L’undici agosto, il calcio italiano sarà chiamato a decidere una buona fetta del proprio futuro e, contemporaneamente, a lanciare un segnale forte e deciso. Ci saranno le elezioni del presidente della Federcalcio (Abete dimissionario, dopo il disastro Mondiale). I due sfidanti si pongono agli antipodi, ma forse solo apparentemente.
 
Carlo Tavecchio (classe 1943),  rappresenta alla perfezione il ‘vecchio’ mondo politico italiano (del calcio e non): democristiano di lungo corso, è attivo da anni in seno alla Figc (attualmente è presidente della Lega nazionale dilettanti) ed è stato più volte consulente governativo. La sua candidatura, supportata in primis dal presidente della Lazio Lotito e dall’Ad del Milan Galliani, sembra il tentativo di mantenere vive le ‘vecchie logiche’ che sin qui hanno guidato il calcio italiano e che, con ogni evidenza, ne hanno acuito a livelli spropositati debolezze e patologie.
 
Demetrio Albertini (classe 1971), invece, vanta un background meno compromesso. 
Grande calciatore, è entrato in Federazione nel 2006 ed è già stato vice commissario straordinario e Vicepresidente della Figc. Se è vero che si propone come una ‘scossa’ rispetto alle vecchie logiche di potere, l’ex mediano del Milan risulta però essere stato co-protagonista nella recente (disastrosa) gestione-Abete. 
 
Tavecchio si è rivelato un comunicatore approssimativo e un dirigente che sembra del tutto lontano dalle nuove politiche tipiche delle principali leghe europee. Finito nel mirino per le sue dichiarazioni (recenti) dal fastidioso sentore razzista e per quelle (storiche) poco lusinghiere nei confronti del movimento calcistico femminile, il presidente della Lega dilettanti ha perso molto del sostengo di cui godeva: numerosi presidenti di club hanno ritirato il loro appoggio e parole dure sono arrivate anche dal presidente del Coni Malagò e da molti calciatori e allenatori.
 
Albertini, sembra una soluzione del tutto preferibile. Se non altro a livello di freschezza e di impatto mediatico. Non pochi addetti ai lavori, però, fanno notare come ci siano perplessità anche su di lui, tacciato di rappresentare un rinnovamento solo apparente e una politica sportiva di preoccupante vuotezza. 
 
Nelle ultime settimane, allora, sta prendendo corpo una terza via che, per quanto difficilmente praticabile, rappresenterebbe davvero una rottura (forse) necessaria. Si parla, infatti, di un commissariamento della Figc che potrebbe favorire un vero reset in seno al ‘Palazzo’. 
 
Questa eventualità, però, non piace ai dirigenti e ai presidenti delle Leghe, sempre gelosi della propria indipendenza e della libertà di gestire il calcio senza un vero controllo esterno.
 
Attualmente, Tavecchio pare deciso a non ritirare la propria candidatura (Lotito lo sostiene più che mai, certo di poter ottenere in cambio la vice presidenza di Lega), ma dagli ambienti più vicini ad Albertini (Associazione Calciatori e Assoallenatori) ora filtra ottimismo: le fila della coalizione avversaria sono sempre meno numerose e, se un ‘ribaltone’ sembra comunque poco probabile, pare profilarsi la possibilità di un accordo che ponga comunque Albertini ai vertici della Federaione italiana Gioco Calcio (con o senza Tavecchio).
 
La partita è tanto incerta, quanto fondamentale: in palio c’è il futuro del Calcio italiano.
 
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