Come è noto, i monumenti vengono eretti per rendere perenne memoria a personalità notabili, oggetto di ammirazione e rispetto. Sarà stato certamente questa l’intenzione che portò i nostri predecessori ad innalzare, in occasione del primo centenario della “Revolución de Mayo”, un monumento a Cristoforo Colombo per donarlo al popolo argentino in riconoscenza per la generosa ospitalità concessa.
Forse quegli immigrati non immaginarono che col passare degli anni, la statua avrebbe provocato discordia, polemiche e malessere. Le inusuali peripezie che ha sperimentato in tempi recenti il citato monumento – espropriato, incarcerato, isolato e in procinto di essere sfrattato – sembrano essere sufficienti per diventare una tipica “novela” latinoamericana a puntate.
La storia comincia quando agli inizi del 2013 si conoscono le prime voci sull’intenzione del governo nazionale di spostare la scultura a Mar del Plata, città a 400 km dalla capitale, e al suo posto mettere un’altra, quella di Juana Azurduy, eroina delle guerre dell’indipendenza argentina. Partendo da quella prima puntata, la nostra “novela” sveglia l’interesse del pubblico e provoca inquietudine nella comunità italiana, che reagisce inviando richieste di precisazioni e chiarimenti alle autorità e convocando una manifestazione di protesta il 23 aprile, alla quale prendono parte 300 persone.
La conferma ufficiale da parte della “Casa Rosada” della volontà di spostare il monumento a Colombo, ha dato un rinnovato impulso e attualità alla questione, e ci pone di fronte ad un’altra realtà del conflitto. La decisione è considerata arbitraria e ingiusta e gli argomenti del governo sono deboli e inconsistenti, e l’impressione è che nascondono il vero proposito del trasloco, che va inquadrato nel contesto di una campagna “anti-Colón”, che alcuni media arrivano a qualificare come “una decisione capricciosa, non priva di pregiudizi ideologici e razzisti” da parte del governo della Presidente Cristina Fernandez de Kirchner, ma che in fondo si tratta di una offesa alla comunità e in qualche modo a tutti gli argentini che hanno antenati giunti da oltreoceano.
Nonostante le polemiche suscitate dalla decisione presidenziale, il potere sembra impermeabile e sordo alle proteste, al punto che poco dopo il monumento è stato circondato da strutture metalliche, arnesi e gru, chiaro indizio che il trasloco diventava imminente.
L’“accerchiamento” del monumento ha richiamato l’attenzione di legislatori della Città di Buenos Aires e di dirigenti della collettività che si sono recati in Piazza Colombo per raccogliere informazioni e manifestare l’opposizione alla decisione, al punto che c’è stato qualche tafferuglio tra funzionari nazionali e funzionari comunali. La tregua è arrivata quando la magistratura ha deciso una misura cautelativa che ha ordinato la sospensione dei lavori attorno al monumento, in attesa della decisione finale.
Quasi subito istituzioni come Fediba, Comites e altre, hanno convocato una nuova manifestazione in Piazza Colón, in coincidenza con la “Giornata dell’Immigrante Italiano in Argentina”.
La mobilitazione, per quanto riguarda il numero di partecipanti, è stata inferiore alla precedente, ma ha avuto una ripercussione maggiore nei media. Un evento quindi, che ha mostrato i due lati della moneta, da una parte, quello positivo, dell’entusiasmo maggiore e una organizzazione migliore, frutto forse dell’impegno delle nuove autorità di Fediba per le quali la manifestazione è stata una specie di presentazione in società.
Il nuovo presidente Dario Signorini, in questo caso coordinatore e unico oratore nell’evento, in tono energico ed emotivo, richiamò l’attenzione su di sé, spiegando tra l’altro che: “Questo monumento non dev’essere spostato, perché testimonia l’affetto e la fratellanza tra argentini e italiani, per cui chiediamo alle autorità di rispettare il significato profondo di questo dono fatto col sacrificio e l’amore degli emigrati, proprio per esprimere, il proprio omaggio all’Argentina.
Rispettare il monumento è un modo di rispettare l’eredità dei nostri antenati”.
Il rovescio della medaglia è stato la constatazione che la protesta non raccoglieva affatto il numero di aderenti che c’era da aspettarsi, al punto che un settore dei numerosi inviati della tv, decise di spegnere le telecamere ed altri a ritirarsi, ragion per cui il giorno dopo, nelle loro cronache, molti riportarono aspetti folcloristici e pittoreschi dell’evento tipo: “la collettività italiana protagonista di una colorita protesta in difesa del monumento a Colombo, esibendo manifesti e bandiere, protestando al ritmo di tamburelli e fisarmoniche e cantando canzonette…”.
In altre parole, hanno preso la manifestazione come una specie di “protesta all’italiana”, che per modalità e partecipazione non è stata efficace, il che ci induce a ricordare quella battuta di Albert Einstein: “Se cerchi risultati diversi, non fare sempre lo stesso”.
È il caso di domandarsi, di analizzare in profondità le ragioni di un lungo elenco di assenti in questa vicenda. Da dirigenti locali, rappresentanti di associazioni, i nostri parlamentari, “i soliti ignoti”, gli opportunisti che compaiono solo quando c’è da chiedere il voto, i “notabili”, i personaggi locali, artisti, politici, imprenditori, giornalisti ed altri, premiati col titolo di “Ambasciatori dell’Italianità”, così come i parlamentari che fanno parte del Gruppo di Amicizia con l’Italia, e gli argentini di origine italiana, e persino la mancanza di solidarietà da parte della collettività spagnola locale, la quale dovrebbe avere un comune interesse nella difesa del personaggio Cristoforo Colombo.
Il monumento della discordia è causa anche del malessere del governo italiano che tramite l’Ambasciatore ha trasmesso alla segreteria della presidenza il disagio della nostra comunità.
La nostra comunità, che ha donato il monumento, non è stata consultata e non ha voce in capitolo e le sue domande sono passate in secondo piano. Nonostante tutto, il nostro obiettivo rimane quello di rendere omaggio ai nostri predecessori. Tra le virtù che ha avuto Colombo, c’è stata anche la perseveranza, per cui bisogna continuare ad impegnarsi in difesa del “nostro” monumento. Perché, come diceva Mahatma Gandhi: “Forse domani dovremo sederci davanti ai nostri figli per riconoscere che siamo stati sconfitti.
Ma sarà sempre meglio di non poter guardarli negli occhi e spiegare che non abbiamo avuto il coraggio di lottare”.
Il caso-monumento resta sulle pagine della “Tribuna italiana”, settimanale di Buenos Aires.La statua è stata rimossa con la motivazione ufficiale di un necessario restauro. nei giorni scorsi gli italo-argentini e le associazioni per la salvaguardia del passato storico e artistico di Buenos Aires hanno chiesto l’intervento del Papa presso la Presidente argentina Cristian Kirchner perché sia salvata la statua di Cristoforo Colombo, una volta situata dietro la Casa Rosada.