Il macellaio-poeta Dario Cecchini al bancone dell’attività di famiglia nel Chianti (Ph Luca Ferrari)

“Io sono nato, prati’amente nella macelleria. Nato in una famiglia di carnivori. Adoravo il cibo”. Inizia così il verace racconto con evidente accento toscano di Dario Cecchini davanti alle telecamere di “Chef’s table”, la celeberrima serie Netflix di cui è stato uno dei protagonisti della VI stagione, terzo italiano ad apparire dopo Massimo Bottura e Corrado Assenza. Un uomo autentico e sincero, il Cecchini, rispettosamente innamorato della sua professione. “Tutte le volte che mi metto davanti alla morte dell’animale, penso alla vita, al rispetto e alla responsabilità di usare tutto bene, di non offendere questa morte. E nemmeno un piccolo osso andrà sciupato. Questo è fare il macellaio”.

Le colline toscane del Chianti sono uno spettacolo di rara bellezza. Un viaggio tra le grazie più fertili di Madre Natura. E nel peregrinare tra un poggio e una cantina, è d’obbligo fare tappa a Panzano in Chianti (Firenze), meta indiscussa per gli appassionati della buona tavola. Lungo la celebre Chiantigiana, a metà strada tra la senese Castellina in Chianti e la fiorentina Greve in Chianti, giace la placida frazione di Panzano (498 metri sul livello del mare), dimora dell’Antica Macelleria Cecchini dove il poeta macellaio Dario troneggia dietro il bancone, gran maestro di pietanze qual è.

La storia incomincia ancor prima di entrare, con la lapide in ricordo della Bistecca Fiorentina quando fu dichiarata fuorilegge in un triste 31 marzo 2001. In seguito alla proliferazione e diffusione del morbo della “mucca pazza”, ormai vent’anni or sono, il Ministero della Sanità decise l’eliminazione della colonna vertebrale, quindi niente più bistecca con osso. Dario Cecchini allora organizzò una celebrazione funebre in piena regola, mettendo poi all’asta le ultime fiorentine il cui ricavato fu devoluto all’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. Passarono poco meno di cinque anni e si tornò alla normalità: la bistecca fiorentina venne riabilitata e Dario allora aggiornò il suo ingresso con una seconda lapide di “bentornata”, sempre allietata da una rosa rossa.
Codesta è la storia e adesso che anche voi la conoscete, possiamo finalmente entrare. Un loco dove si si assapora la convivialità toscana all’ennesima potenza.

In principio, era solo una macelleria. Oggi è un polo variegato di sublimi piaceri della forchetta. Mettetevi comodi, siete alla tavola del macellaio-poeta Dario Cecchini. “Io non sono un cuoco. Sono un macellaio che cucina” si racconta nella premiata serie tv l’ultimo erede di una tradizione di macellai tramandata di padre in figlio da 250 anni.
“È tutto molto semplice. All’inizio bere un bicchiere di vino rosso per ispirare meglio la cottura e poi scordarsi tutte le tecniche della griglia. E finalmente, affidarsi all’istinto. Prendere una bistecca alla fiorentina o una bistecca senza osso. Otto minuti per parte. Di lato, senza sale, senza olio. Carne e fuoco. Pensare alle origini. Cose molto semplici, fatte con piacere. Questo è molto importante”.

Alla sua tavola più e più volte mi sono fermato a ritemprare spirito e pancia. Ma prima ancora dei sapori, è l’atmosfera umana a salire in cattedra con il buon Dario sempre in prima linea (quando è nella sua Panzano), un autentico uragano di generosa simpatia. Dopo un caloroso saluto, si passa a qualche succulento assaggio della sua macelleria, in particolare la Soppressa toscana o il Burro del Chianti, sua grandiosa invenzione. Crostino dopo crostino, è un trionfo di “grassa” soddisfazione, il tutto innaffiato da un verace bicchiere di Chianti.

Ogni giorno, a esclusione della domenica e dei festivi, ci si può accomodare al piano superiore per cimentarsi con il “Dario Doc” e gustarsi un pranzo di primissima qualità con una modica spesa. E una volta preso posto, al via l’arduo compito, dovendo scegliere tra il Mac Dario, il Super Dario o l’Accoglienza. Se nei primi due piatti la parte del leone la fa un medaglione di carne da 250 grammi accompagnata da patate e verdura (con aggiunta di fagioli e pappa al pomodoro nel Super), la terza opzione prevede quattro differenti specialità: Sushi del Chianti, Tonno del Chianti, Arista in porchetta e il Cosimino in salsa ardente, quest’ultimo consigliabile con la Mostarda mediterranea, una delle specialità di Dario Cecchini, il tutto accompagnato da pinzimonio di verdure dell’orto. Rispetto anche per chi non ha troppo feeling con la carne per cui, ecco servito il Menù Vegetariano con pappa al pomodoro, buglione di verdure e patate, fagioli all’olio, pinzimonio dell’orto. Per gli stomaci più esigenti invece, altre due tipologie di ristoranti. Davanti alla macelleria Cecchini, il “Solociccia”, dove si mangia tutto: dal naso alla coda. Sono 6 portate di carne con verdure di stagione, fagioli all’olio, pane, vino, torta, caffè e grappa. Adiacente la macelleria invece, nell’Officina della Bistecca, “sconsigliata alle genti di poco appetito”, c’è una sola e indiscussa protagonista: “Sua Maestà La Bistecca alla Fiorentina e le sue sorelle La Costata e La Panzanese”.

E tutto questo, da gustare e ri-gustare in un’unica grande tavolata nel pieno spirito contadino. Fianco a fianco con toscani e turisti da tutto il mondo, per scambiare quattro chiacchiere in una lingua che accomuna da sempre l’intera umanità: il piacere “Cecchinesco” della buona tavola.
E questa è un’altra specialità dello spirito e dell’eredità di Dario. Fin dagli esordi non ha mai voluto tavolini, ma un’unica grande tavolata dove si potesse stare tutti vicini e diventare amici tra un boccone e un bicchiere. In tempi recenti poi, in seguito alle limitazioni da covid, Dario non ha voluto allontanarsi troppo da quella che è la sua missione: allietare i palati con la carne, ed ecco dunque allestito nel giardino sopra la macelleria, il “Cecchini Panini Truck”, un camioncino con griglia a bordo dove prepara sopraffini panini con hamburger cotti sulla brace.

Ho conosciuto Cecchini nel 2002. Da poco arrivato in terra toscana per la mia prima esperienza nel campo dei media, d’un tratto, a un evento, vidi un uomo prendere la scena, iniziando a declamare il Sommo Poeta. Quell’uomo era proprio lui.
È passato molto tempo allora, e dopo innumerevole scorribande nella sua macelleria e i suoi locali, lo ritrovo sempre uguale a se stesso. Ma non sempre ho la fortuna di incontrarlo perchè nel frattempo è diventato famoso in tutto il mondo, e sempre di più proprio dagli Stati Uniti dove si reca spesso per lavoro. Ho avuto il piacere di rincontrarlo proprio in tempi recenti e proprio nell’anno delle celebrazioni del Divin Poeta per i 700 anni dalla sua morte. Dalla penna alla forchetta di Dario si potrebbe dire che “fu allora che entrai a rigustar la ciccia!”.


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