A quattro anni di distanza dall’ultima mostra, sempre curata da Anna Dusi per Building Bridges Art Exchange, la giovanissima e talentuosa fotografa italiana Tea Falco torna a Los Angeles con una nuova selezione di lavori dal titolo Portraits of the Unconscious, una galleria di autoritratti in bianco e nero o color seppia, ispirati all’idea di metamorfosi, empatia e interconnessione tra le persone.
Come spiega l’autrice stessa: “Queste immagini rappresentano la mia trasformazione in qualcos’altro, o meglio, in qualcun altro. Le persone che ho incontrato e fotografato in questi anni, provenienti da tutto il mondo e tra cui anche malati o anziani, non sono diverse da me, ma anzi sono parte di me. Siamo tutti parte del tutto. Conoscere e comprendere gli altri non mi spaventa, mi rende felice”.
Create in versione digitale, sovrapponendo fotografie originali, le opere sono state stampate sotto la luce UV dopo un trattamento con dei liquidi speciali. Tea Falco ha iniziato a sperimentare l’obiettivo e la camera oscura all’età di 13 anni grazie all’incoraggiamento della madre, anche lei artista, che amava ritrarla. Dal 2009 a oggi ha partecipato a diverse mostre collettive e personali sia in Italia sia all’estero, ottenendo anche premi prestigiosi.
Accanto alla passione per la fotografia, Tea si è anche impegnata nello studio della recitazione, dividendosi tra Roma e la natia Catania, finché nel 2012 è stata scelta dal maestro Bernardo Bertolucci come protagonista nel suo ultimo film Io e Te, esperienza che l’attrice ha definito formativa e di grande ispirazione. Presto tornerà sugli schermi italiani con una serie TV su tangentopoli e un film comico basato sulla Divina Commedia, in cui avrà la possibilità di interpretare ben otto ruoli diversi, tra cui quello di Gesù. “Credo sia lo stesso processo attraverso forme espressive diverse, fotografare me stessa in fase di trasformazione e fare l’attrice, diventare qualcun altro. Fin da adolescente volevo entrare nella mente e nei panni delle altre persone, sono sempre stata molto empatica”, dichiara Tea.
L’esposizione è completata da alcune immagini scattate in occasione delle mostre I’m A Wall del 2010, utilizzate nel film e parte della collezione privata del co-curatore Chris Halmo, e Le Forme della Nasalità del 2012, realizzata insieme ad Antonino De Lellis e Andrea Marchese.
Con l’obiettivo di scoprire e promuovere nel mercato statunitense alcuni tra i più promettenti artisti italiani, non solo nel campo della fotografia, la galleria Building Bridges Art Exchange si avvale dei candidi ed ampi spazi espositivi del Bergamot Station Arts Center in Santa Monica per valorizzarne le opere. Insieme agli scatti di Tea Falco, infatti, la mostra offre al pubblico anche una collettiva di cinque diversi autori dedicata al tema comune Places.
Ognuno legato ai propri luoghi, dagli Stati Uniti a Tokyo, dall’appennino abruzzese alla provincia di Padova, Alessandro Barattelli, Alessandro Rizzi, Andrea Tonellotto, Antonio Di Cecco e Stefano Galli mostrano scorci e prospettive in cui l’assenza di umanità è immediatamente evidente.
La curatrice, Maria Francesca Palmerio, sottolinea che “Le figure umane si scorgono raramente, sono molto piccole o possono solo essere immaginate nascoste nello spazio. Le fotografie invocano silenzio e sono caratterizzate da un isolamento, quasi metafisico, ricercato da ognuno degli autori per esaltare le forme, le linee e le profondità, giocando con i tagli forti delle ombre e della geometria“.
Dai dettagli delle auto d’epoca catturati da Galli lungo le strade americane alla maestosa sagoma del Monte Fuji raffigurata da Rizzi, dal contrasto tra cielo azzurro e architettura urbana immortalato da Barattelli alla natura quasi dipinta da Di Cecco e ai paesaggi hopperiani di Tonellotto, sono proprio le geometrie più o meno nette e i colori più o meno sgargianti, a seconda della sensibilità del fotografo, a colpire lo spettatore.
Nonostante la giovane età, tutti intorno ai 30 anni, la maggior parte di questi artisti mostra una predilezione per la fotografia analogica piuttosto che per quella digitale. In particolare, Stefano Galli, che da tre anni vive e lavora a Los Angeles, afferma che “Lavorare su pellicola e senza manipolare le immagini al computer fa sì che esse riflettano la realtà così com’è, ma pur sempre dal mio personale punto di vista”.
Inaugurata il 18 dicembre, la mostra rimarrà aperta al pubblico fino a venerdì 9 gennaio 2015.