(Ph  Nara Labbocchi da Pixabay)
Una visita alla città giuliana, capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia, non può che cominciare dal magnifico Castello di Miramare, preziosa perla d’architettura situata sulla punta del promontorio di Grignano, in posizione magnifica per ammirare il panorama lungo l’intero arco del golfo. Voluto dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo per sé e sua moglie Carlotta, nel 1855 ne affidò la progettazione all’architetto austriaco Carl Junker. 
 
Immersa in un parco di 22 ettari ricco di specie arboree, questa splendida dimora principesca costruita in pietra bianca d’Istria, anche dopo la tragica morte in Messico di Massimiliano, nel 1867, che di quel Paese era diventato imperatore, ospitò più volte il fratello, il re Francesco Giuseppe con sua moglie Sissi, in occasione delle numerose visite a Trieste, importante città portuale nel Mediterraneo e sbocco al mare del Regno d’Austria e Ungheria. 
 
Il Castello di Miramare dal 1955 è diventato museo storico. qui si ammira, oltre alla bellezza architettonica, la ricchezza degli arredi, dei dipinti e degli arazzi, la raffinatezza delle suppellettili. Quest’anno, nel centenario della morte di Francesco Giuseppe, il Castello ospita una bella mostra, con opere che raccontano diversi episodi attraverso le cronache del tempo, riportate dai giornali dell’epoca, che documentano la centralità di Trieste come moderna città dell’impero. 
 
Spostarsi a Trieste significa  ammirarne il lungomare e poi i fastosi palazzi che fanno da quinte verso Piazza dell’Unità d’Italia. E’ il salotto della bella città adriatica, una delle più grandi piazze – forse la più grande in assoluto – aperta sul mare.
 
Contornata su tre lati da stupendi palazzi, da sinistra schiera il magnificente Palazzo della Luogotenenza austriaca, ora sede della Prefettura, il Palazzo Stratti, al centro il Palazzo Modello sede municipale, l’antico Palazzo Pitteri, a destra il Palazzo Venoli e il Palazzo del Lloyd Triestino ora sede della Regione. Al centro della piazza la settecentesca Fontana dei Quattro Continenti, con le allegorie dei continenti allora conosciuti. Davanti alla piazza, disteso sul mare, il Molo Audace, così nominato dopo la fine della Grande Guerra, quando la prima nave italiana – l’Audace, appunto – entrò nel porto di Trieste tornata italiana dopo l’annessione. 
 
Poi, salendo verso le colline che fanno da anfiteatro alla disposizione urbana, si incontra  la Risiera di San Sabba, lager di sterminio nazista in terra italiana, e la Foiba di Basovizza, mentre si va verso il Santuario di Monte Grisa, con vista spettacolare sul golfo e sulla città. E’ un’imponente costruzione in cemento armato, il Santuario, con struttura triangolare progettato dall’architetto Antonio Guacci, voluta dall’allora arcivescovo di Trieste Antonio Santin per assolvere ad un voto di protezione della città dalle distruzioni belliche. Dedicato a Maria Madre e Regina, fu completato nel 1965 come santuario nazionale mariano e nel 1992 visitato da Giovanni Paolo II. Erto a 330 metri sul mare, sul punto più alto dei colli che coronano la città, mostra un panorama sul golfo davvero mozzafiato. 
 
Il viaggio può riprendere verso Gorizia, ma con una sosta al Sacrario di Redipuglia dove campeggia il motto “Presente” ripetuto all’infinito sui frontoni degli innumerevoli gradoni lapidei della lunga scalinata del monumento, confinata da due filari di cipressi, sulla cui sommità in struggente prospettiva dominano le tre croci, come un nuovo doloroso monte Calvario. 
“Presente” è scolpito per ogni caduto di quel monumentale cimitero a 100mila vittime della Grande Guerra, riportate in rigoroso ordine alfabetico, a ciascuna la sua lastra di bronzo. In 35mila i conosciuti, gli altri 65mila sono militi ignoti. 
 
Lì nei pressi scorre l’Isonzo, il fiume rosso di sangue dei caduti, poco distante dalla tristemente famosa Caporetto, ora in terra slovena, laddove il 24 ottobre 1917 il fronte italiano cedette all’assalto dell’esercito austro-ungarico, nella “rotta” diventata la più grave disfatta per l’esercito italiano, seguita dalla ritirata oltre il Piave, prima di preparare la riscossa, il 4 novembre dell’anno seguente, immortalata nel celebre Bollettino della Vittoria diramato dal generale Armando Diaz. Proprio in questi luoghi del Carso bagnati dall’Isonzo operò la Terza Armata dell’Esercito italiano, comandata dal generale Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta, onorato con un grande cippo di marmo verde ai piedi della scalinata.  

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