Caponata and fresh bread (Photo: Elena Veselova/Dreamstime)

Some dishes strike a chord so profound to become synonymous with memories of a place, a moment, or even a person. Caponata is one such dish for me, intertwined with the memory of a dear friend from Sicily, whose culinary prowess is unrivaled: known for her heavenly caponata, she crafted a somehow secret recipe that continues to mystify all those fortunate enough to taste it. She’s a master at teasing us, her friends, with clues to her unique version of the Sicilian classic, without ever revealing quite enough to make it like hers. I’ve watched her labor over tiny, perfectly cut vegetables and roast pine nuts to golden perfection. She tends to her Caponata lovingly over two days, allowing the flavors to dance, mingle, and mature into a scrumptious harmony. But the essence of her masterpiece, the delicate balance of sugar and vinegar, remains a well-guarded secret, a mystery she carries with a playful smile. This exquisite culinary delight, under her deft touch, has easily become the most unforgettable caponata I have ever tasted. 

Without a doubt, caponata is an unrivaled protagonist of Sicilian gastronomy and has become one of the best-known dishes of Italian cuisine. This harmonious blend of eggplant, tomatoes, olives, and capers, creates a symphony of perfectly balanced sweet and sour that tantalizes the palate. 

When we look at its centuries-long history, it’s easy to see how caponata‘s evolution reflects the deep-rooted traditions and diverse cultures of the Mediterranean region. The etymology of the word “caponata” itself carries a tale, filled with speculation and mystery. Some theories suggest it may stem from the Greek word capto, reflecting the cutting of ingredients, a quintessential step in the dish’s preparation. Others believe the term echoes the Latin caupona, which refers to the taverns where sailors would relish bread garnished with capers, anchovies, and oil. A third notion connects “caponata” to “capone,” dolphinfish, a sought-after yet dry delicacy often served, once upon a time, with a sweet and sour sauce to the Sicilian élite. This theory opens a window into a past when economic limitations led to ingenious culinary improvisations: the common folk, unable to afford such luxury, cleverly substituted the fish with more economical eggplants, creating the caponata we love today.

The use of eggplants, the star ingredient in caponata, is a testimony to the resourcefulness and adaptability of Sicilian cooks. But, as pointed out by Serena Castellano in the food blog La Ricerca del Gusto, not all eggplant varieties are the same, when it comes to caponata, and you should use the violetta di Palermo. This specific variety, with its oblong shape, firm texture, and minimal oil absorption, forms the perfect backbone for caponata, letting the dish retain its iconic texture without becoming excessively greasy.

The queen of caponata is the eggplant (Photo: Alexander Mychko/Dreamstime)

As important as its core ingredients are, caponata does not adhere to a single formula. Instead, its preparation varies across Sicily, echoing the region’s distinctive local flavors and traditions. The classic version from Palermo teems with robust eggplant chunks, distinctive celery, finely chopped onions, and genuine Sicilian olives, all brought together by a tantalizing sweet and sour sauce. This assembly is then sprinkled with a dash of cocoa, adding a surprising but delightful twist to the dish.

Journeying from Palermo to Agrigentocaponata morphs, reflecting the taste of its new home. It introduces local favorites like friggitelli peppers, white or red onions, green and black olives, capers, honey, and chili pepper to its ensemble. Basil and nuts, be it pine or almond, add a unique crunch, further enhancing an already delightful gastronomic experience.

Caponata changes again around Platani, Quisquina, and Magazzolo, where the dish embraces the local produce. The Ciancianese variant showcases artichokes, while the Bivona version adds a touch of sweetness by incorporating local peaches and seasonal pears.

In the coastal city of Trapani, toasted almonds find their way into it, enhancing the traditional recipe. In Catania, eggplants and tomatoes take center stage, complemented by pine nuts and fresh basil. Catania’s culinary creativity didn’t stop there: in 1916, it introduced the caponatina, a variant marked by smaller vegetable cuts, the incorporation of potatoes, and the intriguing absence of the sweet and sour sauce.

The city of Messina offers its own spin on caponata, too, by swapping the traditional tomato sauce for peeled tomatoes, letting the vegetables’ freshness shine. Interestingly, Naples also has its own caponata variant, a simple recipe prepared with seasoned friselle, fresh tomatoes, garlic, oil, oregano, and basil, often garnished with anchovies and olives. This Neapolitan variety takes a daring step away from the norm, featuring no eggplants.

Caponata is truly more than just a dish: it’s an immersive culinary journey. Each local variant is a testament to the rich biodiversity, the deep-rooted culinary traditions, and the ingenuity of Sicilian cooks. It’s a celebration of Sicilian gastronomy, and of its diverse culinary landscape, all while retaining a distinct historical identity. From its origins as an exclusive treat to its widespread popularity, the journey of caponata is a truly delicious symbol of Sicilian cuisine.  

Alcuni piatti toccano una corda così profonda da diventare sinonimo di ricordi di un luogo, di un momento o anche di una persona. La caponata è uno di questi piatti per me, che si intrecciano con il ricordo di una cara amica siciliana, la cui abilità culinaria non ha rivali: nota per la sua caponata paradisiaca, ha creato una ricetta in qualche modo segreta che continua a confondere tutti coloro che hanno la fortuna di assaggiarla. È una maestra nel prendere in giro noi, i suoi amici, con indizi sulla sua versione unica del classico siciliano, senza mai rivelare abbastanza per renderlo simile al suo. L’ho vista lavorare su minuscole verdure tagliate alla perfezione e arrostire i pinoli alla perfezione aurea. Si occupa amorevolmente della sua caponata per due giorni, permettendo ai sapori di danzare, mescolarsi e maturare in una deliziosa armonia. Ma l’essenza del suo capolavoro, il delicato equilibrio di zucchero e aceto, rimane un segreto ben custodito, un mistero che porta con sé con un sorriso giocoso. Questa squisita delizia culinaria, sotto il suo tocco abile, è diventata facilmente la caponata più indimenticabile che abbia mai assaggiato.

Senza dubbio la caponata è protagonista indiscussa della gastronomia siciliana ed è diventata uno dei piatti più conosciuti della cucina italiana. Questa armoniosa miscela di melanzane, pomodori, olive e capperi, crea una sinfonia di agrodolce in perfetto equilibrio che stuzzica il palato.

Quando guardiamo alla sua storia secolare, è facile vedere come l’evoluzione della caponata rifletta le tradizioni radicate e le diverse culture della regione mediterranea. L’etimologia stessa della parola “caponata” porta un racconto, pieno di speculazione e mistero. Alcune teorie suggeriscono che potrebbe derivare dalla parola greca capto, che riflette il taglio degli ingredienti, un passaggio per eccellenza nella preparazione del piatto. Altri credono che il termine echeggi il latino caupona, che si riferisce alle taverne dove i marinai gustavano il pane guarnito con capperi, acciughe e olio. Una terza ipotesi collega la “caponata ” al “capone“, la lampuga, una leccornia ricercata ma asciutta spesso servita, un tempo, con una salsa agrodolce all’élite siciliana. Questa teoria apre una finestra su un passato in cui le limitazioni economiche portavano a ingegnose improvvisazioni culinarie: la gente comune, non potendo permettersi tale lusso, sostituì abilmente il pesce con melanzane più economiche, creando la caponata che amiamo oggi.

L’utilizzo delle melanzane, ingrediente protagonista della caponata, testimonia l’intraprendenza e l’adattabilità dei cuochi siciliani. Ma, come sottolinea Serena Castellano nel food blog La Ricerca del Gusto, non tutte le varietà di melanzane sono uguali, e quando si parla di caponata si dovrebbe usare la violetta di Palermo. Questa varietà specifica, con la sua forma oblunga, la consistenza soda e il minimo assorbimento di olio, costituisce la spina dorsale perfetta per la caponata, lasciando che il piatto mantenga la sua consistenza iconica senza diventare eccessivamente unta.

Per quanto importanti siano i suoi ingredienti principali, la caponata non ha un’unica ricetta. Piuttosto, la sua preparazione varia in tutta la Sicilia, riecheggiando i sapori e le tradizioni locali distintivi della regione. La classica versione palermitana è ricca di robusti tocchetti di melanzane, caratteristico sedano, cipolle finemente tritate e genuine olive siciliane, il tutto unito da una stuzzicante salsa agrodolce. Questo assemblaggio viene poi cosparso con un pizzico di cacao, aggiungendo un tocco sorprendente ma delizioso al piatto.

In viaggio da Palermo ad Agrigento, la caponata si trasforma, riflettendo il gusto della sua nuova casa. Introduce nel suo insieme specialità locali come peperoni friggitelli, cipolle bianche o rosse, olive verdi e nere, capperi, miele e peperoncino. Il basilico e le noci, che si tratti di pino o mandorla, aggiungono un crunch unico, migliorando ulteriormente un’esperienza gastronomica già deliziosa.

La caponata cambia ancora intorno a Platani, Quisquina e Magazzolo, dove il piatto abbraccia i prodotti locali. La variante Ciancianese mette in risalto i carciofi, mentre la versione Bivona aggiunge un tocco di dolcezza incorporando pesche locali e pere di stagione. 

Nella città costiera di Trapani, le mandorle tostate esaltano la ricetta tradizionale. A Catania melanzane e pomodori sono i protagonisti, accompagnati da pinoli e basilico fresco. La creatività culinaria catanese non si è fermata qui: nel 1916 introdusse la caponatina, una variante caratterizzata da piccoli tagli di verdure, l’incorporazione di patate e l’intrigante assenza dell’agrodolce.

Anche la città di Messina propone la sua versione della caponata, sostituendo la tradizionale salsa di pomodoro con i pomodori pelati, lasciando risplendere la freschezza delle verdure. È interessante notare che Napoli ha anche la sua variante di caponata, una ricetta semplice preparata con friselle condite, pomodori freschi, aglio, olio, origano e basilico, spesso guarnita con acciughe e olive. Questa varietà napoletana fa un passo audace rispetto alla norma, non prevedendo le melanzane.

La caponata è davvero più di un semplice piatto: è un coinvolgente viaggio culinario. Ogni variante locale è una testimonianza della ricca biodiversità, delle radicate tradizioni culinarie e dell’ingegnosità dei cuochi siciliani. È una celebrazione della gastronomia siciliana e del suo variegato panorama culinario, pur mantenendo una distinta identità storica. Dalle sue origini come leccornia esclusiva alla sua popolarità diffusa, il viaggio della caponata è un simbolo davvero delizioso della cucina siciliana.


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