Qualche mese fa (all’inizio di settembre), con non poca spocchia, Federica Ricciardi (al secolo ‘Lady Cerci’) salutò il passaggio del compagno dal Torino all’Atletico Madrid, componendo un velenoso post su Facebook: “Essere il migliore esterno della Serie A delle ultime due stagioni non basta […] In Italia si va avanti solo con prestiti, vecchie glorie riciclate, stranieri,[…] giocatori che costano zero. I calciatori più forti se vogliono fare qualcosa di importante devono scappare via. Saluti Serie A noi ce ne andiamo nel calcio che conta”.
Serve a poco, oggi, argomentare contro queste parole (sostenendo, per esempio, che l’esterno di Velletri è stato letteralmente forgiato dai tecnici italiani; o che “il migliore esterno della Serie A”, questa estate ha disputato un pessimo Mondiale, come tutti gli altri Azzurri; o, ancora, che sull’affidabilità di Cerci, ancora oggi, è molto difficile scommettere…): Cerci, infatti, è già precipitosamente ripiegato in Serie A. Al Milan. In prestito. Con buona pace della Ricciardi, quindi, il bell’Alessio tornerà a calcare i campi del campionato italiano: un calcio che “non” conta, ma che, con ogni evidenza, rappresenta la vera dimensione per l’ex torinista. E non solo.
Nel recente passato, infatti, non sono pochi i prodotti della Serie A che hanno convinto manager stranieri a investire su di loro: Balotelli (Liverpool), Cerci (A. Madrid), Cristante (Benfica), Immobile (Borussia Dortmund), Osvaldo (Southampton). Dopo qualche stagione di buon livello in Italia (o qualche scampolo di partita ben giocato, nel caso di Cristante), tutti questi atleti hanno potuto strappare ricchi contratti in tornei più competitivi e presso società più affidabili.
Prevedibilmente, però, le loro esperienze oltre confine sono state pressoché fallimentari: Balotelli fa tribuna ad Anfield, Cerci è già tornato in Italia, Cristante non gioca mai, Immobile è penultimo in Bundesliga e non è mai certo del posto, Osvaldo (pagato 17 milioni dal Southampton) è stato rifilato all’inter per circa 6 milioni (pagabili a rate).
Questa situazione è l’ennesima prova dell’involuzione del nostro calcio: chi eccelle in serie A, arranca in tornei più ricchi, veloci, atletici e competitivi. È un dato di fatto.
L’immagine del calcio italiano si deteriora così non solo per gli scarsi risultati di club e Nazionale, ma anche per i tanti fallimenti dei calciatori che provano l’avventura in terra straniera.
Il loro pronto ritorno nel ‘calcio che non conta’, poi, non fa che alimentare la decadenza della Serie A: giocatori che in Europa non risultano altro che mediocri interpreti del gioco, con le loro estemporanee cessioni, alimentano le stanche casse dei nostri club e, con i loro ritorni in Italia (dove fanno la differenza), contribuiscono ad illudere i tifosi circa la competitività delle nostre squadre, mentre, in realtà, non fanno altro che mantenere basso il livello complessivo del gioco.