Con l’arrivo dell’autunno la Galleria Maurizio Nobile celebra l’arte bolognese con una mostra dedicata al disegno: Fogli Barocchi. Disegni bolognesi tra Seicento e Settecento. Ripercorrendo la felice stagione del disegno del Barocco bolognese, dal 5 novembre e fino al 23 dicembre la mostra presenterà una ricca selezione di circa 30 disegni dei più famosi ed importanti pittori che hanno lavorato nel panorama bolognese tra Seicento e Settecento.
Attraverso un’attenta e lunga ricerca storiografica e critica saranno proposti al pubblico disegni inediti e scoperte interessanti, oltre ad opere e lavori già noti agli studi.
Con il Seicento e in particolare con l’ascesa dei Carracci, si inaugura a Bologna una grande stagione di riforma dell’arte che restituisce al disegno una posizione di centralità nella creazione artistica.
Il disegno diventa non solo un esercizio per perfezionare la mano dell’artista, non solo un mezzo con cui lasciare sulla carta una prima idea dell’opera, ma anche un mezzo d’indagine e di comprensione della realtà. Tra gli eredi di questo approccio c’è sicuramente Giovanni Francesco Barbieri noto come il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1622). In mostra sarà esposto un suo disegno raffigurante un Vecchio ritratto a mezzo busto.
Se una parte della produzione grafica dell’artista documenta un vivo interesse per i temi e i soggetti anche più umili della realtà quotidiana indagata in presa diretta dal vero, mai il Guercino appare così crudamente indagatore della realtà umana. Per carica emotiva e introspettiva che emana la figura questo disegno è accostabile a un vero e proprio ritratto.
La realizzazione di un disegno aveva naturalmente anche lo scopo di preparare l’opera pittorica finale. È questo il caso di due fogli di grande formato, presenti in mostra, di due importanti protagonisti dell’arte bolognese dai temperamenti molto diversi tra loro, a cavallo tra i due secoli: Marcantonio Franceschini (Bologna 1648 – 1729) e Francesco Monti (Bologna 1685 – Brescia 1768).
Primo allievo del Cignani, lavorò lungamente con il maestro e con Quaini che divenne poi suo inseparabile aiutante, soprattutto a partire dagli anni ‘70 quando la sua fama gli procurò importanti commissioni anche dall’estero e fu “corteggiato” da molti sovrani europei. Agli anni ‘90 risalgono i primi incarichi per il principe Adamo Giovanni di Liechtenstein. Proprio per una delle tele del suo palazzo di Rorhau nei pressi di Vienna è preparatorio il foglio, in mostra, raffigurante il Trionfo di Flora e Zefiro. Questo e altri dipinti furono eseguiti in sostituzione della decorazione ad affresco, richiesta in prima istanza, e che non fu possibile realizzare per l’ostinato rifiuto del Franceschini di trasferirsi a Vienna.
Francesco Monti fu allievo di Sigismondo Caula a Modena e nel 1703 entrò nello studio di Gian Gioseffo Dal Sole, che allora rappresentava l’erede della lezione carraccesca contro l’accademismo di Marcantonio Franceschini. Nella sua bottega poté conoscere il giovane Donato Creti, avvicinandosi così alla tendenza più aggiornata della cultura pittorica felsinea, quella di Giuseppe Maria Crespi e Antonio Gionima. Il disegno in mostra rappresenta l’incontro di Cristo con la Samaritana al Pozzo, tradotto in pittura, con alcune varianti rispetto alla prova grafica, nel dipinto oggi conservato alla Galleria Estense di Modena.
Non mancano due fogli di Donati Creti, detto il Ragazzino (Cremona 1671 – Bologna 1749). Il primo, con la Testa di vecchio barbuto di profilo, è cosa giovanile e di forte carattere, sebbene si tratti, come spesso accade, di una testa ideale. L’altro è uno splendido Ecce Homo, legato in qualche maniera ai suoi fogli eseguiti al tempo del restauro dell’affresco di Ludovico Carracci nell’Oratorio dei Filippini a Bologna (1731). A questi si affiancano due disegni di Domenico Maria Fratta (Bologna 1696 – 1763), di Creti forse il miglior allievo, assai dotato sia nell’incisione sia nel disegno. Il primo è di soggetto tassesco; l’altro, con un Paesaggio arcadico, imita nello stile e nel soggetto i fogli sognanti del suo maestro.
E’ realizzato da Giuseppe Varotti (Bologna 1715 – 1780) l’episodio dell’Antico Testamento di Agar e l’Angelo.
Allievo del padre Pier Paolo, Giuseppe Varotti fu disegnatore e bozzettista esponente di spicco del così detto Barocchetto bolognese che lentamente riportava entro canoni di misurata leggerezza le ricche soluzioni estetiche del Barocco.
Saranno poi presenti in mostra alcuni fogli dei Gandolfi. Ubaldo (San Matteo della Decima, Bologna 1728 – Ravenna 1781) e Gaetano (San Matteo della Decima, Bologna 1734 – Bologna 1802), formati entrambi all’Accademia Clementina.
Del primo, che ebbe un’importante carriera ben oltre le “mura cittadine”, saranno presenti alcuni disegni a carattere mitologico e un inedito Studio di nudo maschile.
Di Gaetano Gandolfi, che dopo un viaggio di formazione a Venezia dove si aggiornò sulle novità stilistiche dell’epoca divenne uno degli esponenti di punta della pittura bolognese, sono presenti numerosi fogli, tra i quali una bellissima serie raffigurante quattro episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio. Si tratta di prove grafiche tarde che vedono lo stile del maestro “neobarocco” virare verso un recupero più deciso dell’eredità classica, sia nella scelta dei soggetti che nelle inflessioni neoclassiche dello stile.
Coetaneo di Gaetano, ma pittore diversissimo per formazione e stile, Pietro Giacomo Palmieri (Bologna 1737 – Torino 1804) sarà presente in mostra con una coppia di grandi fogli firmati e datati 1789, raffiguranti Scene campestri, genere amato dall’artista. Il secolo si conclude con una ricca selezione di disegni di Felice Giani (San Sebastiano Curone 1758-Roma 1823), pittore formatosi a Bologna presso Gaetano Gandolfi e figura di spicco del Neoclassico.