Non è una di quelle statistiche di cui andare fieri: testimonia, peraltro, lo stato di assoluta indigenza in cui versano molti italiani. Gente che magari – fino a vent’anni fa – viveva dignitosamente con la propria pensione ma che poi, gradualmente, ha visto radicalmente peggiorare la propria situazione economica.
 
Perché ha dovuto contribuire al sostentamento dei figli (che magari sono stati licenziati perdendo il posto di lavoro), perché il proprietario di casa ha aumentato il canone di affitto, perché i soldi, oggi in Italia, sembrano non bastare più.
 
Ed allora, davanti a una statistica ufficializzata le scorse settimane, ci si ferma e si riflette. Sono in aumento gli italiani che, non badando alle scadenze dei prodotti che portano in tavola, mangiano regolarmente cibi scaduti da una settimana.
 
C’è addirittura chi li mangia dopo oltre un mese, facendo tornare alla mente ciò che accadeva negli anni successivi alla guerra. Quando non esisteva ancora l’etichetta con la dicitura “da consumarsi entro”, presente oggi sul dorso di scatole e confezioni, e il cibo, una volta aperto, si annusava soltanto per verificare se fosse ancora buono.
 
Al limite – come candidamente confessato anche da molti intervistati dei giorni d’oggi – finiva nelle polpette. Non si consumano come un tempo frutta, verdure, carne e pesce (i prodotti che sono maggiormente rincarati), le tavole sono spesso spoglie (si mangia un primo o un secondo in molte parti d’Italia), gli effetti, tanto cari al Premier Renzi, degli 80 euro hanno inciso relativamente. Non sono aumentati i consumi, le aziende piangono perché quei soldi sono serviti (o stanno servendo) per provare ad estinguere mutui, prestiti e bollette non onorate.
 
Vanno forte i discount, che offrono prodotti scontati (pagando dazio, però, sulla qualità), si lamentano i supermercati, le cui dispense, spesso e volentieri, non restano sguarnite. Ecco perché – davanti al costo della vita che cresce a dismisura e non accenna a placarsi – sono moltissimi gli italiani che stanno risparmiando sul cibo. Mettendo ovviamente a rischio il proprio livello nutrizionale. Una sorta di dieta forzata, non avendo le risorse necessarie per riempire il carrello della spesa di prodotti di vario genere.
 
Ecco spiegato il ricorso ai cibi anche scaduti: dal frigo non si butta più niente, ormai, tutto può servire per sbarcare il lunario. Deflazione continua, il Paese scricchiola, barcolla e sono moltissimi gli italiani che si adeguano. Risparmiando su ciò che si mangia, rinunciando persino a curarsi (e di questo altro malinconico fenomeno presto ci occuperemo). Tavole spoglie o, in subordine, ecco il ricorso a cibi e prodotti che avrebbero invece abbondantemente varcato la soglia della loro conservazione: si studia ogni stratagemma insomma per non finire ogni mese regolarmente in bolletta.
 
Un altro dato dovrebbe spaventare: quasi il 17% degli italiani, ormai, non può permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni. Mangia ciò che gli consente ancora il frigo o la dispensa. Infischiandosene dei prodotti scaduti o di quelli che sarebbe consigliabile “consumare entro il …”. Un altro effetto di una crisi economica che non si arresta.
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