“Amo pensare alla vita di un vino. Il vino è un essere vivente. E amo immaginare l’anno in cui sono cresciute le uve di un vino. Se c’era un bel sole. Se pioveva. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve. Mi piace che il vino continui a evolversi. Che se apro una bottiglia oggi, avrà un gusto diverso da quello che avrebbe se lo aprissi un altro giorno. Perché una bottiglia di vino è un qualcosa che ha vita”.
Si rivolge così, in una placida serata tra i vigneti californiani, la romantica Maya (Virginia Madsen) all’amico Miles (Paul Giamatti) nel corso di “Sideways – In viaggio con Jack”, elegia eno-cinematografica (2004) diretta dal regista Alexander Payne.
Parole dettate dalla passione vera. Parole che paiono essere state scritte appositamente per raccontare nel modo più sincero e genuino il Vinitaly, la prima fiera del vino al mondo per superficie espositiva e numero di operatori esteri, quest’anno al giro di boa delle 50 edizioni più una sbarcata con un imponente piano di investimenti, maggiore internazionalità, occasioni di business e innovazione digitale.
Vino ma non solo. Al suo fianco si sono presentate anche Sol&Agrifood – Salone Internazionale dell’agroalimentare di qualità, ed Enolitech – Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole ed Olearie, giunto quest’anno alla 20° edizione.
Verona, 2017. Ancora una volta la quattro giorni nella città di Romeo e Giulietta è stata accompagnata da un sole tardo (molto tardo) primaverile. Si cammina molto. Si fa un po’ fatica. Si degusta ancora di più. Varcare i cancelli di Veronafiere è come addentrarsi in un mondo a parte. Una “WillyWonkiana” fabbrica del vino dove al posto di uno stramba creatura a guidarti, ci sono gli aromi di uve da tutto il globo.
I numeri crescono di anno in anno. Le tre fiere insieme hanno visto la presenza di 4.768 aziende. Vinitaly da solo, con 4.272 espositori provenienti da 30 Paesi diversi, ha fatto registrare un incremento del 4 per cento sull’anno precedente e una crescente importanza di presenze estere. La vocazione internazionale è indubbia.
Oltre ai padiglioni regionali italiani, sta riscuotendo sempre più successo Vininternational con gli espositori esteri. Diversificata la provenienza, con l’adesione di cantine da Stati Uniti, Ungheria, Polonia, Russia e per la prima volta da Andorra, Kosovo e Giappone, quest’ultimo con cinque aziende produttrici di sake.
Consolidata la collettiva della Spagna realizzata in collaborazione con Icex, si sono confermate le presenze di produttori da Francia, Azerbaijan, Georgia, Argentina, Portogallo, Australia, Sudafrica e Croazia.
In questa nuova edizione inoltre sono stati cinquemila i nuovi buyer registrati con il servizio free badge per l’edizione 2017, provenienti in particolare da USA (da una ventina di Stati della confederazione), Cina, Hong Kong, Australia, Canada, Francia, Danimarca, Belgio, Germania, Giappone, Svizzera, Norvegia, Svezia e Russia. Tra questi in aumento gli arrivi previsti anche da Taiwan e Brasile e, nonostante l’imminente Brexit, il Regno Unito ha aggiunto 400 nuovi operatori del trade.
Il commercio inevitabilmente riflette gli umori politici, e com’era prevedibile, prima la rottura britannica con l’Unione Europea e poi la linea protezionista del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, hanno lasciato più di qualche punto interrogativo sul futuro dell’esportazione verso quei “lidi”.
Domande sì, ma nessuna flessione o reverenziale timore. “Le potenzialità per l’export di vino italiano nella Grande distribuzione britannica (le insegne Majestic and Waitrose in primis) sono grandi”, ha sottolineato Alex Canneti della Berkmann Wine Cellars di Londra, “non solo per le bollicine, ma anche per il vino rosso. Pensiamo al Cannonau, al Passimento/Amarone, al Chianti Classico, al Veneto Classico e ai morbidi e succosi vini siciliani e pugliesi. Buone anche le prospettive dei nuovi bianchi di tendenza, come il Fiano, il Vermentino, il Pecorino e il Grillo. E non dimentichiamo il successo che si registra da anni delle fantasy label”.
Il 51°Vinitaly infine ha calato il sipario registrando 128mila presenze da 142 nazioni. “I numeri di questa edizione” ha concluso il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani “testimoniano la crescita del ruolo b2b di Vinitaly a livello internazionale, con buyer sempre più qualificati da tutto il mondo. Basta guardare alla top ten delle presenze degli operatori stranieri che mostrano incrementi da quasi tutte le nazioni: Stati Uniti (+6%), Germania (+3%), Regno Unito (+4%), Cina (+12%), Francia e Canada (stabili), Russia (+42%), Giappone (+2%), Paesi del Nord Europa (+2%), Olanda e Belgio (+6%). A questa lista si aggiunga la buona performance del Brasile (+29%), senza dimenticare il debutto assoluto a Vinitaly di Panama e Senegal. Per quanto riguarda invece l’Italia, assistiamo ad un consolidamento degli arrivi da tutte le regioni del Paese”.