Un simbolo dell'Italia: la torre pendente di Pisa (Palo Cech da Pexels)
Piazza dei Cavalieri ristrutturata dall’architetto rinascimentale Giorgio Vasari; la celebre Scuola Normale Superiore frequentata da importanti personalità italiane come il fisico Enrico Fermi e il poeta e scrittore Giosuè Carducci; il personaggio del Conte Ugolino cantato da Dante tra i traditori dell’inferno nella sua “Commedia”; il grande affresco “Il trionfo della morte” di Bonamico di Martino da Firenze (detto Buffalmacco) conservato nel Campo Santo di Piazza del Duomo; la Piazza del Duomo o Piazza dei Miracoli dove si concentrano le più grandi attrazioni turistiche. Sono gli elementi che rendono la città di Pisa famosa dal punto di vista storico, artistico e letterario. 
Se poi ci si ricorda che la città ha dato i natali al grande fisico, astronomo e matematico Galileo Galilei, nato nel 1564, il quadro è completo per delineare la città come un “gioiellino italiano” dotato di una cultura che può essere sfaccettata nei suoi molteplici aspetti tutti da scoprire e capaci di soddisfare non solo i più comuni turisti, ma anche gli appassionati di storia, scienza, letteratura e arte. 
Tuttavia, quando si pensa a questa cittadina toscana che sorge lungo le sponde del fiume Arno, ciò  che balena subito alla mente è la sua torre pendente, il monumento più famoso di Piazza del Duomo, la cui pendenza è dovuta al cedimento del terreno costituito da argilla molle, caratteristica di tutto il terreno pisano.
La torre inclinata, con una base ben ristrutturata e solida, ogni anno attira milioni di turisti incuriositi nel visitarla all’interno, mentre all’esterno si divertono a scattare foto originali in prospettiva, facendo finta di sostenere la struttura pendente. In questo modo l’immagine della torre fa il giro del mondo come simbolo della città. 
Erroneamente chiamata torre, la struttura alta 56 metri non è altro che il campanile indipendente della vicina Cattedrale di Santa Maria Assunta. La costruzione si articola in sei loggette ad arcate, con oltre 300 gradini interni che, salendo in tondo, consentono il raggiungimento della cima. Alla base, la sala del Pesce, chiamata così per il bassorilievo raffigurante un pesce, consente di ammirare la torre dal basso verso l’alto; in cima, la cella campanaria, a cielo aperto, ospita 7 campane, tante quante le note musicali.
I lavori iniziarono nel 1173 e furono interrotti all’altezza del terzo anello a causa del terreno che iniziò a cedere. L’architetto che seguì questa prima fase della costruzione non si firmò. Probabilmente si trattava di Diotisalvi, che diede inizio alla costruzione del vicino Battistero. 
Il cantiere riprese nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano. Alla struttura furono aggiunti altri tre piani che tendevano ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza nel tentativo di raddrizzare la torre. Il campanile fu completato a metà del ‘300 con la costruzione della cella campanaria.
A causa dell’aumento della pendenza negli ultimi decenni del XX secolo ed il conseguente incremento del pericolo di crollo, la torre di Pisa fu chiusa dal 1990 al 2001 per restaurarla, metterla in sicurezza e ridurne l’inclinazione.
 
La torre si lega alla leggenda secondo la quale Galileo Galilei, ai tempi del suo insegnamento presso l’Università di Pisa (negli ultimi anni del ‘500), fece cadere dal campanile pendente dei gravi, famoso esperimento dal quale si stabilì per la prima volta che oggetti di peso diverso cadono alla stessa velocità. 
Nonostante questo suo famoso simbolo, se si volge uno sguardo più approfondito ci si accorge che Pisa è molto di più.
 
 Piazza dei Miracoli è  un concentrato dei monumenti più imponenti realizzati da grandi architetti e scultori. Tra questi, il Battistero, dedicato a San Giovanni Battista e che fu la cornice del battesimo di Galilei, fu costruito in due fasi di lavoro dagli architetti Diotisalvi e Nicola e Giovanni Pisano; il Campo Santo o Museo monumentale è un luogo consacrato sorto su un terreno che, si dice, sia stato cosparso di terra proveniente dal Golgota (collina appena fuori le mura di Gerusalemme dove, secondo i vangeli, Gesù sarebbe stato crocifisso). Oggi il Campo Santo è un vero e proprio monumento a cielo aperto che contiene sarcofagi romani oltre alle tombe dei personaggi più illustri di Pisa. Nelle sue sale ospita importanti opere artistiche tra cui il simbolico e suggestivo affresco “Il trionfo della morte” di Buffalmacco eseguito tra il 1336 e il 1341. Gli altri affreschi che ne ricoprivano le pareti, distrutti o danneggiati dall’incedio del 1944 dovuto ad un bombardamento alleato, sono oggi conservati, dopo opportuni restauri, nel vicino Museo delle Sinopie.
Il Duomo di Pisa, dedicato a Santa Maria Assunta detto “Primaziale” per la nomina di “Primate” che il vescovo di Pisa aveva ricevuto dal Papa, iniziò ad essere costruito dal pisano Buscheto grazie al bottino di guerra ottenuto nel 1063 con la vittoria di Pisa sui Saraceni a Palermo. L’etereogenità di stili, tra cui quello arabeggiante, testimonia la fama internazionale di Pisa che, da Repubblica marinara, si contendeva con Venezia il dominio sui commerci marittimi.
 
Il restauro di Piazza dei Cavalieri è opera dell’architetto e pittore rinascimentale Giorgio Vasari che, su commissione di Cosimo I de’ Medici, conferì alla piazza l’immagine attuale. Il Vasari vi restaurò il Palazzo della Carovana che oggi ospita la Scuola Normale di Pisa. Vasari completò anche il restauro del palazzo dell’orologio, edificio medievale che aveva incorporato la famosa Torre della “Muda” o della “Fame” dove nel 1289 morì il conte Ugolino della Gherardesca insieme a figli e nipoti. Protagonista di una delle scene più celebri della “Divinia Commedia”, Dante condannò e collocò il conte nell’Inferno nel cerchio in cui venivano puniti i traditori della patria. 
Appartenente alla fazione ghibellina, il conte Ugolino, entrato in dissidio con Ruggieri degli Ubaldini, arcivescovo di Pisa e capofazione dei ghibellini, parteggiò per i guelfi. Gli attriti con l’arcivescovo portarono alla sua cattura, insieme a figli e nipoti, e al suo imprigionamento nella Torre della Muda dove i prigionieri furono lasciati morire di fame. Secondo Dante, prima di morire, i figli pregarono il padre di cibarsi delle loro carni.  
 
Oltre ai suoi monumenti e alla sua storia, non si può tralasciare l’identità di una città il cui elemento distintivo è dato da usanze peculiari e secolari. 
Nel caso di Pisa, a partire dal X secolo, questa antica repubblica marinara decise di far coincidere l’inizio dell’anno nuovo con l’Annunciazione e l’Incarnazione di Gesù (ossia 9 mesi prima del 25 dicembre) e ancora oggi mantiene la sua usanza festeggiando il proprio capodanno il 25 marzo. 
Questa data, oltre a segnare l’Annunciazione alla Vergine, introduce ed è vicina all’equinozio di primavera, periodo in cui la natura si risveglia dopo il letargo invernale. Soprattutto per questo secondo motivo, altre città della Toscana, come Siena e Firenze, assunsero il giorno 25 marzo come inizio dell’anno e il calendario pisano rimase in vigore per secoli in molte terre appartenenti alla Repubblica di Pisa (Elba, Corsica, Sardegna, Baleari, Gaeta, Tropea, Lipari, Trapani, Tunisia, Algeria, Palestina, Siria, Costantinopoli). 
 
Il primo documento datato secondo il calendario pisano risale al 985 dopo Cristo e l’ultimo al 1749, anno in cui il Granduca di Toscana Francesco I di Lorena ordinò che in tutti gli stati toscani l’anno nuovo avesse inizio il primo gennaio. Pur essendosi omologata a questa data, negli anni ’80 del Novecento si tornò a parlare della festa del 25 marzo, giorno in cui un raggio di sole penetra nel Duomo di Pisa e, illuminando un uovo di marmo (in passato una mensola), sancisce l’inizio del nuovo anno. 
 
Memore della sua tradizione, oltre a festeggiare il canonico capodanno del 1 gennaio, Pisa festeggia il suo capodanno il 25 marzo ogni anno con iniziative culturali e conviviali: un corteo storico che sfila per le vie del centro per raggiungere il Duomo, la regata, i fuochi d’artificio e la mini-Luminara sul fiume Arno.
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