L’arte magnificamente espressa che si accompagna al divertimento, al gioco e alla sensualità, un Tableau Vivant di emozioni e suoni variopinti i cui protagonisti sono artisti italiani di fama internazionale: Nazzareno Carusi, pianista eclettico di rara ed eccezionale sensibilità che affianca alla sua intensa attività di concertista (si è esibito sia al Teatro alla Scala di Milano che alla Carnegie Hall di New York) quella  di editorialista; Danilo Rossi, musicista energico e brillante, scelto a soli vent’anni da Riccardo Muti come prima viola solista del Teatro alla Scala e della Filarmonica dell’orchestra della Scala, un ruolo che ricopre ancora oggi con straordinario successo; Paolo Fantini, clarinettista versatile e raffinato, la cui carriera da solista lo ha portato ad esibirsi nei maggiori teatri d’Europa e del Medio Oriente, egregio sostituto di Fabrizio Meloni, primo clarinetto del Teatro alla Scala, assente per impegni irrevocabili.
Il Trio dall’organico inusuale esegue, alternandosi all’occorrenza, capolavori della musica da camera di sorprendente pregio e ricercatezza.
 
Il brano d’apertura del concerto è la Sonata per Arpeggione e pianoforte D.821 di F. Schubert. La fama e la sensazionale bellezza della Sonata sopravvivono alla mancata diffusione di questo particolare strumento inventato da un liutaio viennese nel 1823, l’Arpeggione, a metà tra la viola da gamba, il violoncello e la chitarra. Da qui l’esistenza di diverse combinazioni strumentali: viola e pianoforte, violoncello e pianoforte, ad oggi le trascrizioni più eseguite.
La liricità nostalgica della melodia schubertiana esplode dal desiderio di essere cantata ora dalle corde autorevoli e scherzose di Danilo Rossi, il cui coinvolgimento emotivo si esprime inaspettatamente anche attraverso un’ispirata gestualità, ora attraverso l’iridescente timbrica e l’appassionata musicalità di Nazzareno Carusi, insieme la più alta espressione idealista della musica intesa come balm for the burdens of life.
 
Gli artisti si riuniscono poi nella dimensione fantastica dei Märchenerzählunghen op. 132, delizioso ciclo di miniature fiabesche per clarinetto, viola e pianoforte. Principi e principesse che dichiarano reciprocamente il loro amore, soldati vestiti di tutto punto pronti per andare in guerra e persino un bimbo che si addormenta avvinto dallo stupore nell’ascoltare questi racconti meravigliosi.
È l’aurora, e il suono soffice e delicato del clarinetto scalda il giorno. In lontananza, solo un timido cinguettio e il mormorare lento di un ruscello. Il vento improvviso soffia incerto cambiando la sua rotta, avanza gaiamente in un gioco di ombre che si rincorrono tra le suadenti note del pianoforte e s’intrecciano col clarinetto nel mirabile impasto sonoro della Première Rhapsodie di C. Debussy. 
 
L’essenza umana e artistica di questo inconsueto quanto straordinario ensemble rievoca la genesi dell’ultima pagina musicale in programma, il Trio Kegelstatt (Trio dei Birilli) K498 di W. A. Mozart. Si narra, infatti, che Mozart avesse scritto il brano a casa di amici durante una partita al gioco dei birilli, in un clima d’ilare complicità e spensieratezza, lo stesso che si respira sul palcoscenico osservando e ascoltando gli artisti esibirsi.
 
Un eccezionale talento che non ha bisogno di essere ostentato e che si compie anche attraverso la semplicità di riunirsi a tavola dopo il concerto e sottoporsi ad una singolare breve intervista tutta italiana: un misto di spaghetti, risate e musica.
Inevitabile uno sguardo al panorama musicale italiano, colpito come altri settori dalla crisi economica. “La cultura non fa business e per questo non vale la pena investire per portare pubblico a teatro. Bisognerebbe affidare gli incarichi ministeriali ad esperti del settore”, commenta Danilo Rossi. Ma Fantini aggiunge “C’è una piccola luce in fondo al tunnel e credo sia rappresentata dall’impegno e da una sempre più matura consapevolezza delle nuove generazioni”.
 
E rispetto al confronto tra l’istruzione musicale classica negli USA e in Italia, Nazzareno Carusi sottolinea che “Le strutture in America sono all’avanguardia: aule insonorizzate, strumenti nuovissimi, tecnologie a disposizione degli studenti. In Italia, invece, i conservatori spesso non hanno queste straordinarietà logistiche. Ma in quasi tutte le vecchie sedi si respira la nostra Storia della musica, il cui valore è inestimabile”. E alla domanda come vive il rapporto con la musica, risponde: “La musica è una bellezza che per essere conquistata ha bisogno di talento e massimo rigore nello studio. Quando si manifesta, tutto intorno a noi non solo appare, ma a ogni effetto è migliore. E ciò è un dono direi divino, sia per chi suona sia per chi ascolta”.
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