William Papaleo is a prominent painter whose dramatic depictions are full of controlled and potent emotion. The New York-born artist, a third generation American, captures the texture, colors and toil of Southern Italy, which has absorbed layers of history and sunlight for centuries.
Son of noted Italian-American writer Joseph Papaleo, Bill has lived in Italy for more than 20 years, currently in Vietri sul Mare, beautiful town at the eastern limit of the costiera amalfitana. In America he divides his time between New York and Cape Cod.
A transnational artist in harmony with the philosophy of Robert Henri, a leading figure of the Aschan School of American realism, Bill is inspired by “all art, poetry, music, dance and writing that attempts to get to the essence of what we are,” he says.
His fascinating solo show “Breaking Walls: An Emigrant/Immigrant Journey through Southern Italy” is on view through August 31 at the John D. Calandra Italian American Institute, New York.
The figurative painter mixes and mingles narratives of identity, belonging and displacement in exquisite oil paintings and ceramic pieces.
“I call myself an “Amero-Italian”, a hybrid in the modern immigrant sense,” he says.
You were captivated by Italy as a New York kid.
“In 1968, my father wrote a bestselling novel, “All the Comforts” and we had the opportunity to come to Italy while he wrote another novel. We stayed a year in Naples and visited the Amalfi Coast and other parts of Italy that left lasting impressions — all Italian art I saw and the paradoxes of the city of Naples fascinated me.”
Did your father influence your choice to move to Italy?
The book he wrote while we were here called “Out of Place” is about an Italian-American man who steals his children from school in the States and takes them to Italy because he can’t stand the negative American influence. The book explores how Italy influences the children and the Italian-American family. In a sense I am life imitating art.
An anecdote on your father? How did he communicate your Italian roots?
Our life dealt with that in many anecdotes and all his short stories, poems and novels. We had a lifelong dialogue about it through art and painting. He definitely communicated a lot through endless Italian dinner parties with dear friends, artists, writers and workers that would walk through the door. He would listen to everyone and create conversations with people from all walks of life. Through Italian food we would always come to stories of Italy. My father was born in New York but my grandmother was born in Salerno. My father’s grandmother was born in Calabria: She was very dark skinned and spoke in rhyme. The Italian-American family was embarrassed by her but she may have inspired him. He wrote a short story called “Nonna” that was translated into Italian and published in “Italian Stories”, which won the American Book Award in 2002.
Was he proud?
He was very pleased and proud when I first went to Italy on my own. Our relationship got much closer. He had wanted to be a painter before he became a writer so he felt like I had developed, completed a part of himself as well.
The nature of immigration is fluid and complex.
Yes, and transformative and transnational. You have to understand who you are before you can understand what you want to express. Accept the limits of the self before you can enter the universal self.
You try to understand the new immigration experience in a changing Italy by establishing a personal relationship with the immigrants you portray.
I feel I have to earn the right to paint someone, especially create trust with an immigrant that has suffered the trauma of being forced to leave their home.
As professor Fred Gardaphe notes, your “American” paintings vary a great deal from your Italian subjects both in color and composition.
There is truth in that observation. It is also true I am evolving, so my painting style has changed as well. When I return to the US I often have sensations from childhood but I see the country very differently.
When you travel between Italy and the US, it is a central experience alongside displacement. Is travelling, itself a kind of emplacement, one that co-exists with the notion and experience of displacement?
Yes, in a sense I finally feel at home in both places, yet as I have become more aware culturally, politically and psychologically I realize how every culture can be limited by its inability to perceive its own cultural blindness. It is a modern reality that many feel like strangers in a strange land.
In your father’s generation, the formation of Italian identity in America was unequivocally linked to the motherland. How do Italian-Americans view the old land today?
It is changing fortunately. There is still respect for Italy’s heritage but there is also more awareness that Italy has evolved too.
Naples was a seminal experience to you.
Naples for me was my baptism of fire in Italy. It doesn’t let you remain objective — you become part of it. I always return to Naples and my son lives there.
William Papaleo è un noto pittore le cui straordinarie rappresentazioni sono piene di emozioni controllate e potenti. L’artista nato a New York, americano di terza generazione, cattura la trama, i colori e il duro lavoro dell’Italia meridionale, che per secoli ha assorbito strati di storia e sole.
Figlio del noto scrittore italo-americano Joseph Papaleo, Bill vive in Italia da più di 20 anni, attualmente a Vietri sul Mare, bella città sul lato orientale della costiera amalfitana. In America divide il suo tempo tra New York e Cape Cod.
Artista transnazionale in armonia con la filosofia di Robert Henri, figura principale della Aschan School del realismo americano, Bill è ispirato da “tutta l’arte, la poesia, la musica, la danza e la scrittura che cerca di arrivare all’essenza di ciò che siamo” dice.
La sua affascinante personale “Rompere i muri: il viaggio di un emigrante / immigrato attraverso l’Italia meridionale” è in programma dal 31 agosto all’Istituto Italo-Americano John D. Calandra di New York.
Il pittore figurativo mescola e rimescola narrazioni di identità, appartenenza e ricollocazione in raffinati dipinti ad olio e pezzi di ceramica.
“Mi considero un ‘Amero-Italiano’, un ibrido nel senso moderno dell’immigrato”, dice.
E’ stato affascinato dall’Italia quando era un ragazzo di New York.
Nel 1968, mio padre scrisse un romanzo bestseller, “Tutti i Comforts” e abbiamo avuto l’opportunità di venire in Italia mentre scriveva un altro romanzo. Siamo stati un anno a Napoli e abbiamo visitato la Costiera Amalfitana e altre parti d’Italia che hanno lasciato impressioni durevoli: tutta l’arte italiana che ho visto e i paradossi della città di Napoli mi hanno affascinato.
Suo padre ha influito sulla scelta di trasferirsi in Italia?
Il libro che scrisse mentre eravamo lì s’intitolava “Fuori luogo” e riguarda un italo-americano che sottrae i suoi figli alla scuola negli Stati Uniti e li porta in Italia perché non può sopportare la negativa influenza americana. Il libro studia come l’Italia influenza i bambini e la famiglia italo-americana. In un certo senso io sono la vita che imita l’arte.
Un aneddoto su suo padre? Come le ha trasmesso le sue radici italiane?
La nostra vita tratta quello che c’è in molti aneddoti e in tutte le sue storie brevi, poesie e romanzi. Con esso abbiamo avuto un dialogo lungo tutto l’arco della vita attraverso l’arte e la pittura. Ci ha sicuramente comunicato molto attraverso le infinite festose cene italiane con cari amici, artisti, scrittori e lavoratori che varcavano la porta. Ascoltava tutti e faceva conversazioni con le persone provenienti da tutte le sfere della vita. Attraverso il cibo italiano arrivavamo sempre alle storie d’Italia. Mio padre era nato a New York, ma mia nonna era nata a Salerno. La nonna di mio padre era nata in Calabria: era molto scura e parlava in rima. La famiglia italo-americana era imbarazzata da lei, ma lei deve averlo ispirato. Ha scritto un racconto chiamato “Nonna” che è stato tradotto in italiano e pubblicato in “Storie Italiane”, che ha vinto l’American Book Award nel 2002.
Era orgoglioso?
Fu molto contento e orgoglioso quando andai in Italia da solo. Il nostro rapporto divenne più stretto. Avrebbe voluto essere un pittore prima di diventare scrittore, quindi sentiva come se io avessi sviluppato, completato, anche una parte di lui.
La natura dell’immigrazione è fluida e complessa.
Sì, ed è trasformativa e transnazionale. Devi capire chi sei prima di poter capire quello che vuoi esprimere. Accettare i limiti del sé prima di entrare nel sé universale.
Lei cerca di capire la nuova esperienza dell’immigrazione in un’Italia che cambia stabilendo un rapporto personale con gli immigrati che ritrae.
Sento che mi devo guadagnare il diritto di dipingere qualcuno, soprattutto devo creare fiducia con un immigrato che ha subito il trauma di essere stato costretto a lasciare casa sua.
Come osserva il professor Fred Gardaphe, i suoi dipinti “americani” variano molto dai suoi soggetti italiani sia per colori che per composizione.
C’è verità in quella osservazione. È anche vero che sto evolvendo, quindi anche il mio stile di pittura è cambiato. Quando ritorno negli Stati Uniti, spesso ho sensazioni dall’infanzia ma vedo il Paese in modo molto diverso.
Viaggiare tra l’Italia e gli Stati Uniti è un’esperienza centrale accanto al trasferimento. E’ il viaggio in sé una specie di riposizionamento, qualcosa che coesiste con la nozione e l’esperienza del trasferimento?
Sì, in un certo senso alla fine mi sento a casa in entrambi i luoghi, ma mentre sono diventato più consapevole culturalmente, politicamente e psicologicamente, mi rendo conto di come ogni cultura può essere limitata dalla sua incapacità di percepire la propria cecità culturale. È una realtà moderna che molti si sentono stranieri in terra straniera.
Nella generazione di suo padre, la formazione dell’identità italiana in America era inequivocabilmente legata alla madrepatria. Come oggi gli italo-americani vedono l’antica terra?
Sta cambiando fortunatamente. C’è ancora rispetto per l’eredità italiana, ma c’è anche più consapevolezza che anche l’Italia si è evoluta.
Napoli è stata un’esperienza determinante per lei.
Napoli è stato il mio battesimo del fuoco in Italia. Non ti consente di rimanere oggettivo – ne diventi parte. Ritorno sempre a Napoli e mio figlio vive lì.
Unlike many news organizations, instead of putting up a paywall we have eliminated it – we want to keep our coverage of all things Italian as open as we can for anyone to read and most importantly share our love with you about the Bel Paese. Every contribution we receive from readers like you, big or small, goes directly into funding our mission.
If you’re able to, please support L’Italo Americano today from as little as $1.