Gli abitanti del luogo preferiscono chiamarlo “Vin santo” per il gusto dolce-amaro e per le uve passite e poi torchiate durante la settimana di Pasqua. Di certo, quello prodotto a Fregona, piccolo comune del Veneto orientale, è un vino prodotto in piccole quantità e consumato con parsimonia, per gustarne tutto intero il fascino della rarità.
Il Torchiato di Fregona vinse la medaglia d’oro alla Mostra Universale di Ginevra del 1932 e rappresenta il capostipite della lunga serie di riconoscimenti conquistati in questo angolo di Veneto caratterizzato dal Prosecco. Uve bianche di Prosecco (55%), di Verdiso (20%) e Boschera (25%) sapientemente legate tra loro, danno vita a un vino passito di colore dorato carico, con un’acidità equilibrata e gradazione alcolica che deve raggiungere il 16%. Per 100 chili di uva si ottengono non più di 20 litri di vino passito ottenuto da grappoli appesi alle travi delle soffitte. L’appassimento dura mesi e viene spremuto la settimana che precede la Pasqua, lavorando sempre e solo di torchio.
Nato per caso attorno al 1600 nella frazione di Ciser di Fregona, all’ombra del Monte Pizzoch, il Torchiato viene prodotto dalle famiglie contadine di questo angolo della Provincia di Treviso, che si tramandano negli anni le tecniche e le attrezzature per ottenere un nettare dolcissimo, da consumare con i dolci. Il Torchiato di Fregona vale da solo una visita nelle colline racchiuse tra Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, Follina, Miane, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Vidor e Valdobbiadene e conosciute come Terre del Prosecco.
In effetti, quello prodotto a Fregona è un prodotto d’eccellenza in una terra vocata all’eccellenza vitivinicola. Una terra modellata da centinaia di anni dai suoi abitanti, per sfruttarne al meglio i ripidi declivi e ricavarne lo spumante Prosecco in tutte le sue tipologie. In uno scenario ambientale caratterizzato da tratti distintivi che alternano versanti scoscesi a dolci colline, regna incontrastata la tessitura laboriosa dei vigneti.
L’odore dell’uva e del vino, nelle colline intorno a Valdobbiadene e Conegliano, permea l’aria per gran parte dell’anno e il colpo d’occhio non lascia indifferenti, in un territorio che ha saputo estrarre il meglio dalla terra, trasformando gli acini in un prodotto di punta del “Made in Italy” del gusto.
Esperienze tramandate di generazione in generazione, quelle che trasformano anno dopo anno il nettare naturale in un raffinato vino spumante sempre più ap-prezzato dai consumatori di tutto il mondo e che vengono incanalate nel Centro Interdipartimen-tale per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia di Conegliano (Cirve), per ottimizzare sempre più la vocazione all’eccellenza.
Prodotto in tre tipologie – tranquillo, frizzante, spumante – il Prosecco viene particolarmente apprezzato con gli antipasti di pesce ed i risotti e nella versione con le bollicine come aperitivo e in tutti i momenti della festa. Lo spumante è prodotto nelle versioni Brut, Extra Dry e Dry, a seconda del residuo zuccherino.
La versione “Spumante Brut” , baciata da un lusinghiero successo internazionale, si caratterizza per profumi più ricchi di sentori di agrumi e di note vegetali.
Lo spumante “Extra Dry” (ovvero Prosecco classico), è ottimo come aperitivo, è ideale su minestre di legumi e frutti di mare, paste con delicati sughi di carne, formaggi freschi e carni bianche, soprattutto pollame.
La tipologia “Frizzante” è nata invece per avvicinare il consumatore meno esperto. Essenziale, asciutto, digeribile e leggero, è l’autentico ambasciatore della tradizione del vignaiolo, ed è perfetto come aperitivo, su antipasti e primi non elaborati.
Il Prosecco “Tranquillo” è la versione meno conosciuta al di fuori della zona di produzione e si ottiene dai vigneti più fitti e poco produttivi e da uve ben mature. Va bevuto su antipasti delicati di mare e di terra, ed in abbinamento con i bocconcini marinati della tradizione.
Altra eccellenza territoriale è rappresentata dal “Superiore di Cartizze” coltivato in una piccola area di 106 ettari di vigneto, compreso tra le colline ripide di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, nel comune di Valdobbiadene. Il vino nasce dalla perfetta combinazione tra microclima e terreno e si presenta come uno spumante sontuoso nella sua versione Dry che strappa sempre applausi.
I 43 “Rive” presenti sul territorio rappresentano invece il cuore essenziale di queste colline. Il termine “Rive” indica i vigneti posti in terreni scoscesi mentre la produzione è ridotta a 130 quintali per ettaro, con l’obbligo della raccolta manuale delle uve e l’indicazione del millesimo.
Nei 20.000 ettari racchiusi nei 15 Comuni dell’Altamarca Trevigiana la vite viene coltivata solo nella parte più soleggiata dei colli, ad un’altitudine compresa tra i 50 e i 500 metri sul livello del mare e quasi esclusivamente sul versante meridionale. Tra i filari è possibile riconoscere i vitigni locali che insieme contribuiscono alla straordinaria alchimia che determina la realizzazione del Prosecco e del Cartizze.
Il “Glera”, con i suoi grappoli grandi e lunghi e suoi acini di un bel giallo dorato, fu menzionato per la prima volta nel 1772 dall’accademico Francesco Maria Malvolti, e garantisce la struttura base del prezioso vino. Il Conegliano Valdobbiadene viene prodotto con un minimo dell’85% del vitigno Glera. Le restanti percentuali vengono occupate dalle varietà locali Verdiso, Perera e Bianchetta, e da Pinot e Chardonnay.
Il vitigno Verdiso viene coltivato in zona dal 1700 ed è utilizzato per aumentare l’acidità e la sapidità del vino. Il Perera permette di aumentare profumo e aroma e deve il suo nome alla forma dell’acino che richiama la pera. La Bianchetta, che affonda le proprie radici nel Cinquecento, viene utilizzata per supportare il gusto del vino nelle annate fredde avendo maturazione precoce.
La viticoltura dei Colli di Conegliano risale all’età del ferro ad opera dei Paleoveneti e si sviluppò tecnicamente con l’arrivo dei Romani. Gli ordini monastici perpetuarono le tecniche di coltivazione di un vino graditissimo alla corte dei Dogi di Venezia.
Nel 1769 Conegliano diede forma alla propria sapienza enologica istituendo l’Accademia dell’Agricoltura che cento anni dopo trovò nuova linfa nella fondazione della Società Enologica Trevigiana e nuovo slancio nel 1876 con la nascita a Conegliano della prima Scuola di Viticoltura ed Enologia d’Italia.
Valdobbiadene da oltre 40 anni ospita una Mostra Nazionale degli spumanti (ribattezzata Forum Spumanti d’Italia) e apre lo scrigno dei suoi tesori naturali, artistici e architettonici ai visitatori che sanno lasciare le facili strade pubblicizzate dal grande turismo, per inoltrarsi tra le verdi colline segnate dai tralicci delle viti.
Il Consorzio di Tutela del Prosecco di Conegliano Valdobbiane nacque nel 1962 per merito di 11 produttori per proteggere la qualità e l’immagine del proprio vino in un’epoca segnata dallo strapotere “mediatico” dei vini champagne francesi. Lo sforzo ultradecennale del Consorzio ha permesso di ottenere il riconoscimento del Ministero dell’Agricoltura, di Conegliano e Valdob-biadene come unica zona Doc di produzione del Prosecco e del Superiore di Cartizze e ha determinato l’ottenimento nell’agosto del 2010 della Docg (Denominazione di origine controllata e garantita) Conegliano e Valdobbiadene.
I vari marchi del Prosecco, anche quest’anno, hanno conquistato numerosi allori nell’edizione del Vinitaly (sempre più crocevia delle eccellenze enologiche mondiali) permettendo al vino “fatto a mano” ed etichettato come Conegliano Valdobbiadene Superiore Prosecco Docg di strappare ancora una volta il plauso sia dagli esperti che dai degustatori della domenica.
Un successo strepitoso dedicato a tutti gli agricoltori che negli anni hanno conquistato centimetro per centimetro le colline di questa Marca, modellandole in un paesaggio talmente unico da essere oggetto di valutazione da parte dell’Unesco (la candidatura è iniziata nel 2008) come area Patrimonio dell’Umanità.