Natale non è un periodo “turistico” per Venezia eppure la magia delle luci e il calore delle feste può renderla ancora più sorprendente © Mauro Scattolin | Dreamstime.com

L’antica Repubblica Marinara, nel mese di dicembre, torna ad essere una piccola isola per i suoi cittadini. Le festività natalizie non sono mai state una tappa gettonatissima dalle masse. Anche nei tempi di super-invasione turistica, molti hotel addirittura chiudevano per ferie e gli appartamenti in affitto, abbassavano i prezzi all’inverosimile, rimanendo spesso sfitti. Così, in questo periodo, sono soprattutto i residenti a coccolarsi Venezia.
Venite allora a scoprire, insieme a me, una Venezia come non l’avete ancora vista, incominciando questo viaggio all’inizio del Canal Grande, a bordo del vaporetto più lento: la linea 1, quello che fa tutte le fermate. Voglio arrivare fino al bacino San Marco. Attraverserò l’intera arteria lagunare, toccando le fermate di tutti i sestieri: Cannaregio, Santa Croce, Dorsoduro, San Polo, Rialto e Castello, smontando infine alla fermata di San Zaccaria. Da lì in poi, procederò a piedi. Camminando e camminando ancora.

Inizio il mio tour in una secca e fredda giornata invernale. L’alta marea ha dato finalmente un po’ di tregua. Salito a bordo nel pontile della stazione S. Lucia, sono pochi i passeggeri presenti. Non sono neanche le 10 di sera e in alcune fermate addirittura non sale né scende nessuno. Vado a sedermi a poppa, fuori, stringendomi nel giaccone e infilando i guanti. Nel giro di un quarto d’ora passo sotto l’imponente ponte di Rialto. Qualcuno ancora indugia lassù, ma sono davvero in pochi. Proseguo oltre, saltellando da una sponda all’altra. Sui nobili palazzi affacciati sul Canal Grande, brillano le decorazioni natalizie. Scorgo qualcuno alla finestra. C’è chi legge. Chi è in cerca dell’ispirazione. C’è chi è pensieroso. Altri quindici minuti e tocca all’altro celebre ponte, quello dell’Accademia. Il vaporetto quasi pattina sull’acqua. C’è poca voglia di parlare a queste ore. Le teste non sono reclinate sugli smartphone. Tutti sembriamo attratti dallo stesso “monotono” panorama (si fa per dire): Venezia! La mia meta intanto si avvicina.

Superata anche l’imponente Basilica “Longheniana” della Salute, inizio a intravedere un riflesso colorato. Quando mi stacco dalla fermata di San Marco e il vaporetto si allarga nella traiettoria acquea, mi appare il grande albero di natale. Dopo alcuni esperimenti “moderni”, ultimo dei quali l’installazione dorata di Fabrizio Plessi, l’albero di natale digitale, quest’anno si è tornati a “Madre Natura”. Un albero vero e proprio con corteccia e rami: un abete di 13 metri, posizionato nella piazzetta tra Palazzo Ducale e la Biblioteca Marciana, davanti alle colonne con sopra le statue dei santi protettori della città: San Marco e San Todaro. A separarmi per ora dal contatto ravvicinato con l’albero, il ponte della Paglia, quello da cui milioni di turisti si soffermano per ammirare il ponte dei Sospiri. Una volta smontato, quando ci passo, il solo battito che sento è quello dentro di me. L’albero è una vera cascata di luce, con le palle che riflettono il meraviglioso panorama architettonico-lagunare. Poco dopo sono in piazza San Marco.

Da quando ho memoria, i portici delle Procuratie Vecchie e delle Procuratie Nuove sono sempre stati una cascata di addobbi splendenti. Le passate limitazioni da covid hanno messo all’angolo tutte le realtà commerciali, perfino lo storico Caffè Florian. Vado su e giù un paio di volte, passando anche davanti all’ingresso del Museo Correr. Guardo l’immensità della Basilica di San Marco. Passo dopo passo, mi avvicino sempre di più. I suoi mosaici e i suoi cavalli, seppur avvolti nell’oscurità, li vedo meglio adesso rispetto a milioni di frettolosi passaggi diurni. Venezia è silenziosa.
Salutati anche i due leoncini dell’omonima piazzetta, che il 2 novembre 2022 festeggerà 300 anni di esistenza, proseguo per la via dello shopping turistico per eccellenza, le Mercerie, in questo momento romantiche come qualsiasi altro scorcio nascosto della città. Calli, ponti, campielli. Incrocio lo sguardo di Messer Goldoni, il re della commedia veneziana, la cui statua si erge fiera in campo San Bartolomeo (San Bortolo, per i veneziani), poi finalmente eccomi in Strada Nova, la via veneziana più facile e che mi riporterà esattamente dov’ero partito. Ma invece di un lungo e monotono segmento, zigzago tra le callette laterali, in principio buttandomi sul Canal Grande, in uno di quei tanti approdi che durante la Regata Storica, la più amata delle manifestazioni della tradizione remiera, è impossibile trovare libero, anche solo per sedersi in un angolino. Ripresa la strada maestra, vado dalla parte opposta, perdendomi nel labirinto di Cannaregio, e passando prima davanti alla statua del teologo Paolo Sarpi, e poi arrivando fino al maestoso gotico della Chiesa della Madonna dell’Orto.

In tutto questo tempo, ci sono solo i miei passi e le finestre dei veneziani illuminate a festa. Nell’attraversare le lunghe fondamenta, incontro una vecchia conoscenza di rientro su un piccolo sandolo (tipica imbarcazione veneziana). Gentile, mi offre un passaggio. Un’occasione che non mi faccio certo sfuggire, godendomi un breve ma intenso tour notturno tra i canali, come se fossi un turista neofita, degna conclusione di una passeggiata natalizia mozzafiato.
Qualcuno potrà pensare che sia normale per i veneziani godersi la città in barca a remi la notte. Non è così. Sono in pochi a vivere Venezia da questa privilegiata posizione. Qualcosa comunque sta cambiando e l’interesse, anche dei giovani, per la voga alla veneta sta crescendo sempre di più. Smontato all’altezza del ponte delle Guglie, ho voglia di camminare ancora un po’, fino al ponte Tre Archi. D’estate è una delizia indugiare lassù. Umidità o meno, un po’ di brezza arriva sempre comunque. Adesso attorno a me ho solo le stelle e le luci intermittenti. Questo momento è solo nostro, prezioso. Buona notte di Natale da Venezia.

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