C’è un’immagine indissolubile che lega Robert De Niro alla sua cinematografia, un’immagine che gli amanti dei suoi film conserveranno per sempre nella memoria. 
 
Quando il suo volto appare sullo schermo, ecco che ritornano alla mente alcuni dei personaggi a cui ha dato vita durante una carriera strepitosa: il paranoico reduce del Vietnam in Taxi Driver, l’impulsivo pugile italoamericano Jake LaMotta in Raging Bull, il gangster James “Jimmy” Conway in Goodfellas, fino al giovane Vito Corleone nel capolavoro di Francis Ford Coppola The Godfather Part II. 
 
Difficile immaginarlo altrimenti, nonostante negli ultimi anni si sia trovato a suo agio in parti più leggere, tra cui l’ottima interpretazione al fianco di Jennifer Lawrence e Bradley Cooper nella commedia romantica Silver Linings Playbook. 
  Il ritratto di famiglia in “Remembering the Artist, Robert De Niro, Sr” 

  Il ritratto di famiglia in “Remembering the Artist, Robert De Niro, Sr” 

 
E ancora più arduo sarebbe immaginarlo come un uomo facile all’emozione, soprattutto perché finora il suo ruolo di di figlio nella vita reale non è mai stato al centro di una  performance. 
In pochi conoscono le vicissitudini della sua vita privata, in particolare per via della riservatezza che lo ha sempre contraddistinto. 
 
“Remembering the Artist, Robert De Niro, Sr.” ci restituisce così uno sguardo più intimo e ravvicinato, attraverso il racconto dell’ascesa e della caduta del padre-pittore Robert De Niro Sr. e delle sue difficoltà a emergere come artista. A far da cornice al documentario, presentato la scorsa settimana in Italia e prodotto dalla HBO, c’è la New York degli anni ’40 e ‘50, i suoi fermenti culturali e quell’atmosfera che rendeva il possibile grandiosamente reale.
  Artista di qualità, ma poca fama 

  Artista di qualità, ma poca fama 

 
Artista di talento, amante di Matisse e allievo prediletto del pittore espressionista Hans Hoffman, De Niro Sr. fu selezionato nel 1945 dal Peggy Guggenheim di New York per un’esposizione che vedeva tra gli altri partecipanti Jackson Pollock e Mark Rothko, mentre l’anno successivo, sempre nel museo della Grande Mela, si esibì con la prima personale. 
 
I suoi lavori si rifanno in parte alla corrente post-impressionista, che si proponeva di rimodulare il concetto di spazio e di forma in maniera più razionale, i cui contorni fossero netti e percepibili all’occhio dello spettatore. 
 
Un’indagine artistica che gli consentì di guadagnarsi un nome tra il grande pubblico, ma che non sfociò mai in una notorietà permanente, portandolo a un’eclissi prematura che incise indelebilmente sulla sua personalità, con gli anni sempre più cupa e rancorosa. La depressione lo accompagnerà fino alla morte, avvenuta il 3 maggio 1993. 
 
Nel documentario, girato da Perri Peltz e Geeta Gandbhir e presentato al Sundance Film Festival 2014, Robert legge pagine tratte dal diario del padre, guidato dal desiderio di far conoscere al pubblico le sue opere e di salvarle da un anonimato troppo lungo.
 
Un viaggio emozionante tra i racconti di chi ha conosciuto De Niro Sr., nel quale assistiamo a un toccante tributo di un figlio al proprio genitore. Il film ci proietta nel vissuto quotidiano di un’artista, dal quale emergono la sua tenace ambizione e la lotta per sopravvivere alla sua stessa arte, confezionando un tributo sincero e poetico, di cui si sentiva forte il bisogno.    

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