La prima volta che sono venuto a Faenza il mio amico Gino mi ha chiesto di portargli un cappello tipico dell’esercito australiano, quello col fianco alzato. Quando gliel’ho consegnato mi ha spiegato che aveva ricordi dei soldati che l’indossavano alla liberazione di Faenza alla fine del 1944.
 
Ora che in questa città, come in altre citta e paesini della zona dove si organizzano le commemorazioni della loro liberazione, Gino non c’è più, mi dispiace perché avrebbe potuto aggiungere un’altra testimonianza a un’epoca storica importante e difficile.
 
Queste commemorazioni si svolgono in un periodo economico difficile che ha creato l’opportunità di far risorgere fantasmi dal passato. 
 
Un mese fa ho sentito una ragazza giovane dire che la migliore cosa per il Paese sarebbe il ritorno di Mussolini. A me è sembrato strano evocare un politico che, con le decisioni di far entrare l’Italia in tre guerre, fu direttamente responsabile della morte di più italiani di qualsiasi altro personaggio della Storia del paese.   
 
Come dimostra questo episodio, i fomentatori di questo passato ignorano cosa voleva dire veramente il ventennio.
 Bambini inquadrati militarmente in epoca fascista 

 Bambini inquadrati militarmente in epoca fascista 

 
Settant’anni sono tanti e i testimoni diretti degli episodi importanti di quei due decenni non ci sono più per dire cosa veramente è successo. 
 
Non rimane più nessuno di quelli che non potevano trovare lavoro perché non avevano la tessera al partito. Non rimane più nessuno che fu soggetto di minacce, violenza, castighi e peggio perché osava criticare un fascista semplice, tanto meno il duce stesso. Non rimane nessuno che fu costretto all’esilio per evitare carcere, o morte e in alcuni casi la morte li seguí anche all’estero. Non rimane più nessuno che fu costretto al matrimonio per poter avere una promozione al lavoro, oppure doveva pagare tasse più alte perché ancora scapolo.
 
Ci vuole poco per trovare pagine sui social media che lodano gli anni sotto Mussolini, ma chi li gestisce non dice le verità nascosto dietro le frasi propagandistiche. Dicono di un periodo senza reati e delitti, ma non dicono che non esistevano pubblicamente perché era proibito ai giornali pubblicarli. 
 
Parlano in queste pagine del vanto fascista d’aver domato la mafia in Sicilia, ma non dicono che Cesare Mori, il Prefetto di Ferro, responsabile, fu rimosso dall’incarico perché si avvicinava troppo a personaggi di spicco nel partito e dunque intoccabili.
 
Basta guardare cosa succedesse con l’arrivo degli alleati a Napoli e in Sicilia per capire che la criminalità organizzata non era mai stata domata del tutto. Nel suo libro “La Pelle” Curzio Malaparte svelò la realtà criminale scomoda di Napoli che i decenni dopo hanno soltanto confermato. Infine questi siti non dicono che non furono gli alleati a rimuovere Mussolini come capo del governo, ma i gerarchi del suo stesso partito perché lui non era più capace di far uscire il paese dall’alleanza con Hitler e la guerra.
 
Questi sogni del ritorno a un passato glorioso si basano su un passato impossibile perché il mondo che descrivono non è mai esistito.
 
La nascita di questi gruppi dimostra lo sbaglio di non aver voluto mettere sotto processo i responsabili dei reati commessi in quegli anni. Con i processi di Norimberga i cittadini della Germania furono costretti ad affrontare le responsabilità dei loro capi e i delitti contro l’umanità commessi nel nome di Hitler e della Germania. Purtroppo non possiamo dire la stessa cosa in Italia. La concessione di un’amnistia, anche per coprire i reati del dopo guerra, non fece altro che aiutare a creare il mito di un Paese che non commise mai reati. Purtroppo non era vero. Alfio Caruso scoprí l’uso del gas da parte dei militari italiani durante le guerre coloniali. Come ci sono prove della complicità italiana in stragi e non soltanto durante il periodo di Salò.
 
Ma per motivi di politica internazionale, per la Guerra Fredda e il ruolo chiave che assunse l’Italia a causa della sua geografia, si decise di non perseguire i processi ai criminali di guerra. Il tempo ha mostrato che questa mancanza non fece altro che creare problemi. 
 
Con l’arrivo del settantesimo anniversario della disfatta italiana, il Paese ha l’obbligo di affrontare questi fantasmi e non solo per onestà storica. 
 
La soluzione ai problemi dell’Italia non è nel ritorno al passato impossible. Non si trova nella forma di un uomo forte, come speravano i seguaci di Berlusconi prima e una parte dei seguaci di Renzi ora. Si trova nella democrazia, nella soluzione di quelle clausole che bloccano la creazione di un sistema di governo efficace. La soluzione si trova in un Parlamento forte ed efficace e in un sistema elettorale capace di fare quel che nessuna elezione italiana è riuscita a fare dalla guerra, formare un governo capace di decidere leggi senza bisogno di compromessi nocivi al Paese. 
 
La soluzione vera è dare al Paese un governo democratico. 
Abito a pochi chilometri da Bagnacavallo dove nacque Leo Longanesi. Fu fascista di prima fila e fece parte della Marcia su Roma. Fu lui a scrivere il Decalogo Fascista che finiva con la frase celebre “Il Duce ha sempre ragione”. Malgrado questo appoggio apparentemente incondizionato Longanesi si rese conto che la strada presa dal suo capo era sbagliata e faceva male al paese.
 
Nel 1944, dopo avere visto il destino crudele del suo paese e prima ancora di sapere la fine del suo ormai ex capo disse le parole che solo l’esperienza poteva insegnare e che tanti oggi hanno scordato, “Soltanto sotto la dittatura riesco a credere nella Democrazia”.
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