A Venezia è tornata l’antica tradizione del ponte di barche che collega le Fondamenta Nove con l’entrata monumentale del cimitero di San Michele durante la settimana della Commemorazione dei Defunti. L’ultima volta accadde in un’altra epoca. Era il 1950. La II Guerra Mondiale si era conclusa da pochi anni. Forte del sostegno degli Stati Uniti, l’Italia si stava lentamente ricostruendo, e presto sarebbe nata la CEE, la Comunità Economica Europea (1957). Il mondo stava ricominciando a prendere confidenza con la normalità del quieto vivere, oggi nel vecchio continente (quasi) all’ordine nel giorno.
Il legame col passato e i cari estinti era e rimane un valore imprescindibile con cui confrontarsi. Quest’anno a Venezia è stato possibile qualcosa di eccezionale. Come già accade in occasione delle festività del Redentore (a luglio), della Salute il prossimo 21 novembre e della VeniceMarathon, per dieci giorni, da giovedì 31 ottobre a domenica 10 novembre, è stato possibile recarsi al cimitero camminando su di un ponte galleggiante. Una struttura questa, lunga circa 407 metri e larga 15,5 con elementi modulari, con un varco alto 3,5 metri e largo 10 per consentire il passaggio delle imbarcazioni.
Nei giorni precedenti la festività del 2 novembre, i residenti e gli ancora tanti turisti presenti in città, complice un clima primaverile e un’estate di San Martino arrivata con largo anticipo, hanno potuto ammirare un’ampia porzione del ponte votivo attaccata al cimitero, in particolare da ponte Donà (separante il rio dei Gesuiti dalla laguna) e in generale lungo le Fondamente Nove.
Per molte generazioni, un’occasione davvero unica per rimettere piede su di una tradizione (fortemente voluta dal sindaco Luigi Brugnaro in carica dal 2015) che sembrava svanita nelle nebbie, anch’esse molto cambiate rispetto al passato. Se fino a una ventina d’anni fa la tradizionale due giorni dedicata alla festività di Ognissanti e i Morti era sinonimo di freddo pungente e nebbioni da tagliare quasi col coltello (“caigo” in dialetto veneziano), nel terzo millennio il panorama climatico è decisamente cambiato in laguna con autunni molto più tiepidi. Non sarà difficile dunque attraversare il ponte votivo dei Defunti baciati da un accogliente e rispettoso buon tempo novembrino.
Quasi in parallelo all’aumento costante dei visitatori nella città, anno dopo anno Venezia si stringe sempre più forte attorno alle proprie tradizioni, dando ad esse nuovo impulso. Dalle sue peculiarità (vetro, merletto, arte) alle tradizioni legate al tessuto cittadino, su tutte la voga alla veneta i cui eventi cominciano ad attirare sempre più curiosi così come la sua pratica direttamente nel dedalo di canali tra i vari sestieri.
Questa volta è stato il turno della Commemorazione dei Defunti. Nonostante la scelta del Comune non sia piaciuta a tutti, vedendo in essa l’ennesima concessione al turismo di massa, è indubbio che il ritorno del ponte votivo ha spinto anche chi solitamente snobba la festività, a provare l’ebbrezza attraversare a piedi una porzione anomala di laguna e, con l’occasione, di andare a salutare chi non c’è più, magari sedendosi davanti alla lapide dei propri cari per raccontare loro di questa novità.
Un ponte che chissà, magari gli stessi “cari estinti” avevano attraversato quando erano bambini. Un ponte che pare immaginato per unire due mondi. Quello dei vivi e quello soprannaturale, così come veniva poeticamente raccontato nella fiaba animata Coco (2017), portata sul grande schermo dalla creativa sensibilità dei Pixar Animation Studios, e ambientato proprio durante la festività messicana del Día de Muertos, equivalente del nostrano Giorno dei Morti. Adesso è il turno di Venezia. I nostri cari ci aspettano, aldilà di uno storico e “bentornato” ponte di barche.