Non capita tutti i giorni di ristrutturare un vecchio casale in pietra di un paio di secoli fa, andarci a vivere preferendogli i grandi capoluoghi e poi, magari, adibire la vecchia stalla a spazio espositivo per l’arte contemporanea. È quanto accaduto proprio a me, che dopo quasi un ventennio di curatela indipendente, ho deciso di organizzare mostre… in casa, a Gualdo Tadino (Perugia, Umbria). Andy Warhol ha inaugurato la programmazione espositiva, continuata con un altro americano doc, Paul Paiement, nato in Minnesota ma stabilitosi a Long Beach molti anni fa, dalle installazioni geniali e una straordinaria capacità tecnica, e proseguita con Marc Chagall.

Artista romantico per eccellenza, ancora oggi Chagall fa sognare i visitatori di ogni età e provenienza geografica con i suoi sposi che volteggiano nell’aria, abbracciati o tenendosi per mano, leggeri e innamorati, anche oltre la morte. Nucleo portante della mostra “Marc Chagall. Le Notti Arabe ed altre storie…” sono proprio le 13 tavole realizzate dall’artista russo naturalizzato francese, nate per illustrare le “Mille e una notte”. La storia di tale ciclo è ben nota. Dopo essersi cimentato con l’illustrazione delle favole di La Fontaine e dei libri della Bibbia, fu ancora una volta l’amico Ambroise Vollard a suggerirgli di confrontarsi anche con la celebre raccolta di novelle orientali. Ciò accadeva verso la fine degli anni Venti.

Ci volle ancora qualche anno, ed arriviamo così all’inizio degli anni Trenta, per giungere ad un primo abbozzo del progetto, che però si arenò subito dopo. Chagall, infatti, rimase totalmente insoddisfatto dalla resa cromatica che i coevi procedimenti di stampa riuscivano a garantirgli. I tempi non erano ancora maturi, ma una quindicina di anni più tardi le cose cambiarono, proprio durante un viaggio negli Stati Uniti. Qui, infatti, incontrò Albert Carman, un esperto stampatore newyorkese che gli permise di ottenere quei colori saturi, a tratti persino acidi, che aveva rincorso per anni col medium litografico. Fu magia.

Nel 1948 il progetto vide la luce. Ma Bella, quella moglie amata sin dal 1909 quando entrambi erano poco più che ragazzi, morì appena quattro anni prima. Per questo la scelta delle storie da illustrare cadde su Il cavallo d’ebano, Julnar del Mare, Abdullah della Terra e Abdullah del Mare e, per ultimo, Kamal al-Zaman, ovvero quei racconti che, più di altri, sono pervasi dal motivo dell’amore e della morte. Ne deriva un mondo a cavallo tra Oriente e Occidente, dove gli innamorati si trasformano in uccelli, dove dominano le divinità del sogno e della notte, animali fatati, cavalli azzurri e principesse, ed in cui le tradizioni araba, ebraica, egizia, mesopotamica, indiana e persiana si mescolano indelebilmente.

Al fascino dei soggetti si aggiunse quello del virtuosismo tecnico, tanto che le 13 tavole litografiche a colori, presentate alla Biennale di Venezia di quello stesso anno -era la XXV edizione- ottennero il primo premio per l’incisione, quale massimo esempio di perfezione mai raggiunto prima con tale tecnica negli Stati Uniti. Un successo inebriante per Chagall.

Ebbene, la mostra permette di ammirarne la serie completa ed al contempo di conoscere uno Chagall inedito, decisamente sensuale e a tratti persino erotico, perfettamente in linea con quel senso di desiderio con cui la bella ed intelligente Sharāzād tiene in sospeso il re persiano Shāhrīyār per, appunto, mille e una notte, finché, ormai innamoratosi della giovane, le renderà salva la vita.

In mostra anche un’altra opera squisitamente statunitense, ovvero The Marc Chagall Plate by Georg Jensen (1972), un prezioso piatto in ceramica a tiratura limitata che riproduce una delle sue iconografie più ricorrenti, gli sposi avvinti in un tenero abbraccio.


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