Giulio Turcato, scomparso nel 1995, è considerato tra i maggiori esponenti dell’astrattismo e dell’informale italiano. La Galleria Il Ponte di Firenze, in collaborazione con Paola De Angelis e la Galleria Milano di Milano, ha allestito fino al 14 aprile 2017 una mostra dedicata all’instancabile pittore, tra i promotori dell’Art Club (1945) e di Forma I (1947), del Fronte Nuovo delle arti, del gruppo degli Otto (1950) e di Continuità (1960). Turcato, nel corso della sua lunga e ricca carriera, ha vantato numerosissime mostre nelle maggiori istituzioni e gallerie italiane e straniere.
 
Nella personale sono proposti fondamentalmente due cicli di opere: i Tranquillanti, del 1961, e le Superfici lunari, realizzate nel 1964 e esposti due anni dopo alla Biennale di Venezia. A questi si aggiungono due Superfici malate del 1957 e 1961 in olio e tecnica mista su tela, e – nella lounge room – la scultura La porta (1973), affiancata da cinque carte su colore del 1961.
 
Le composizioni con Tranquillanti, quando nel 1961 fanno la loro prima apparizione alla Galleria Il Canale di Venezia, destano scalpore. Si tratta di pittura e collage di pastiglie di tranquillanti su tela. I medicinali creano un elemento di interpunzione spaziale che pare una galassia, un luogo onirico riportato però alla sua verità dall’inclusione di oggetti d’uso quotidiano, da intendersi come “sintomo di quella straordinaria capacità (di Turcato) di vivere il proprio tempo nella quotidianità degli incontri, dell’essere artista in mezzo ad altri, che si riflette anche nella realizzazione stessa del dipinto”, come scrive Walter Guadagnini nel catalogo a colori della mostra di 75 pagine con testo introduttivo di Walter Guadagnini.
 
Le Superfici lunari, presentate nel 1966 alla Biennale, affermano definitivamente l’originalità dell’autore, affascinato dalla conquista dello spazio e dal suo mito. Pittura ad olio e tecnica mista sono stesi su una superficie di gommapiuma, scelta audace che l’artista ha giustificato così: “Uso la gomma perché il suo crostone scabroso è pieno di avvenimenti nuovi e di meraviglia. Del resto altre volte ho usato il catrame e altre materie, nonché i tranquillanti. La mia ricerca stilistica è orientata verso un nuovo colore, partendo dal principio che il marrone e l’amaranto sono due colori al di fuori dello spettro” (G. Turcato, Sulle “Superfici lunari”, in G. De Marchis, Turcato, Prearo, Milano 1971).
 
Quello di Turcato è un lavoro per puro colore, che la luce fa brillare nella sua umile, affascinante realtà. La superficie diventa così luogo di costellazioni e immaginarie mappature astronomiche che ci ricordano che la bellezza risiede negli oggetti quotidiani e nella semplice materia, seppur scabra e testimone degli individuali tormenti.
 
Di seguito alcuni cenni biografici sull’artista: Giulio Turcato, nato a Mantova nel 1912, si forma a Venezia alla Scuola d’arte, al Liceo Artistico e alla Libera Scuola di Nudo, dove in seguito insegnerà disegno alla Scuola di Avviamento Professionale. I suoi primi lavori di nature morte e paesaggi sono del 1926 e la prima partecipazione ad una mostra collettiva risale al 1932. Nel 1937 si trasferisce a Milano: qui collabora come disegnatore con l’architetto Giovanni Muzio e nel 1940 espone in una collettiva alla Galleria Grande.
 
 Tra il 1942 e il 1943 torna a Venezia, dove insegna, e partecipa alla XXIII Biennale d’Arte. Nel 1943 si trasferisce definitivamente a Roma e partecipa alla IV Quadriennale. Il 1945 lo vede tra fondatori dell’“Art Club” con  Prampolini, Fazzini, Jarema, Savelli, Mafai, Corpora, Consagra e Perilli. L’anno successivo a Varsavia partecipa all’Esposizione d’arte Italiana Contemporanea e aderisce al manifesto della “Nuova secessione artistica Italiana”. 
Nel 1947 costituisce con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerini e Sanfilippo “Forma 1”, primo gruppo astrattista romano, e quindi firma il manifesto del Formalismo. Nel 1948 espone alla XXIV Biennale di Venezia e al II Salon des Beaux Arts a Parigi. 
 
Con Quasimodo, Ginzburg, De Grada, Fiore e Treccani è a Varsavia per il “Congresso per la pace”. Nel 1949 tra le molte esposizioni partecipa al XX Century Italian Art al Museum of Modern Art di New York e gli viene dedicata una personale alla Galleria del Naviglio a Milano. Nel 1950 gli viene conferito un premio alla Biennale di Venezia. Nello stesso anno con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti entra nel gruppo degli “Otto”, con cui partecipa di nuovo, nel 1952, alla Biennale di Venezia. 
 
Dalla metà degli anni Cinquanta ha importanti personali alla Galleria del Naviglio di Milano, alla XXV Biennale di Venezia, alla Galleria La Tartaruga di Roma, alla XXIX Biennale di Venezia e al Grattacielo di Milano. Prende parte a una mostra collettiva al Carnegie Institute di Pittsburgh, partecipa al Guggenheim International Award di New York e a Documenta II di Kassel. 
Nel 1960 entra nel gruppo “Continuità”, attività documentata da diverse esposizioni.
 
Nel 1961 alla Galleria Il Canale di Venezia presenta le prime composizioni con Tranquillanti; alla Biennale di Venezia del 1966 propone le Superfici Lunanari. Degli anni Settanta ricordiamo numerose personali, tra cui quelle alla Schubert di Milano, alla Barozzi di Venezia e Milano, alla Martano di Torino, alla Segno di Roma, ancora alla Biennale di Venezia, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, all’Istituto Italiano di Cultura di New York e al Museo  d’arte Moderna di Bucarest. 
 
La sua fervida attività espositiva prosegue nel decennio successivo, come in occasione dell’antologica al Pac di Milano e della retrospettiva a alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e successivamente, negli anni Novanta, a Cà Pesaro di Venezia. Dopo la sua morte, sopraggiunta nel 1995 a Roma, le sue opere continuano ad essere esposte in mostre presso istituzioni, musei e gallerie. Nel 2012, per il centenario della nascita, è stata allestita al Museo di arte Contemporanea di Roma la mostra Giulio Turcato. Stellare, excursus di oltre venti anni della sua produzione artistica. Nel 2016 al Camec di La Spezia si tiene “Turcato. Dalla Forma Poetica alla pittura di superficie”.
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