Grandi cetacei, dinosauri e i segreti della laguna: merita più di una visita il Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue a Venezia (Ph Luca Ferrari)

Cento di questi… anni! Il Museo di Storia Naturale di Venezia ha segnato una storica “tripla”! Nel lontano 1923, nel Fontego dei Turchi appositamente restaurato, nacque il nuovo Museo Civico di Storia Naturale. Cent’anni dopo, più in forma che mai, è il più visitato del settore nel Veneto, il più frequentato dai veneziani e guarda con ottimismo al futuro.
Dove si trova questo inestimabile e secolare scrigno di sapere? A dispetto di altre realtà museali più “nascoste”, è visibile a chiunque attraversi il Canal Grande. Per ammirare la storica sede, è sufficiente sporgersi sul lato destro della via acquea, dalla parte del sestiere di Santa Croce. Incastonato tra Riva de Biasio e San Stae, il palazzo fu eretto nel XIII secolo per volontà del nobile Giacomo Palmieri, capostipite della famiglia Pesaro. Impossibile non notare la facciata in stile bizantino-gotico veneziano e la merlatura con patere e formelle. Venduto alla Serenissima nel 1381, il palazzo fu utilizzato come sede di rappresentanza, alternando la proprietà alla vendita alle famiglie patrizie veneziane, senza dimenticare “l’importante parentesi dei mercanti turchi”. Acquistato definitivamente dal Comune nel XIX secolo, iniziò un importante lavoro di restauro diretto dall’ingegner Federico Berchet, con il contributo del governo austriaco, che portò al ripristino delle due torrette laterali.

Il Museo di Storia Naturale di Venezia consta di oltre due milioni di pezzi. Al nucleo originario, costituito dalle collezioni naturalistiche di proprietà del Museo Correr e dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, si sono aggiunte nel corso dei decenni altre raccolte per donazioni, depositi o acquisizioni. Oltre alle storiche collezioni Olivi, Contarini, Nardo, Trois, Spinelli, Zanardini, Innocente, A.P. Ninni, E. Ninni, ecc. sono presenti, per nominare solo le maggiori, la collezione entomologica Giordani Soika (1983), la collezione Bisacco Palazzi (1986), la collezione malacologica Cesari (1993) e, più recentemente, la collezione Ligabue e la collezione ornitologica Perale. Da ricordare infine le collezioni etnologiche africane di Miani, De Reali e Forin.

Il piano terra del Museo ospita la Galleria dei Cetacei con lo scheletro di una balenottera e di un giovane capodoglio, e l’Acquario delle Tegnùe, che ricostruisce un particolare ambiente roccioso sommerso dell’Alto Adriatico. Il secondo piano invece, ospita tre sezioni. Ognuna è un mondo a sè: “Sulle tracce della vita”, dedicata ai fossili e alla paleontologia; “Raccogliere per stupire, raccogliere per studiare”, racconta l’evoluzione del collezionismo naturalistico e la nascita della museologia scientifica; “Le strategie della vita”, illustra la varietà delle forme viventi e la complessità di adattamenti e specializzazioni.

Tra le sezioni più amate, quella dei dinosauri. In un tour degno del miglior Spielberg “giurassico”, si comincia dai fossili, passando alla comparsa dei primi organismi viventi visibili a occhio nudo (700 milioni di anni fa) fino alla presenza dell’uomo (Homo sapiens), 40 mila anni fa. Nella prima sala ecco un imponente scheletro quasi completo del dinosauro Ouranosaurus nigeriensis, grande oltre 7 metri, e il cranio del gigantesco coccodrillo Sarcosuchus imperator, che insieme ad altri reperti di oltre 100 milioni d’anni, furono recuperati nel deserto del Tenerè (Niger), a Gadoufaoua, durante la spedizione scientifica che Giancarlo Ligabue organizzò nel 1972-73, in collaborazione con Philippe Taquet dell’Istituto di Paleontologia del Museo di Storia Naturale di Parigi.
In occasione del centenario è stato possibile ammirare le collezioni scientifiche che sono conservate nei depositi e non visibili al pubblico. La forza di un museo però, non è solo nell’offerta ma nel saper coinvolgere il pubblico e in questo il museo veneziano è vincente.


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