Antonio Fini e Tabata Caldironi daranno vita, il 24 ottobre, alla seconda edizione dell’Italian International Dance Festival di New York, che permetterà a compagnie di danza e coreografi  provenienti da Italia e Stati Uniti di mettere in scena il meglio della tradizione artistica dei due paesi. Rispettivamente Direttore Artistico e Direttrice Creativa, Antonio e Tabata vantano una collaborazione che affonda le radici nella comune passione per la danza classica. Il Festival sarà inoltre l’opportunità per premiare Edward Villella, ballerino di origini italo-americane a cui in passato è stata conferita la National Medal of Arts dall’ex Presidente americano Bill Clinton. 

Antonio, da dove nasce l’idea di un festival di danza italiano?

Il festival nasce dal bisogno di valorizzare i talenti italiani all’estero. Sono otto anni che vivo a New York, e durante questa preziosa esperienza ho avuto la possibilità di conoscere e lavorare con grandi artisti italiani del calibro di Maurizio Nardi, primo ballerino della prestigiosa Martha Graham Dance Company, Alessandra Corona, unica danzatrice ad essere stata per più di dieci anni prima ballerina del Balletto Hispanico, e con loro moltissimi altri. Purtroppo, però, di questi grandi artisti l’Italia non ne sa nulla. Come non sa nulla del Maestro Luigi, grande icona della danza e il primo a coniare il motto con cui tutti i ballerini iniziano a muovere i primi passi: “5, 6, 7, 8”.

Come vi siete incontrati tu e Tabata?

Conosco Tabata da anni, dai tempi degli studi presso il Teatro Carcano di Milano. Oltre a danzare, Tabata recita e presenta, così cinque anni fa l’ho invitata a condurre il festival che ho creato in Calabria, l’Alto Jonio Dance Citta di Villapiana, e da quel momento è nato un sodalizio che ci ha portato a intraprendere diversi progetti artistici. Tabata ha soltanto 25 anni, ed è la migliore business partner che io potessi trovare. 

Ha un valore simbolico la premiazione di Edward Villella?

Edward Villella è ad oggi considerato il migliore ballerino classico che l’America abbia mai prodotto. I genitori di Edward erano di origine italiani, in particolare il papà era di Cosenza, la città da cui provengo. Come dicevo prima: l’arte Italiana, l’arte degli Italiani, merita di essere valorizzata di più.

Quali sono le influenze presenti nel vostro repertorio artistico?

Sin dalla prima edizione dell’Italian International Dance Festival abbiamo deciso di mescolare arte e di intrattenimento. Un esempio è la compagnia del balletto di Staten Island, con la quale  abbiamo dato vita a Moment to Moment, che ha visto la partecipazione di Ellen Tharp ed Alex Atzewi, coreografo italiano di Modena. Quest’anno, invece, ritorna in scena Michael Mao con una coreografia studiata per la compagnia SLK Ballet di Broadway, diretta da Sara Knight. Tra i repertori ai quali ci ispiriamo ha un ruolo importante la musica jazz, che è stata una fonte di ispirazione per lo spettacolo Jazz Tango, che vedrà Dianna Folio esibirsi insieme a Francis Roach. La stessa Dianna presenterà poi una coreografia che vuole essere un tributo al grande Maestro Luigi, premiato lo scorso anno all’IIDF con lo “A Heart for Art Lifetime Achievement Award”. Ad andare in scena saranno questa volta quattro giovani danzatori: Antonio Cangiano, Alessio Crognale, Vincenzo Caiazzo e Marco Lombari, che hanno partecipato al festival in Italia e sono stati premiati con una borsa di studio che gli ha permesso di volare a New York. Tra questi, Antonio e Alessio si uniranno alla Graham Dance Company, occasione unica resa possibile grazie alla loro partecipazione all’Alto Jonio Dance Festival. Ospiti d’eccezione saranno la compositrice Israeliana Noa Guy e la ballerina Alessandra Corona, premiata con il titolo di Extraordinary Dancer. Durante la serata verrà anche presentato in anteprima mondiale un estratto del musical La Sposa in Blu di Romy Padovano, opera interamente italiana girata da Umberto Noto e prodotta da Roberto Travaini, che vede come interprete principale Platinette. 

Nel corso della sua storia, il balletto newyorchese ha vantato l’apporto di eccellenze italiane. Siete orgogliosi di inserirvi in questa tradizione?

Siamo molto orgogliosi e continueremo a lavorare per far sì che gli artisti italiani possano avere una vetrina importante nel palcoscenico di New York City. 


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