Resteranno i 13 minuti d’oro, indimenticabili per qualsiasi appassionato di atletica, per ogni sportivo, per tutti gli italiani. Tra le 14.40 e le 14.53 (ora italiana) dell’1 agosto 2021, la storia dell’atletica azzurra è cambiata per sempre: in rapida successione sono arrivate le vittorie di Gianmarco Tamberi (salto in alto) e Marcell Jacobs (100 metri). Successi sorprendenti e tremendamente iconici, che rilanciano l’atletica azzurra che non otteneva medaglie da Pechino 2008 e che ridanno slancio alla nostra Olimpiade, sin a questo doppio oro caratterizzata da qualche delusione di troppo.
Solo 13 minuti prima del successo di Jacobs, si era compiuta un’altra impresa storica: Gianmarco Tamberi aveva centrato l’oro, a pari merito con il qatariota Mutaz Barshim, nel salto in alto, completando la propria grande rivincita contro la sfortuna che gli aveva fatto saltare Brasile 2016 per infortunio.
Già, perché proprio alla vigilia dell’Olimpiade sudamericana, durante l’ultima tappa di Diamond League a Montecarlo, un ‘Gimbo’ in formissima, dopo aver stabilito il primato italiano (2,39), decideva di provare a saltare i 2,41. Anche se la gara era già vinta. Al momento dello stacco, però, un maldestro appoggio della caviglia: rottura sub totale del legamento deltoideo del piede sinistro che hanno richiesto due operazioni chirurgiche e un trapianto di tessuto, un intervento considerato troppo invalidante per tornare a saltare.
GENIO E REGOLATEZZA Tamberi appare spesso come un personaggio sopra le righe vuoi per i tagli ‘particolari’ della sua barba, vuoi per le sue acconciature ‘abbondanti’, il look alternativo o per la grande empatia che stabilisce coi tifosi durante le gare. Ma è uno sportivo serio, dedito al lavoro e profondamente tecnico. A riprova di ciò l’oro olimpico, già di per sé straordinario, arrivato dopo una gara di altissimo livello, che ha visto ancora sette contendenti in corsa alla misura di 2.33 (prima volta assoluta).
FINALE DA URLO – La prestazione di Tamberi in finale è stata da urlo: percorso netto come Barshim fino ai 2.37, caratterizzato da salti puliti e potenti, consentiti da una rincorsa di rara elasticità. L’asticella viene alzata a 2.39 e in gara, oltre a ‘Gimbo’ e a Barshim, ci sono anche il bielorusso Nedasekau (poi bronzo), il sudcoreano Sangheyok Woo e l’australiano Stark. Solo italiano e qatariota (già bronzo a Londra 2012 e argento a Rio de Janeiro 2016), però, hanno ancora tre prove: tutti gli altri contendenti – senza percorso netto – ne hanno solo due. Nessuno supera l’ultima misura e Tamberi, prima del salto finale, posiziona il calco del gesso del 2016 a favore di telecamere: su di esso si legge “road to Tokyo 2020″, con l’anno cancellato da una ‘X’ e corretto in “2021”.
È il momento della catarsi, dopo il dolore per l’Olimpiade saltata e i dubbi emersi negli anni a seguire perchè il recupero di ‘Gimbo’ è stato tutt’altro che facile.
ORO EX AEQUO – In vantaggio di un tentativo sui rivali, Tamberi e Barshim falliscono le tre prove a 2.39. Il regolamento prevede che i due atleti, giunti a questo punto, possano scegliere: spareggio oppure oro ex aequo. È stata questione di secondi e di uno sguardo: nessuno dei due amici ha voluto imporre il proseguimento della gara ed è stato oro a pari merito. Giusto così, anche come coronamento di una carriera molto simile: i due saltatori, infatti, oltre a condividere talento e personalità, sono stati accomunati anche da analoghi gravissimi infortuni ai legamenti delle caviglie.
“La decisione di condividere la medaglia d’oro olimpica – ha spiegato attraverso Twitter l’atleta qatariota che, altro inedito in un’Olimpiade, ha messo la medaglia al collo dell’italiano che a sua volta ha “incoronato” l’atleta detentore dei record asiatici della specialità, con la misura di 2,43 m all’aperto (seconda miglior misura di sempre) e 2,41 m al coperto – è stata frutto di pura emozione, rispetto e amore per il mio compagno di gara. So quanto significhi vincere l’oro. L’opportunità di condividerlo è qualcosa di cui andrò fiero per il resto della mia vita”.
SEMPRE PIÙ IN ALTO, VERSO PARIGI – Prima dell’oro di Tamberi, il miglior risultato italiano nella specialità risaliva al sesto posto di Giacomo Crosa, nel 1968. Tra le donne invece il primato è ancora di Sara Simeoni (classe 1953) che è stata medaglia d’oro ai Giochi olimpici di Mosca 1980 e primatista mondiale del salto in alto con la misura di 2,01 metri stabilita due volte nel 1978, anno in cui vinse il campionato europeo.
Adesso il saltatore marchigiano, 29enne figlio dell’ex saltatore in alto e primatista italiano Marco Tamberi, suo attuale allenatore, è chiamato alla proseguire questa ‘scalata verso l’alto’: difficile migliorarsi, ma Parigi 2024 è già nel mirino.