Si staglia solenne e luminosa di fronte a San Marco. E’ una delle migliori espressioni dell’architettura barocca veneziana e il suo corpo centrale a forma ottagonale, circondato da sei cappelle minori, fa da base a una grande cupola emisferica. Sulla sommità della cupola maggiore si trova la statua della Vergine con il bastone di Capitana de mar.
Eretta nell’area di Punta della Dogana, dove risalta maestosa nel panorama del Canal Grande, fu progettata da Baldassare Longhena con attenzione ai modelli strutturali introdotti da Palladio dando prospetti diversi a seconda che si osservasse il tempio dal Canal Grande, dal sottostante Campo della Salute, dal Bacino di San Marco, dal Canale della Giudecca o dal Rio Terà.
Si accede da una imponente gradinata che prima sembra emergere dall’acqua e poi continuare fino all’ingresso del Santuario. La facciata è arricchita da statue che continuano all’interno seguendo il tema della glorificazione di Maria che, nella rotonda maggiore, precede l’altare della natività della Madonna, quello dell’Assunta e quello della presentazione al Tempio di Maria.
Sotto la cupola centrale, nell’ampio spazio luminoso, si aprono sei cappelle laterali, che fanno da corona alla rotonda minore che funge da vero e proprio santuario con la preziosa e venerata immagine della Madonna della Salute, le Mesopanditissa.
Stiamo arrivando al punto cruciale.
L’altare maggiore colpisce per lo splendido gruppo marmoreo dello scultore fiammingo Juste Le Court che mostra la Vergine con il Bambino in braccio, sopra un masso di nubi con tre putti angelici ai piedi. Una donna riccamente adornata ricorda la città di Venezia che sta supplice in ginocchio ai piedi della Madonna. Infine l’elemento chiave, la spiegazione di questa grande rappresentazione monumentale: un angelo con la fiaccola caccia la peste che fugge precipitosa.
Ecco è proprio qui il senso di questo capolavoro architettonico nato come un ex voto: “Eriger in questa Città e dedicar una Chiesa alla Vergine Santissima, intitolandola a Santa Maria della Salute”. Ed è proprio in questo particolare che si motiva la nostra attenzione in tempi di funesta pandemia da Covid-19.
Alla fine del 1629 la Lombardia e il Veneto furono colpite dalla peste. Un’epidemia violenta che fu preceduta da una grave carestia. La peste fu portata da un ambasciatore del duca di Mantova Carlo I Gonzaga Nevers, che venne internato nel Lazzaretto Vecchio, ma gli bastò entrare in contatto con un falegname per infettare la città, a partire da Campo San Lio.
Il contagio si diffuse rapidamente a Venezia, e le autorità della Repubblica Serenissima invocarono un’intercessione celeste affidando le sorti della Serenissima alla Madonna.
Il 22 ottobre 1630 il voto del patriarca Giovanni Tiepolo diceva anche anche che “ogni anno, nel giorno che questa Città sarà pubblicata libera dal presente male, Sua Serenità et li Successori Suoi andranno solennemente col Senato a visitar la medesima Chiesa a perpetua memoria della Pubblica gratitudine di tanto beneficio”.
Il 26 ottobre in Piazza San Marco il Doge Nicolò Contarini, il clero e il popolo si riunirono a pregare.
Per fare spazio alla nuova chiesa si scelse di demolire un soppresso complesso religioso (la Chiesa della Santissima Trinità con convento e la sua scuola) adiacente alla Punta da Màr, la dogana di Venezia.
La costruzione fu affidata a Baldassare Longhena, che spiegò il progetto come quello di una grande chiesa “in forma rotonda e di corona, per essere dedicata alla Vergine, opera d’invenzione nuova e mai fabbricata prima a Venetia”. All’interno si stabilì che l’altare sarebbe stato marmoreo, per cui il governo veneziano diede ordine di ricercare il candido marmo di Carrara.
Il lavori furono rapidi e il tempio votivo della Madonna della Salute divenne subito meta di pellegrinaggi. A cominciare dal 21 novembre del 1631 quando la peste a Venezia venne finalmente dichiarata debellata.
Il bilancio era drammatico: erano morti 80.000 veneziani, e altre 600.000 persone nel territorio della Serenissima, da Brescia a Trieste, dal Polesine a Belluno. Fra loro il Doge e il Patriarca.
Ogni anno il 21 novembre, giorno della Presentazione della Beata Vergine Maria, si festeggia la festa della Madonna della Salute in cui i veneziani attraversano un ponte, per secoli fatto di barche, ora galleggiante fissato su pali, che va da San Marco alla basilica e vi si recano a pregare. Insieme alla Festa del Redentore, è ancora oggi una delle feste popolari più amate e partecipate dai veneziani. In tale occasione, tradizionalmente, i veneziani consumano la “castradina”, piatto a base di montone.
Un’iscrizione incisa nel tondo al centro della Basilica, “Unde origo inde salus” ovvero da Maria nacque Venezia, da Maria venne la salvezza, ricorda quel dramma antico.
Il 1 marzo 2020, nel pieno dell’epidemia di Coronavirus che, come la terribile peste di ieri, sta mietendo vittime soprattutto in Lombardia e Veneto dove il virus è esploso con i primi inarrestabili focolai, il Patriarca di Venezia monsignor Francesco Moraglia ha affidato la salvezza della città e di tutte le terre venete, ancora una volta, all’intercessione della Madonna presso il Signore Gesù Cristo, celebrando la Messa della I domenica di Quaresima nella Basilica della Salute.