While born in Italy, the habit of having aperitivo with friends to unwind after a day at work, or as a fun preamble to a good dinner in company, has become a worldwide custom. Similarly, what we Italians like to have during an aperitivo – the spritz and the Negroni, the prosecco and the Bellini, all the way to that collection of delicious cured meats, cheeses, breads and tiny pizzas we munch on while drinking– is today available and on trend around the world.
But every Italian and Italophile will tell you there is something that, perhaps, we love just as much as aperitivo in the Belpaese, but whose name is still a tad mysterious in other parts of the globe, digestivo.A digestivo, as its name hints at, is a liqueur you have after dinner, to “digest” the meal you’ve just consumed. In truth, having a digestivo is much more than that: when in company, it is a perfect “cherry on the cake” that completes an evening – or lunch — of good food and, perhaps, boisterous bantering, but if you decide to enjoy it on your own, in the comforting solitude of your own home, it may become a true moment of meditative beauty.
Served in small glasses, digestivo liqueurs are aromatic, often bitter and with a high alcoholic grade. Their scent inebriates in a way most aperitivi cannot, because while the latter achieve their best when more than one ingredient is present in the glass, the former are served pure and alone, a delicacy to be savored slowly.
Most traditional digestivi, we said, are amari (bitters) made by infusing herbs, flowers, but also barks, roots, spices and fruits into grape brandy, to which sugar syrup is added. Among the most common ingredients are those already known for their digestive or antiseptic characteristics, such as cinchona (china), known for being an antibacterial, gentian (genziana), which has the ability to inhibit staphylococcus aureus, or angosturabark. The concoction is then left to age for a time that can go from a bunch of weeks to a few years, depending on the recipe.
Often, the herbs used to make amari were known already in herbalism, so it shouldn’t surprise that many of Italy’s digestivi were originally used as medicines to treat a variety of illnesses and pain, going from a simple stomach ache to the much more ominous cholera. Indeed, the habit of using herbs, spices and roots with alcohol to settle an upset belly was already common in antiquity: from that point of view, we didn’t really invent anything. Hippocrates himself suggested the use of a health elixir made with barley, herbs, honey and wine to ease a series of ailments, especially of the digestive system. It is this mix of ancient know-how and the traditionally bitter taste of many amari that made them a common choice for a postprandial tipple.
Liqueur making in Europe – and therefore in Italy – developed however a bit later, in the Middle Ages, within the context of Benedictine monasticism: it was in these monasteries that friars, thanks to their knowledge of herbal medicine, began producing amari on a larger scale: more often than not, they were used as tonics, to increase appetite or to ease digestion, and were made available to their communities.
Amari became popular as medications also in the US, at least until the early 20th century (1906) when the American Food and Drug Administration considered their alcohol content too high to be classified a medical remedy and they began being taxed as alcoholic drinks instead. While this led to a steep fall in sales in the New World, things didn’t really change much in Europe, and certainly not in Italy, where people continued to use amari when they were sick, but also began enjoying them as a little treat after particularly sumptuous – and perhaps heavy! – meals. It was only a matter of time before distilleries picked on the trend and amari’s industrial production was introduced, bringing their diffusion to the what it is today.
But not all digestivi are amari, of course. Who doesn’t know limoncello and mandarinetto, for instance? Indeed, digestivi are also made with fruits and, in these cases, with their aromatic peel. Then, depending on where you go in Italy, local flavors pop up as digestivo ingredients: for instance, in Liguria you’ll find a delicious amaro made with basil, while Lombardia is fond of rhubarb. One of Italy’s most famous digestivi is made with artichokes, while legendary fernet’s recipe remains a bit of a secret, albeit we know it comprises a mix of more than 20 spices and herbs.
But when talking of digestivi, we can’t forget the most classic of them all, grappa, the post dinner tipple of choice for those who like something stronger, bolder and less sweet. Here again, there are varieties, of course, depending on the type of grape used to produce it, but also on whether extra ingredients such as fruits or herbs, spices and roots are added; while flavored grappa is not always found in restaurants, it can sometimes be purchased in specialized stores or even in well stocked bakeries.
Regardless of your choice, remember digestivo is always consumed after you have you caffè — the final note of every Italian meal, big or small. In fact, the connection between coffee and digestivo is so strong that in Piedmont the latter is commonly and lovingly known as pusa cafè, “coffee chaser” (or “pusher” if we want to translate literally).
Pur essendo nata in Italia, l’abitudine di fare l’aperitivo con gli amici per rilassarsi dopo una giornata di lavoro, o come piacevole preambolo a una buona cena in compagnia, è diventata un’usanza mondiale. Allo stesso modo, quello che a noi italiani piace bere durante un aperitivo – lo spritz e il Negroni, il prosecco e il Bellini, fino a quella rassegna di deliziosi salumi, formaggi, pane e pizzette che sgranocchiamo mentre beviamo – è oggi disponibile e di tendenza in tutto il mondo.
Ma ogni italiano e italofilo vi dirà che c’è qualcosa che, forse, amiamo tanto quanto l’aperitivo nel Belpaese, ma il cui nome è ancora un po’ misterioso in altre parti del mondo, il digestivo. Il digestivo, come suggerisce il nome, è un liquore che si beve dopo cena, per “digerire” il pasto appena consumato. In verità, bere un digestivo è molto di più: in compagnia, è una perfetta “ciliegina sulla torta” che completa una serata – o un pranzo – di buon cibo e, magari, di baldoria, ma se si decide di gustarselo da soli, nella confortevole solitudine della propria casa, può diventare un vero momento di bellezza meditativa.
Serviti in bicchierini, i liquori digestivi sono aromatici, spesso amari e con un alto grado alcolico. Il loro profumo inebria come la maggior parte degli aperitivi non riesce a fare, perché mentre questi ultimi danno il meglio di sé quando più di un ingrediente è presente nel bicchiere, i primi vengono serviti puri e soli, una delicatezza da assaporare lentamente.
La maggior parte dei digestivi tradizionali, dicevamo, sono amari realizzati mettendo in infusione erbe, fiori, ma anche cortecce, radici, spezie e frutta in acquavite d’uva, a cui viene aggiunto uno sciroppo di zucchero. Tra gli ingredienti più comuni ci sono quelli già noti per le loro caratteristiche digestive o antisettiche, come la china, nota per essere un antibatterico, la genziana, che ha la capacità di inibire lo stafilococco aureo, o la corteccia di angostura. L’intruglio viene poi lasciato invecchiare per un tempo che può andare da parecchie settimane a qualche anno, a seconda della ricetta.
Spesso, le erbe usate per fare gli amari erano già conosciute in erboristeria, quindi non dovrebbe sorprendere che molti dei digestivi italiani fossero originariamente usati come medicine per curare una varietà di malattie e dolori, andando da un semplice mal di stomaco al ben più minaccioso colera. In effetti, l’abitudine di usare erbe, spezie e radici con l’alcol per sistemare un mal di pancia era già comune nell’antichità: da questo punto di vista, non abbiamo davvero inventato nulla. Lo stesso Ippocrate suggeriva l’uso di un elisir di salute a base di orzo, erbe, miele e vino per alleviare una serie di disturbi, soprattutto dell’apparato digerente. È questo mix di conoscenze antiche e il gusto tradizionalmente amaro di molti amari che li ha resi una scelta comune per un drink postprandiale.
La produzione di liquori in Europa – e quindi in Italia – si sviluppò però un po’ più tardi, nel Medioevo, nel contesto del monachesimo benedettino: fu in questi monasteri che i frati, grazie alle loro conoscenze erboristeristiche, iniziarono a produrre amari su larga scala: il più delle volte venivano utilizzati come tonici, per aumentare l’appetito o per facilitare la digestione, e venivano messi a disposizione delle loro comunità.
Gli amari divennero popolari come farmaci anche negli Stati Uniti, almeno fino all’inizio del XX secolo (1906) quando la Food and Drug Administration americana considerò il loro contenuto alcolico troppo elevato per essere classificato come rimedio medico e cominciarono invece ad essere tassati come bevande alcoliche. Se questo portò a un brusco calo delle vendite nel Nuovo Mondo, le cose non cambiarono molto in Europa, e certamente non in Italia, dove la gente continuò a usare gli amari quando era malata, ma cominciò anche a goderseli come un piccolo piacere dopo pasti particolarmente sontuosi e forse pesanti! Fu solo una questione di tempo prima che le distillerie raccogliessero la tendenza e venisse introdotta la produzione industriale degli amari, portando la loro diffusione a quella attuale.
Ma non tutti i digestivi sono amari, naturalmente. Chi non conosce il limoncello e il mandarinetto, per esempio? Infatti, i digestivi sono fatti anche con la frutta e, in questi casi, con la loro buccia aromatica. Poi, a seconda di dove si va in Italia, i sapori locali saltano fuori come ingredienti dei digestivi: per esempio, in Liguria si trova un delizioso amaro fatto con il basilico, mentre la Lombardia è affezionata al rabarbaro. Uno dei digestivi più famosi d’Italia è fatto con i carciofi, mentre la ricetta del leggendario fernet rimane un po’ un segreto, anche se sappiamo che comprende un mix di più di 20 spezie ed erbe.
Ma quando si parla di digestivi, non si può dimenticare il più classico di tutti, la grappa, la bevanda post cena preferita da chi ama qualcosa di più forte, più audace e meno dolce. Anche qui, ci sono varietà, ovviamente, a seconda del tipo di uva usata per produrla, ma anche a seconda che vengano aggiunti ingredienti extra come frutta o erbe, spezie e radici; mentre le grappe aromatizzate non si trovano sempre nei ristoranti, a volte si possono acquistare in negozi specializzati o anche in alimentari ben forniti.
Indipendentemente dalla vostra scelta, ricordate che il digestivo viene sempre consumato dopo il caffè – la nota finale di ogni pasto italiano, grande o piccolo. Infatti, illegame tra caffè e digestivo è così forte che in Piemonte quest’ultimo è comunemente e amorevolmente conosciuto come pusa cafè, o se vogliamo tradurre letteralmente “ciò che spinge via il caffè”.
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