Cosa può significare per l’Italia che punta tutto sulla sua biodiversità e sulla qualità alimentare il partenariato transatlantico tra Usa ed Europa? 
All’Expo di Milano, L’Italo-Americano ha intervistato il parlamentare italiano Nicola Danti, componente della delegazione europea per il Commercio internazionale che ha fatto una visita ufficiale all’Esposizione.

Nicola Danti, europarlamentare italiano e componente della Commissione per il Commercio internazionale

Rischi e opportunità del Ttip per il nostro Paese.
Intanto va detto che coinvolge due grandi economie del mondo che insieme rappresentano un terzo degli scambi internazionali. È un accordo che potrebbe portare molti benefici, soprattutto alle imprese italiane, per la possibilità di aprire a una maggiore collaborazione tra i due partner Ue e Usa. Già adesso l’Italia ha una bilancia commerciale molto favorevole nei confronti degli Usa ma con una cooperazione che rende più omogenei i regolamenti per la produzione di merci, si darebbe un’opportunità in più per acquisire nuove fette di mercato negli Usa e soprattutto per arrivare ad un abbattimento dei dazi doganali che in questo momento stanno penalizzando soprattutto le produzioni tipiche italiane: dalla moda alle calzature, all’agroalimentare.  
È un accordo complesso e difficile ma riteniamo che sia una grande opportunità per l’Italia e per l’Europa intera.
 
Aprire il mercato salvaguardando i prodotti italiani ed europei. È possibile?
Questo è uno degli obiettivi su cui puntiamo e questo è scritto bene nella relazione che l’Europarlamento sta approvando: il riconoscimento delle indicazioni geografiche per i prodotti agroalimentari europei. 
Sappiamo che oggi questi prodotti negli Stati Uniti non hanno alcuna protezione. Anzi, noi italiani siamo penalizzati dai tanti prodotti che spacciano un nome italiano (è il cosiddetto italian sounding), che utilizzano bandiere italiane o nomi di prodotti simili ai nostri ma che invece sono fatti in altre parti del mondo. Con un buon accordo commerciale potremmo tutelare almeno quelle che sono le produzioni che hanno le Dop, le Igp, le Doc, che rappresentano una delle eccellenze per il nostro Paese e per la stessa Europa.
L’Italia punta molto sull’etichettatura. I fake products sono una minaccia anche in casa nostra. Però ci sono altri due problemi grossi nel rapporto con gli Stati Uniti: gli Ogm, che in Italia sono sostanzialmente banditi, soprattutto se si punta sulla qualità dei prodotti, e l’utilizzo di ormoni nell’allevamento del bestiame.
Come Europa abbiamo detto chiaramente che uno dei punti chiave della trattativa è che non abbiamo intenzione di abbassare gli standard di qualità europei. La trattativa con gli Stati Uniti la vogliamo portare avanti con forza, con determinazione. Riteniamo che sia strategica in un mondo globale che discute e che commercia in ogni sua parte, però è chiaro che questo non può voler dire per l’Italia e per l’Europa un abbassamento degli standard. Il principio di precauzione è uno dei principi essenziali delle politiche fitosanitarie e sanitarie alimentari europee, è un principio che deve rimanere e rimarrà anche dopo l’accordo con gli Stati Uniti.
 
Qui a Expo c’è stato un avvicinamento “personale” tra Italia e Usa con la visita di Michelle Obama. 
Penso che questa sfida dovremmo giocarla con gli Stati Uniti non come una competizione, uno contro l’altro, ma sapendo che avendo standard elevati noi possiamo dare una mano a tutto il mondo a innalzare i propri standard per avere prodotti più ecocompatibili e per tutelare di più questo nostro pianeta.
 
Michelle Obama a Milano, incontrando alcuni studenti, ha insegnato loro a cucinare e “stranamente” ha usato grana padano e aceto balsamico, prodotti molto più vicini alla nostra dieta che non a quella americana. Senza dimenticare che la first lady è promotrice di un’alimentazione più sana, c’è anche in America una cultura che si sta avvicinando a quella mediterranea.
Penso che i nostri prodotti non abbiano problemi a essere apprezzati nel mondo per la qualità, la salubrità, la bontà. Per questo credo che si possa fare un buon trattato con gli Stati Uniti, perché alla fine noi abbiamo prodotti che sono assolutamente vincenti, che vengono apprezzati nel mondo e vogliamo anche che da qui in avanti, con questo trattato, i nostri prodotti originali siano realmente tutelati e non surclassati dai falsi con falsi nomi e con false bandierine italiane sulle confezioni. Da questo punto di vista penso che, se faremo un buon accordo che riconoscerà le Dop e le Igp come il Parmigiano o l’aceto balsamico (l’Italia è la nazione che ha più denominazioni di origine in Europa), Michelle Obama e tutti gli americani potranno apprezzare ancora di più prodotti di alta qualità come i nostri.
 
A Expo gli Stati Uniti propongono un cibo 2.0 risultato di  nuove tecnologie produttive. 
Le nostre produzioni oggi hanno un alto tasso di innovazione e tecnologia. C’è anche nei prodotti più tipici, più classici, più tradizionali, perchè c’è un’agricoltura che si è innovata in questi anni e che vuole innovarsi sempre di più. In questo senso noi chiediamo che le nuove tecnologie mantengano chiaramente la tradizione ma possano essere utilizzate per produrre con più qualità, minor spreco di energie, minor impiego di acqua. 
Insomma auspichiamo un’agricoltura capace di usare tutte quelle che sono oggi le opportunità per rendere ecocompatibili le produzioni agroalimentari. 
 

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