Cosa succederebbe se il cable car di San Francisco, che dal mare sale su nella parte alta della città rivelando uno splendido affaccio sulla baia, smettesse di funzionare da un giorno all’altro? Ci sarebbe un’immediata e corale indignazione perché quel mezzo è parte integrante della storia e del paesaggio urbano. E, l’indignazione, non riguarderebbe solo i suoi abitanti, ma anche coloro che amano San Francisco e magari una volta nella vita sono saliti sul suggestivo cable car.
Ebbene, Trieste sta vivendo qualcosa di simile con il tram che porta dal centro città fino alla frazione di Opicina, analogo bell’affaccio sulla baia che nell’alto Adriatico abbraccia il porto più grande e importante d’Italia per flusso di merci ed uno degli snodi marittimi più importanti d’Europa. Il tram ha interrotto le corse nell’agosto 2016 in seguito allo scontro frontale tra due vetture e da allora tutto è rimasto in sospeso.
Non sembri azzardato l’accostamento tra San Francisco e Trieste. Sul fronte delle due tranvie, le similitudini sono davvero tante.
In entrambi i casi sono un’attrazione turistica, un simbolo storico e un elemento identitario, un trasporto pubblico, un mezzo ecologico e la data di nascita di entrambi si colloca nello stesso periodo: nel settembre del 1902 prendono il via le corse del tram di Trieste, 30 anni prima quelle di San Francisco. Non si dimentichi l’elemento che pare secondario solo a prima vista: si tratta di una presenza familiare che riscalda i cuori dei cittadini delle rispettive città. Il tram di Trieste è da sempre oggetto di aneddoti, poesie, canzoni, immagini, è parte integrante e costante della quotidianità dei triestini come lo sono le tre linee (delle 23 attivate tra il 1873 e il 1890), oggi inserite nel National Register of Historic Places, che a San Francisco collegano Union Square con il quartiere portuale di Fisherman’s Wharf e che servono la California Street.
Caratteristica unica in Europa della tranvia triestina il fatto che si inerpichi su un tratto di circa 800 metri in forte pendenza (fino al 26%) lungo il quale le vetture vengono spinte in salita o trattenute in discesa da carri-scudo vincolati ad un impianto funicolare. Il resto dei 5 chilometri di percorrenza attraversano il centro di Trieste a livello del mare, prima di scivolare verso la frazione di Villa Opicina sull’altopiano del Carso, a 329 metri sul livello del mare. Questo secondo tracciato è molto panoramico e consente di arrivare, appena 14 metri più su, all’Obelisco, il punto saliente e più elevato della zona. E’ intitolato a Francesco I d’Austria ed è l’attrazione paesaggistica per eccellenza lungo il tragitto della Tranvia di Opicina. Da qui parte poi la suggestiva passeggiata panoramica sulla strada Napoleonica.
Un gruppo di cittadini, per chiederne il ripristino del servizio, ha messo a punto una petizione, un’iniziativa che in pochi giorni ha superato le 20mila firme anche grazie al coinvolgimento e al sostegno convinto de “Il Piccolo”, il quotidiano della città capoluogo dell’omonima provincia e della regione Friuli-Venezia Giulia, che ha a sua volta attivato una raccolta firme online.
A capo dell’iniziativa Luigi Bianchi, presidente di “CamminaTrieste”, per una vita dirigente delle ferrovie italiane. Ritiene che la “cura del ferro”, cioè la scelta del mezzo di trasporto su rotaia, debba essere uno degli impegni principali del pubblico. Prima firmataria della petizione Etta Carignani Melzi, imprenditrice, presidente delle donne elettrici e delle donne dirigenti di azienda. Secondo firmatario Karl Schanmboureck giornalista salisgurghese, uno dei sostenitori della battaglia, poi vinta, per il ripristino della ferrovia Venezia-Vienna e ora impegnato per la Trieste-Vienna. Terzo firmatario Luigi Vittorio Ferraris, già ambasciatore d’Italia a Bonn.
Nella petizione si chiede anche di allungare la tratta portando il capolinea – che ora è a Opicina centro – alla stazione ferroviaria della stessa frazione, a Opicina-Trieste. “Così era fino al 1938 – ricorda Bianchi – e questo consentirebbe di favorire un raccordo tra Trieste e uno dei tre accessi dell’Italia verso Oriente: cioè Opicina-Trieste verso la Slovenia, come lo è Gorizia, mentre Tarvisio assicura l’accesso verso l’Austria e l’Europa del nord. Insomma si faciliterebbe il passaggio da una mobilità all’altra, perché il trasporto è la somma di varie mobilità”. E, per dirla sempre con Bianchi, si completerebbe “un vero e proprio disegno della mobilità sostenibile nell’area transfrontaliera”.
Il tram di Trieste rappresenta un’opportunità di collegamento anche con il Carso che è l’immediato “fuori porta” di Trieste, territorio e ambiente suggestivo dal punto di vista paesaggistico e storico.
Dicevamo che fino al 1938 la tratta della tranvia arrivava fino alla stazione ferroviaria di Trieste-Opicina: quindi si tratterebbe di un ripristino. Non c’è da inventare proprio niente rispetto a quello che era già stato disegnato dall’Impero Austroungarico abituato a pensare con una logica più ampia, europea, potremmo dire.
Non è poi di secondo piano l’aspetto della mobilità sostenibile in un momento in cui le nostre città sono sempre più oggetto dell’aggressione dello smog e dove si fanno sempre più strada le malattie legate all’inquinamento dell’aria.
Così come non è secondario ricordare che il mezzo pubblico deve rispondere a criteri etici e di utilità della comunità che serve e che non necessariamente sono coincidenti con la sua economicità. Caratteristica questa, che si può comunque raggiungere nel medio-lungo periodo tenendo conto di più elementi, dove quello della salute è, senza dubbio, uno dei principali.