Le opere pittoriche di tre diversi artisti italiani sono riunite nella mostra Call For Papers in esposizione all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles dal 5 marzo al 5 aprile , curata da Anna Dusi e Giovanni Iovane, e organizzata dal Bice Bugatti Club di Milano e Building Bridges Art Foundation di Santa Monica, sotto gli auspici del Consolato Generale d’Italia.
Attraverso i loro dipinti Italo Bressan, Franco Marrocco e Alessandro Savelli cercano risposte alle domande dell’arte, ognuno a modo proprio, ma con alcuni significativi aspetti in comune, come sottolinea Luigi Rossi, presidente del Bice Bugatti Club e ideatore della mostra insieme al direttore di Building Bridges Art Foundation, Marisa Caichiolo.
In primo luogo, li accomuna una maturità artistica “che si esprime attraverso una tecnica e una sensibilità ormai consolidate, una fermezza di contenuti che permane mentre il loro lavoro continua a evolvere”, spiega Luigi Rossi. Tale maturità ha permesso a tutti loro di vincere, seppure in momenti diversi, il prestigioso premio Bice Bugatti – Giovanni Segantini e di realizzare questa esposizione a Los Angeles, che nei prossimi mesi potrebbe essere ospitata anche in altre città italiane e non. Fondato nel 2007, il Bice Bugatti Club collabora, infatti, con varie realtà internazionali, tra cui l’associazione Martadero in Bolivia, per promuovere scambi artistici e culturali con un’attenzione particolare all’arte contemporanea.
Proprio in quest’ottica di scambio, Alessandro Savelli aveva già esposto qui l’anno scorso, mentre per Franco Marrocco e Italo Bressan quest’occasione rappresenta il debutto losangelino, ma tutti e tre si dicono molto soddisfatti della risposta del pubblico italo-americano. Una selezione di dipinti di Franco Marrocco è anche ospitata presso la sede di Building Bridges nella mostra Work on Paper, curata da Anna Dusi e Marisa Caichiolo.
Da un punto di vista propriamente artistico, un altro tratto in comune è il superamento della natura per concentrarsi sugli elementi base, forma e colori, della pittura. Un processo che viene, però, affrontato da ognuno in modo estremamente personale: Franco Marrocco con uno stile più agitato e drammatico, Italo Bressan con colori e materiali quasi “sospesi”, Alessandro Savelli sperimentando con nuovi materiali e cromaticità. E tuttavia, alla base restano sempre la ricerca e il lavoro sistematico in studio, oltre all’uso del colore e del supporto cartaceo che in questo caso rappresentano il vero filo conduttore della mostra.
Perché la scelta della carta? Secondo i tre artisti questo materiale, seppure spesso più costoso della tela, rende il lavoro più immediato e spontaneo poiché trasmette l’idea di uno studio progressivo, di un progetto che man mano prende forma. Alessandro Savelli riconosce alla carta un fascino particolare, dato anche dalla sua portata storica e dalle caratteristiche di robustezza e durevolezza che garantiscono la conservazione dell’opera nel tempo. Inoltre, spiega Italo Bressan, nonostante la concentrazione e la meditazione siano le stesse di quando si lavora sulla tela, rispetto a quest’ultima la soggezione suscitata da qualcosa di definitivo e la paura di sbagliare risultano attenuate.
Eppure spesso è proprio l’errore, o meglio l’incidente di percorso, ad innescare il ragionamento e la scoperta di nuove possibilità espressive, ammette Franco Marrocco. Ed è questo il mistero dell’arte, che a volte può portare a un risultato molto distante rispetto a quella che era l’idea originaria. La pittura non è semplice esecuzione, sottolinea Italo Bressan, bensì una continua ricerca, e se ci si perde in essa può diventare “esistenziale”. Per questo è fondamentale per l’artista mantenere un certo distacco, essere al contempo spettatore del proprio lavoro dall’esterno per non restarne imprigionato.
E questa prospettiva di razionalità è senz’altro favorita dall’attività d’insegnamento, altro aspetto che accomuna il trio di artisti, tutti diplomati presso l’Accademia d’Arte di Brera a Milano, di cui oggi Franco Marrocco è direttore.
”Il rapporto con le nuove generazioni può essere difficile, ma noi stessi cambiamo e impariamo attraverso l’esperienza degli allievi”, sottolinea Marrocco. E Alessandro Savelli aggiunge: “Il compito di un professore, specie in un ambito difficile e selettivo come l’arte, è quello di dare attenzione a tutti gli studenti in egual misura, e soprattutto di essere loro utile trasmettendo la passione, gli strumenti e le conoscenze perché possano poi scoprire da soli la loro strada, senza imporre il proprio modo di dipingere”. Si tratta di un equilibrio molto sottile, in cui l’arte diviene mezzo per comprendere se stessi.
La dimensione di studio costante e ricerca di nuove visioni, pur conservando la propria identità artistica che si arricchisce di nuovi stimoli e ispirazioni, si riflette in un percorso evolutivo in cui un’opera può anche contraddire quella precedente.
“Osservando il lavoro di questi tre artisti in una sequenza temporale, si può cogliere un elemento che fa da catalizzatore e avvia un nuovo percorso artistico nel quale, però, la professionalità ritorna sistematicamente, rendendo le opere diverse, ma comunque collegate e lo stile riconoscibile”, rivela Luigi Rossi. E Alessandro Savelli conferma: “È una sorta di sfida continua: ogni artista considera il proprio quadro più bello quello che deve ancora dipingere”.