Young people dancing taranta (Photo: Ermess/Dreamstime)

We most commonly call it pizzica, tarantella but it’s also known as taranta It is the hypnotic, mesmerizing music of Salento, in Puglia, with varieties of its dramatic rhythm – and of the dance style that goes with it – popular also in other areas of our South, especially in Campania.

While Italophiles and Italians all over the world are familiar with this music and dancing style, not many may know its fascinating history, which delves deep into mysterious rituals of catharsis and religion. Even fewer people are probably aware that a study on its development and social role, carried out by Ernesto de Martino in the 1950s, became the foundation of Italy’s modern cultural anthropology.

© Ermess | Dreamstime.com

The origins of taranta get lost in time but are rooted in the land of Salento and in the rhythms and habits of its farmers, in their primordial and often mysterious relationship with nature, spirituality, and healing. The first attestation of the use of music and dancing to cure the bite of venomous spiders is found in medical treatises dating to the 14th century. However, two centuries later medicine embraced a more scientific and orthodox approach to tarantism which was then viewed as a mental illness connected with epilepsy and hysteria. Francesco Serao, a 17th-century medical doctor, was clear about the causes of the illness, which was to be sought “not in tarantulas, but in the Apulian people.”

But in the mind of the farming society of Puglia, tarantism and its cure, taranta music and dancing, remained, well into the 20th century, associated with the bite of a poisonous spider, the tarantolacommon in the South of Italy. Nothing more, nothing less. Often, tradition says, during harvest season, people would get bitten by tarantole and would suffer horrible symptoms: pains all over the body, delirium, fever, depression. Often, they would fall into a full catatonic state. No medicine could help tarantolati resurface from their limbo: they were lost to their family and friends, just as if they died.

Illustration of a traditional taranta dancer (Photo: Svetlana Sveica/Dreamstime)

The only cure for their state was music: the incessant, obsessive sound of the tambourine – as well as violins and guitars – that would accompany, often for weeks at a time, the wild dancing of the tarantolatoThrough frenzied movements and the cleansing power of music, the spider’s venom was eventually expelled from the victim’s body, who could then return to live a normal life. Taranta was, to the eyes of the people who practiced it and believed in it, a bona fide exorcism, where music had the power to cleanse evil, in this case, the tarantola’s venom, from the tarantolato’s blood, giving them back their humanity and their ability to function within society.

This is the legend of how taranta music and dance were born, or better, this is the explanation our ancestors gave to the malaise and pain of tarantolati, which were eventually healed through music and dancing. But what is the truth behind it all?

Now, it’s important to clarify one point: tarantolati did exist in our profound South and they were cured with taranta music and dancing. But it’s the root of the illness we should observe more closely and try to explain. This is exactly what Italian anthropologist and historian of religions Ernesto de Martino and a group of researchers did in the 1950s. De Martino and his team studied the phenomenon “on the field” for almost 10 years, forming the basis of the most complete scientific study of the phenomenon ever produced, a study that, still today, is part of the curriculum of almost every anthropology student in Italy.

De Martino came to the conclusion that tarantism, a phenomenon he circumscribed to the Salento region of Puglia, had some specific characteristics and that, crucially, it was not caused by the bite of a spider at all. The hypothetical bite usually would happen in the summer and women were much more likely to be victims of tarantulas than men. De Martino also noticed that, usually, tarantolati belonged to families of lower social extraction and little education, and that the first bites usually coincided with the beginning of puberty. Soon, it became clear: tarantism wasn’t caused by the bite of a spider but was the somatization of psychological distress caused in young individuals by the effects of too strict an upbringing on the urges, emotions, and needs of adolescence. It was a symbolic ritual, one that was rooted in the psychological needs of a community. To underline the ritual, rather than strictly medical, nature of tarantism we need to mention only one thing: it returned every Summer. If the tarantula “bit” you once, you were bitten forever. 

 Of course, I am making it very simple here, but if the anthropological side of the story interests you, do look for de Martino’s work, La Terra del Rimorso, which is widely available in English as The Land of Remorse, with a translation by Dorothy Zinn. 

With time and a better understanding of the psychological mechanism behind tarantism, taranta became what we know today: a type of music and a type of dance. The dance, known as taranta or pizzica, with its frenzied hypnotic movements, imitates the behavior of the old-fashioned tarantolati, who were “possessed” by venom. Musicians, with their tambourines, violins, and guitars, are like exorcists because they help the people free themselves from fears and stress through music and dance. This is the intimate beauty of taranta: it is a music of freedom, a hymn to the incredible energy of life.

La chiamiamo più comunemente pizzica, tarantella, ma è conosciuta anche come taranta. È la musica ipnotica del Salento, in Puglia, con varietà del suo ritmo drammatico – e dello stile di danza che l’accompagna – popolare anche in altre zone del nostro Sud, soprattutto in Campania.

Mentre gli italofili e gli italiani di tutto il mondo conoscono bene questa musica e questo stile di ballo, non molti forse conoscono la sua affascinante storia, che si addentra fra i misteriosi rituali di catarsi e religione. Probabilmente, ancora meno persone sanno che uno studio sul suo sviluppo e sul ruolo sociale, condotto da Ernesto de Martino negli anni ’50, sia diventato il fondamento della moderna antropologia culturale italiana.

Le origini della taranta si perdono nel tempo ma sono radicate nella terra del Salento e nei ritmi e nelle abitudini dei suoi contadini, nel loro rapporto primordiale e spesso misterioso con la natura, la spiritualità e la guarigione. La prima attestazione dell’uso della musica e della danza per curare il morso di ragni velenosi si trova in trattati medici del XIV secolo. Tuttavia, due secoli dopo la medicina abbracciò un approccio più scientifico e ortodosso al tarantismo, che allora era visto come una malattia mentale collegata all’epilessia e all’isteria. Francesco Serao, medico del XVII secolo, fu chiaro sulle cause della malattia, che andava cercata “non nelle tarantole, ma nel popolo pugliese”.

Ma nella mente della società contadina pugliese, il tarantismo e la sua cura, la musica e il ballo della taranta, sono rimasti, fino al XX secolo, associati al morso di un ragno velenoso, la tarantola, comune nel Sud Italia. Niente di più, niente di meno. Spesso, dice la tradizione, durante la stagione del raccolto, la gente veniva morsa dalle tarantole e soffriva di sintomi orribili: dolori in tutto il corpo, delirio, febbre, depressione. Spesso cadevano in uno stato catatonico completo. Nessuna medicina poteva aiutare i tarantolati a riemergere dal loro limbo: erano persi per la loro famiglia e gli amici, proprio come se fossero morti.

L’unica cura per il loro stato era la musica: il suono incessante e ossessivo del tamburello – ma anche di violini e chitarre – che accompagnava, spesso per settimane, la danza sfrenata del tarantolato. Attraverso movimenti frenetici e il potere purificatore della musica, il veleno del ragno veniva infine espulso dal corpo della vittima, che poteva così tornare a vivere una vita normale. La taranta era, agli occhi della gente che la praticava e ci credeva, un esorcismo vero e proprio, dove la musica aveva il potere di eliminare il male, in questo caso il veleno della tarantola, dal sangue del tarantolato, restituendogli la sua umanità e la sua capacità di relazionarsi nella società.

Questa è la leggenda di come nacquero la musica e la danza della taranta, o meglio, questa è la spiegazione che i nostri antenati diedero al malessere e al dolore dei tarantolati, che alla fine furono guariti attraverso la musica e la danza. Ma qual è la verità dietro tutto questo?
Ora, è importante chiarire un punto: i tarantolati sono esistiti nel nostro profondo Sud e sono stati curati con la musica e il ballo della taranta. Ma è la radice della malattia che dovremmo osservare più da vicino e cercare di spiegare. Questo è esattamente quello che l’antropologo e storico delle religioni Ernesto de Martino e un gruppo di ricercatori hanno fatto negli anni ‘50. De Martino e il suo team studiarono il fenomeno “sul campo” per quasi 10 anni, formando la base del più completo studio scientifico del fenomeno mai prodotto, uno studio che, ancora oggi, fa parte del curriculum di quasi ogni studente di antropologia in Italia.

De Martino giunse alla conclusione che il tarantismo, fenomeno da lui circoscritto al Salento, aveva alcune caratteristiche specifiche e che, cosa fondamentale, non era affatto causato dal morso di un ragno. L’ipotetico morso avveniva di solito in estate e le donne avevano molte più probabilità di essere vittime delle tarantole rispetto agli uomini. De Martino notò anche che, di solito, i tarantolati appartenevano a famiglie di bassa estrazione sociale e poco istruite, e che i primi morsi coincidevano solitamente con l’inizio della pubertà. Ben presto divenne chiaro: il tarantismo non era causato dal morso di un ragno, ma era la somatizzazione di un disagio psicologico causato in individui giovani dagli effetti di un’educazione troppo rigida sulle pulsioni, emozioni e bisogni dell’adolescenza. Era un rituale simbolico, radicato nei bisogni psicologici di una comunità. Per sottolineare la natura rituale, piuttosto che strettamente medica, del tarantismo dobbiamo menzionare solo una cosa: ritornava ogni estate. Se la tarantola ti “mordeva” una volta, eri morso per sempre.

Naturalmente, la sto facendo molto semplice qui, ma se il lato antropologico della storia vi interessa, cercate il lavoro di de Martino, La Terra del Rimorso, che è ampiamente disponibile in inglese come The Land of Remorse, con una traduzione di Dorothy Zinn.

Con il tempo e una migliore comprensione del meccanismo psicologico dietro il tarantismo, la taranta è diventata ciò che conosciamo oggi: un tipo di musica e un tipo di danza. La danza, conosciuta come taranta o pizzica, con i suoi frenetici movimenti ipnotici, imita il comportamento dei tarantolati di una volta, che erano “posseduti” dal veleno. I musicisti, con i loro tamburelli, violini e chitarre, sono come esorcisti perché aiutano il popolo a liberarsi dalle paure e dallo stress attraverso la musica e la danza. Questa è la bellezza intima della taranta: è una musica di libertà, un inno all’incredibile energia della vita.


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