 marzo 1946 le donne, finalmente, poterono considerarsi cittadine con pieni diritti politici.
Per tredici anni Ada Natali rimase alla guida del suo comune di Massa Fermana, in provincia di Ascoli Piceno. Nel frattempo, alle elezioni Politiche del 1948, venne eletta parlamentare alla Camera dei Deputati.
Sebbene il contributo delle donne sia stato fondamentale per dare al Paese leggi socialmente determinanti come quella sul divorzio, l’aborto, il diritto di famiglia e i servizi sociali, dalla svolta del 1946 dovranno passare altri 33 anni per vedere una donna tra le più alte cariche dello Stato. Fu Nilde Iotti la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei deputati e a occupare lo scranno più alto di Montecitorio per tre legislature, dal 1979 al 1992, conseguendo un primato rimasto purtroppo incontrastato, almeno finora, nell’Italia repubblicana.
Per avere la prima donna ministro il Paese ha dovuto aspettare il 1976, quando ai vertici del dicastero del Lavoro andò Tina Anselmi. Bisognerà attendere il 1998, invece, per assistere al giuramento nelle mani del presidente della Repubblica del primo ministro donna al Viminale. Rosa Russo Iervolino, nata nel 1936, è stata prima sindaco della città di Napoli dal 2001 fino al 2011 e poi la prima donna a guidare il ministero dell’Interno dal 1998 al 1999. Poi solo un’altra donna: Annamaria Cancellieri. Per gli Esteri servirà arrivare al 2013 con l’incarico di Emma Bonino. Nel 2014 è toccato per pochi mesi a Federica Mogherini prima di lasciarlo per diventare Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea. E’ caduto un tabù, sempre nel 2014, con Roberta Pinotti: con lei, per la prima volta, una donna è andata alla guida della Difesa.
Importanti anche le ultime elezioni Amministrative perchè hanno dato al Paese due donne sindaco, le prime due nella storia delle rispettive città: Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino. Mai prima d’ora era successo nella storia della Capitale d’Italia e in quella della prima Capitale del Regno d’Italia.
Traguardi di genere che faticano notevolmente ad affermarsi in una politica che si declina sempre al maschile soprattutto quando si parla di ruoli apicali, anche se la presenza femminile nelle istituzioni negli ultimi anni è progressivamente aumentata, sebbene aiutata dalla doppia preferenza di genere introdotta nel 2012 nelle istituzioni locali.
Oggi nel Parlamento italiano le donne sono arrivate a coprire il 30% delle poltrone. Nei Comuni sono di più ma ancora pochissime nelle grandi città, anche dentro giunte e consigli regionali.
Eppure avere più volti femminili in politica significherebbe rispecchiare meglio la demografia italiana dove il sesso femminile sopravanza quello maschile.
Sui 28 Paesi europei, l’Italia fa parte dei 17 in cui la componente femminile non è riuscita ancora a superare un terzo dei componenti nelle assemblee elette.
Dal 1948 ad oggi, solo la legislatura attuale ha la maggior presenza femminile in Parlamento (30,53%) e il maggior numero di donne ministro (50%). In un confronto mondiale, l’Italia si piazza al 36° posto dietro a Rwanda (primo Paese in assoluto col 63,8%), Andorra (50%), Cuba (48,9%), Svezia (44,7%), Seychelles (43,8%), Senegal (42,7%), Nicaragua (40,2%) e Spagna (36%). Sotto, invece, si trovano Francia (26,9%), Canada (24,7%), Regno Unito (22,5%) e Stati Uniti (17,9%).